Europeo, ma pur sempre di Stato. Unico, ma in tre versioni. Indispensabile, ma non duraturo. In sintesi: certificato digitale Covid dell’Ue. I capi di Stato e di governo riuniti a Bruxelles per il vertice straordinario del Consiglio europeo salutano l’accordo raggiunto in sede inter-istituzionale, e danno il loro via libera al documento di viaggio che agevolerà gli spostamenti tra Stati membri a partire dall’1 luglio.

Si parte subito, per un anno

L’accordo è stato chiuso il 20 maggio, domani sarà al vaglio della commissione Libertà civili del Parlamento europeo, quindi approderà in Aula per il voto definitivo nella sessione plenaria del 7-10 giugno. L’entrata din vigore è prevista per il 1 luglio, e la validità del certificato sarà di dodici mesi a partire da quella data. La scadenza non è legata alla validità dei vaccini, ma perché si chiarisce la nature emergenziale e dunque provvisoria del provvedimento, legato alla pandemia. Quando questa sarà superata, il certificato decadrà in quanto non più necessario. Su richiesta della Commissione il certificato potrà essere esteso oltre i dodici mesi, senza bisogno di nuovi passaggi legislativi.

Certificato unico, ma non passaporto vaccinale

Lo speciale documento non va considerato un passaporto vaccinale, poiché potrà contenere informazioni diverse da quelle relative alla somministrazione di sieri anti-Covid. Il certificato sarà un documento unico, ma diverso per contenuti. Per viaggiare senza assilli e restrizioni eccessive si dovrà dimostrare di essere o vaccinati, o di aver fatto un tampone, o di essere stati positivi al Covid ma di essere guariti e avere quindi gli anticorpi. Sono queste tre condizioni ad essere state accettate in sede di negoziati tra Parlamento e Consiglio per permettere uno spostamento all’interno dell’area Schengen di libera circolazione (Paesi Ue meno Irlanda, Bulgaria, Romania e Croazia, più gli Stati extra UE Svizzera, Islanda, Norvegia e Liechtenstein).

Dunque le informazioni contenute varieranno a seconda del diverso quadro clinico del possessore: immunità da vaccino, immunità da guarigione, negatività al tampone.

Anche per la salute è l’Europa degli Stati

L’accordo è che ogni Paese membro dell’Ue debba accettare e riconoscere al proprio interno il certificato digitale, per evitare frammentazioni. Anche i Paesi che abbiano deciso di introdurre certificati nazionali, dovranno allineare questi ultimi al certificato europeo per consentire lo spostamento, ma attenzione: restano delle discrezionalità tutte nazionali.

Per quanto riguarda il tampone, è bene controllare il Paese di destinazione prima della partenza, poiché non tutti accettano quello rapido. Alcuni esigono quello molecolare, e senza di questo potrebbe non essere possibile accettati all’imbarco o dover fare la quarantena obbligatoria al momento dell’arrivo nel Paese di destinazione.

In base all’accordo chiuso tra Parlamento e Consiglio i Paesi UE non devono imporre ulteriori restrizioni di viaggio, come la quarantena, l’auto-isolamento o i tamponi, «a meno che non siano necessarie e proporzionate per salvaguardare la salute pubblica» in risposta alla pandemia di COVID, e comunque nel rispetto delle disposizioni nazionali, su cui Commissione e Parlamento possono poco essendo la salute materia di competenza esclusiva degli Stati.

Per questa ragione non è specificato chi è incaricato del rilascio del certificato digitale, che a dispetto del nome può essere rilasciato anche in forma cartacea. E’ l’autorità nazionale a rilasciare il documento valido a livello europeo, ma sono i governi a decidere chi. Nel caso dell’Italia dovrebbero essere le Asl, ma ciascuno dovrà verificare nel proprio Paese.

Anche sul fronte vaccini le regole cambiano. Ogni Stato dovrà riconoscere reciprocamente ogni vaccino autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco (attualmente Pfizer-BioNTech, Moderna, AstraZeneca e Janssen). Spetta agli Stati stabilire se accettare altri tipi di prodotti, come il vaccino cinese o quello russo Sputnik.

Niente test gratis, ma dall’Ue 100 milioni

Il certificato digitale a costo zero è la grande sconfitta del Parlamento europeo. Per ragioni contabili gli Stati hanno stralciato la proposta di rendere gratuito il certificato europeo. I cittadini dovranno pagarsi i test necessari per ottenere il lasciapassare, il cui costo varia da Stato a Stato. Previsto la creazione di una speciale linea di bilancio comune da 100 milioni di euro, quale compromesso. Gli Stati che vorranno farne richiesta, dovranno rivolgersi alla Commissione Ue per ottenere una linea di credito così da sostenere la disponibilità di test abbordabili e accessibili. Di tale finanziamento dovrebbero beneficiare in particolare le persone che quotidianamente o frequentemente attraversano le frontiere per andare al lavoro o a scuola, visitare parenti stretti, cercare cure mediche, o per prendersi cura dei propri cari, così come i lavoratori essenziali.

I dati personali sono nazionali

I dati personali contenuti nei certificati e ottenuti dagli stessi non possono essere immagazzinati nei Paesi UE di destinazione e non ci sarà una banca dati centrale stabilita a livello UE. La lista delle entità che tratteranno e riceveranno i dati sarà pubblica, in modo che i cittadini possano esercitare i loro diritti di protezione dei dati in base al regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR).

 

Fonte: La Stampa