Salvare il suolo “whatever it takes!”
Articolo del 24 Aprile 2021
La comunità scientifica è unanime nel sostenere che i suoli sono diventati una delle risorse naturali più vulnerabili a causa dell’agricoltura intensiva, dell’urbanizzazione sregolata, della diminuzione di biodiversità e del cambiamento climatico.
Come se non bastasse, la perdita di sostanza organica dai suoli agrari può portare alla completa degradazione dei terreni – ciò si traduce in una diminuzione della fertilità e quindi in una minore produttività delle colture – e può provocare l’emissione di grandi quantità di gas alteranti in atmosfera (CO2, CH4, NOx, ecc.), accelerando il fenomeno del surriscaldamento globale.
La buona notizia è che le dinamiche che portano al depauperamento della sostanza organica nei suoli non sono completamente irreversibili e il ritorno a una gestione conservativa del suolo comporterebbe un sostanziale miglioramento dei trend.
Anche l’Unione Europea, che con il Green Deal mira ambiziosamente alla neutralità climatica entro l’anno 2050, ha compreso l’importanza del ruolo che l’agricoltura deve rivestire per mitigare e contrastare i cambiamenti climatici in atto.
La tutela del suolo passa dall’agricoltura sostenibile
La sostanza organica del suolo non è altro che l’insieme eterogeneo di materiale organico di origine animale, vegetale e microbica a diverso livello di degradazione. Il carbonio organico contenuto al suo interno è molto importante per le attività agricole, poiché incrementa la fertilità e l’attività microbica del suolo, rendendo più disponibili per le piante elementi nutritivi come azoto (N) e fosforo (P).
Se da una parte il carbonio contenuto nella materia organica è essenziale per la qualità dei suoli, dall’altra può essere rilasciato sotto forma di anidride carbonica (CO2) e diventare una potenziale fonte di gas serra. Purtroppo, nel corso degli ultimi decenni lo sfruttamento intensivo dei suoli ha provocato in molte aree una generalizzata perdita di sostanza organica nei terreni, con tutte le conseguenze che ne derivano. Inoltre, nelle regioni mediterranee dell’Europa – Italia compresa – gli effetti di queste problematiche sono intensificati da estati sempre più calde e siccitose.
Quindi, in che modo è possibile incrementare e tutelare la materia organica nel suolo?
Per prima cosa i terreni non devono essere lavorati in maniera intensiva, dato che le macchine pesanti compattano il suolo e riducono lo spazio a disposizione per radici, organismi, acqua e aria.
Bisogna evitare inoltre l’irrigazione con acque a elevata salinità e l’impiego di erbicidi, perché riducono l’attività e il numero delle comunità microbiche presenti nel terreno.
In linea generale devono essere abbandonate quelle pratiche che consumano eccessivamente la sostanza organica del suolo e che contribuiscono all’emissione di grandi quantità di CO2. Da questo punto di vista, l’agricoltura di tipo conservativo promuove l’accumulo di sostanza organica nel suolo eseguendo una serie di pratiche che mantengono le coperture vegetali, riducono il disturbo meccanico del suolo – mediante semina su sodo (no tillage) o lavorazioni ridotte (minimum tillage) – e diversificano le specie coltivate.
Suoli boschivi e cambiamento climatico
La grave problematica associata allo sfruttamento non sostenibile del suolo è il rilascio cospicuo di CO2 e altri gas serra in atmosfera. Una delle soluzioni più efficaci per contrastare questo fenomeno è quella di sequestrare l’anidride carbonica dall’atmosfera e stoccare il carbonio nel terreno.
In questo senso, è da evidenziare il ruolo di boschi e foreste nella mitigazione dei cambiamenti climatici, proprio perché questi forniscono un elevato potenziale di cattura del carbonio. La fitta presenza di vegetazione a medio e alto fusto – che stabilizza i versanti e protegge il terreno dall’erosione – fornisce un costante apporto di materia organica ai suoli forestali.
Tuttavia, con l’abbattimento delle grandi foreste i terreni perdono, oltre all’ossigeno, ingenti quantità di quel materiale organico composto appunto da carbonio. Secondo l’Environmental Defense Fund la sola deforestazione tropicale è responsabile del 20% delle emissioni annuali di gas serra.
L’uomo deve saper tamponare e curare questa ferita in tempo, favorendo la rinascita dell’ecosistema boschivo. Da questo punto di vista, in Italia negli ultimi 100 anni la superficie di foreste è raddoppiata fino a raggiungere 11 000 ettari (ISPRA, 2018). Sono anche aumentate le attività di ricerca che caratterizzano e quantificano il carbonio organico nei suoli boschivi.
In questo contesto rientra, ad esempio, il progetto SuoBo finanziato dalla Regione Emilia-Romagna nell’ambito del Programma Di Sviluppo Rurale (P.S.R.) 2014-2020, che ha visto la collaborazione tra l’Università di Bologna, l’Università di Ferrara e alcune aziende che praticano selvicoltura. Il progetto ha riscontrato che, laddove le condizioni chimico-fisiche e biologiche del suolo lo permettono, la gestione dei pendii boscati può essere interconnessa ad altre attività poco invasive che mantengono il bosco più “verde” e favoriscono il sequestro di carbonio nel suolo. Per esempio, alle medie latitudini la tartuficoltura è una di quelle pratiche che può sfruttare suoli ritenuti di scarso interesse dal punto di vista produttivo. In questo modo vengono preservate e migliorate le funzionalità del suolo e la qualità dell’ambiente, valorizzando il tessuto socioeconomico di territori marginali o con problematiche di sviluppo.
La strada da seguire
I dati recenti definiti dal Land Use, Land-Use Change and Forestry* (LULUCF) delle Nazioni Unite e dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) evidenziano l’attuale aumento delle emissioni di gas serra e la maggior intensità e frequenza dei fenomeni atmosferici estremi.
Viene pertanto confermata la necessità di adottare per tempo politiche di preservazione del suolo e di adattamento delle pratiche agroforestali alle problematiche emergenti. Allo stesso tempo, è auspicabile che a livello globale vengano incentivate l’espansione di boschi e foreste e la loro capacità di adattarsi ai cambiamenti climatici.
Gli agricoltori sono chiamati a schierarsi in prima linea per la salvaguardia del clima, adottando soluzioni sostenibili che preservino e accumulino il carbonio organico nel suolo e riducano i flussi di anidride carbonica verso l’atmosfera.
Fonte: Sapere Scienza