Per la salute del cuore è importante anche la dieta, si sa. Ora un nuovo studio, condotto dalla Harvard Chan School of Public Health negli Usa, che ha utilizzato i risultati di tre grandi ricerche longitudinali e nel quale sono stati analizzati i dati di più di 210 mila persone, seguite per 30 anni, mette direttamente in relazione il potenziale infiammatorio della dieta con il rischio, a lungo termine, di patologie cardiovascolari. «I ricercatori — spiega Monica Giroli, nutrizionista dell’Unità di Prevenzione dell’aterosclerosi del Centro Cardiologico Monzino di Milano — hanno associato un maggior potenziale infiammatorio della dieta a un’aumentata incidenza di patologia cardiovascolare e ictus. In uno studio precedente i livelli di alcune molecole infiammatorie sistemiche sono state messe in relazione all’assunzione di tutta una serie di alimenti, suddividendoli poi in due gruppi: anti e pro-infiammatori ed è stato calcolato il potenziale infiammatorio della dieta».

Che cosa sono queste molecole infiammatorie?

«Sono molecole cui si fa riferimento quando si vuole vedere se in un organismo è presente un’infiammazione. Tra queste la più nota è la proteina C reattiva. Un marcatore non specifico, i cui valori si alzano in caso di stato infiammatorio dovuto a diverse cause. Altrettanto significativi sono i valori dell’interleuchina 2, una citochina che interviene nel processo di crescita delle cellule del sistema immunitario sollecitato da un’eventuale infiammazione. È noto che l’infiammazione cronica è un fattore di rischio per le patologie cardiovascolari».

Quali sono i cibi che hanno il merito di ridurre lo stato infiammatorio?

«Innanzitutto i vegetali, specialmente quelli a foglia verde e quelli di colore giallo-arancio, come le carote, la zucca, i peperoni gialli e poi la frutta, ma anche il tè e il caffè. Naturalmente tutto sta ad intendersi sulle quantità: per il tè si consiglia di consumarne una tazza al giorno, quanto al caffè meglio non superare le quattro».

Quali gli alimenti associati a un aumento delle molecole infiammatorie?

«Carni rosse, carni processate, salumi e salsicce, frattaglie, ma anche crostacei e funghi forse perché contengono sostanze leggermente tossiche, anche se non sono velenosi, tutte le bevande zuccherate e anche quelle light. E per finire i cereali raffinati».

Che fine hanno fatto altri alimenti come il pesce?

«Molti cibi stanno in una zona che definirei intermedia: sembra insomma che non siano associati alla modificazione delle molecole infiammatorie, né nel bene, né nel male. Non dimentichiamo poi che questo è uno studio osservazionale: ci dice quando c’è un’associazione tra cibo e stato infiammatorio, ma non ha la pretesa di spiegarci il perché. Senza contare che per stabilire che cosa fa bene alla salute del cuore non si osserva solo se un cibo è anti o pro infiammatorio, proprio il pesce, sappiamo bene che è protettivo grazie ai suoi Omega 3».

C’è anche uno studio sul ruolo protettivo delle noci: cos’hanno di speciale?

«Lo studio cui fa riferimento ha avuto una durata due anni, il che è molto se si pensa che di solito i lavori scientifici sul consumo di singoli alimenti durano da qualche settimana a qualche mese. Le persone coinvolte sono state seguite, con visite bimestrali, analizzando sempre alcuni indici infiammatori. Risultato: dosi giornaliere di 30 – 60 grammi di noci (da otto a sedici frutti) riducevano alcune di queste molecole infiammatorie. Alcuni studi d’altronde hanno già riportato, in precedenza, che le noci abbassano il colesterolo e agiscono sull’endotelio delle arterie, ma in questo studio si va oltre e si ipotizza anche un loro effetto antinfiammatorio». Sedici noci non corrispondono a 600 Kcal? Non c’è il rischio di ingrassare e di vanificare i benefici? «Le persone oggetto di indagine venivano seguite da nutrizionisti e quindi posso ritenere che ricevessero dei consigli per “compensare” le calorie introdotte con le noci, riducendo l’introito di altri alimenti. Comunque oltre a compensare le calorie io suggerirei di variare: noci, mandorle, pistacchi, nocciole hanno ognuno delle peculiarità. E ne bastano quattro-cinque al giorno».

Davvero il rischio cardiovascolare si riduce così tanto?

Ma possibile che seguire un’alimentazione salutare possa ridurre, da quel che si legge nel primo studio, del 46% il rischio di malattia cardiovascolare e del 28% quello di ictus? «Effettivamente sono percentuali alte, ma anche altri studi hanno riportato che con una corretta alimentazione, come quella mediterranea, si può arrivare ad un calo del rischio di malattia cardiovascolare del 30%».

 

Fonte: Corriere della Sera