Il vocabolario definisce lo stare bene come una condizione di buona salute, forze fisiche e morali. Oggi, con due lockdown alle spalle, questa accezione è ancora valida?
Dopo quasi 12 mesi passati in isolamento più o meno forzato, con relazioni professionali e personali ridotte all’osso e la paura di poter essere contagiati dal virus, abbiamo infatti scoperto che per stare bene, avere un fisico sano, muscoli tonici, un tetto sulla testa e un piatto in tavola, non basta più. Quello che desideriamo davvero è avere un buon equilibrio psicofisico.
«Benessere oggi non è solo sentirsi bene, ma essere soddisfatti del proprio stile di vita», precisa Cristina Sofia, ricercatrice presso il dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale dell’Università Sapienza di Roma e co-autrice del libro “La società catastrofica”. «Dallo scorso febbraio la qualità della vita degli italiani è indubbiamente peggiorata e questo ha portato all’aumento del numero di persone che soffrono di stress da lavoro correlato, disturbi del sonno, ansia. Un trend confermato anche dall’ultimo monitoraggio dell’Aifa sul consumo dei farmaci, che fornisce una misura chiara degli effetti psicologici del covid-19 sulla popolazione. Basti dire che l’uso di ansiolitici nel 2020 è cresciuto rispetto al 2019 e ha raggiunto il picco nel mese di novembre».
Per non parlare delle migliaia di persone che si sono rivolte alle app di meditazione. Secondo gli ultimi rilevamenti gli utenti attivi mensili delle prime tre app del settore: Calm, Headspace e Meditopia, nel mese di novembre 2020 sono lievitati del 59% rispetto all’anno precedente.
L’equilibrio psicofisico diventa priorità
Uscire da questo tunnel e tornare a stare bene sta diventando, dunque, un’ossessione per tutti. Aziende comprese, tanto che, in base a un recente studio della società di consulenza manageriale McKinsey, il 62% dei dipendenti a livello globale considera il raggiungimento dell’equilibrio psicofisico la sfida da vincere nel post Covid. E il 96% delle aziende mondiali si sta dando da fare per far raggiungere loro l’ambito obiettivo. Ma non certo per carineria.
Un’ interessante analisi condotta dall’OMS stima infatti che la depressione e i disturbi d’ansia costano all’economia globale 1 trilione di dollari l’anno in perdita di produttività. Di conseguenza creare un ambiente di lavoro attento alla salute mentale e fisica dei dipendenti diventa vantaggioso per una serie di motivi. In base a diversi report sul tema, tra cui quello di Gallup, società di analisi e consulenza americana, dipendenti sereni, motivati e coinvolti fanno salire la produttività del 21% e la reddittività del 22% spingendo verso il basso l’assenteismo (-37%) e il turnover (-65%).
Il wellbeing diventa leva di crescita per le aziende
Ma come può un’impresa rafforzare e sostenere l’equilibrio psicofisico dei suoi dipendenti? La risposta da manuale di management è: trattando il benessere come una priorità di crescita. Anche perché oggi la sfera privata e quella lavorativa sono strettamente legate e vanno analizzate entrambe accuratamente». A cambiare deve essere anche l’approccio al work life balance che deve avere una visione più capillare rispetto a tutti gli aspetti della vita del singolo lavoratore. «Il work life balance non è più solo family balance, ma comprende anche il grado di soddisfazione del lavoratore rispetto al proprio privato e a come lo raggiunge», spiega Sofia. «Oggi, per esempio, ottieni un buon bilancio se riesci a mantenere i tuoi interessi privati che ovviamente variano per ognuno di noi. Non a caso ci sono aziende che già incentivano la formazione, lo sport, gli interessi culturali etc. per i propri dipendenti». L’impostazione ben si sposa con il concetto vero di smart working, che una volta definiti gli obiettivi lascia al lavoratore libero di organizzarsi come meglio crede attribuendogli nuova leadership e responsabilità
Stare bene è una competenza da coltivare e potenziare
Insomma nelle organizzazioni lungimiranti il wellbeing diventa un elemento strategico centrale. «Dopotutto il benessere può esprimersi anche attraverso delle competenze trasversali: ognuno di noi può allora lavorare su se stesso per avvantaggiarsi», interviene Biancamaria Cavallini, psicologa del lavoro e customer success manager di Mindwork, la prima società italiana per la consulenza psicologica online in ambito aziendale.
«Ci sono infatti skill trasversali che possono aiutare la persona a stare meglio come la resilienza, la capacità di gestire lo stress, la flessibilità che ci aiuta a reagire più facilmente e a trovare soluzioni per affrontare situazioni difficili e la proattività, intesa però come la capacità di assumersi la responsabilità di come si risponde agli eventi negativi per arrivare a non sentirsi più vittima delle circostanze, ma attori protagonisti capaci di domarle». Ed è anche facendo formazione su queste competenze che le aziende possono supportare i loro dipendenti e aiutarli a potenziare la loro percezione di benessere.
«Ma altrettanto importante sarà riuscire a stabilire un dialogo aperto tra management e lavoratori che porti a parlare liberamente di wellbeing psicologico in azienda, eliminando così i tabù che ancora oggi esistono su questi temi, specie negli ambienti di lavoro», spiega Cavallini.
La salute mentale non deve essere un tabù
Stando al sondaggio di McKinsey citato sopra, infatti, solo il 30% dei lavoratori dice di sentirsi a suo agio nel parlare con il manager di riferimento della propria salute mentale. Il benessere non può essere raggiunto senza creare luoghi di lavoro che consentano ai dipendenti di parlare anche della loro salute mentale, con la stessa facilità con cui potrebbero parlare di un braccio rotto o di un esame del sangue. «Oggi alcune imprese hanno istituito dei servizi di ascolto ad hoc con gli psicologi, ma in futuro si potrebbe andare oltre. Anche su questo fronte, quindi, le società dovrebbero investire nella formazione per dare ai dipendenti le competenze e il linguaggio necessario per affrontare questo genere di conversazioni», afferma Cavallini.
Manager promotori del benessere in azienda
Aspetti non più trascurabili che possono pesare anche sull’immagine esterna dell’azienda visto che, in base alle tendenze individuate dal World Economic Forum 2021, nel prossimo futuro i lavoratori sceglieranno sempre più aziende impegnate a sostenere il wellbeing, con percorsi visibili e accessibili per chi necessita di aiuto e flessibilità per la personalizzazione del proprio equilibrio psicofisico.
In questa direzione i manager ricopriranno un ruolo chiave perché saranno soprattutto loro a dover mettere al centro delle strategie il benessere dei colleghi, tanto quanto già fanno con le loro capacità tecniche; e sarà loro la responsabilità di modellare un comportamento positivo.
Coltivando il benessere e sostenendolo con azioni significative, le persone di investire su sé stessi in modo che possano essere al meglio della loro forma per gli altri e per l’azienda in cui lavorano. Una visione troppo idilliaca? Speriamo di no. Questo è il momento giusto per cambiare approccio al lavoro. Non sprechiamolo.