Sclerosi multipla progressiva: bloccando una proteina si può ridurre l’infiammazione. La scoperta apre a nuove terapie
Articolo del 10 Settembre 2021
Nei pazienti con sclerosi multipla (SM), alcune lesioni cerebrali causate dal processo infiammatorio tipico di questa malattia non si risolvono, ma anzi continuano a espandersi danneggiando aree sempre più estese del tessuto nervoso. Queste lesioni in espansione sono chiamate “placche croniche attive” e contribuiscono alla progressiva perdita di funzioni cerebrali nelle forme più gravi della malattia.
Per comprendere meglio i meccanismi alla base di questo processo di infiammazione cronica e per favorire lo sviluppo di nuove terapie, un gruppo di scienziati guidati dalla neurologa ricercatrice Martina Absinta – ora tornata in Italia dopo un lungo periodo di ricerca negli USA – ha analizzato oltre 66.000 cellule presenti sul confine delle lesioni in espansione, profilandone individualmente l’espressione genica attraverso il sequenziamento dei trascritti di RNA nucleare.
Grazie a questa mappa cellulare estremamente dettagliata, il gruppo ha identificato il ruolo chiave di una proteina chiamata C1q, prodotta dalla microglia – le cellule del sistema immunitario che difendono il cervello – nella progressione delle lesioni e ha dimostrato, in un modello animale della malattia, che è possibile ridurre lo stato infiammatorio bloccando questa proteina.
La scoperta – pubblicata ieri sulla prestigiosa rivista Nature e possibile anche grazie al sostegno di Fondazione Cariplo – apre la strada a nuovi potenziali approcci terapeutici per rallentare il processo infiammatorio e degenerativo della sclerosi multipla progressiva ed è il frutto di una ricerca iniziata da Martina Absinta presso il National Institute of Neurological Disorders and Stroke dell’NIH (USA), sotto la guida di Daniel Reich, e terminata nel laboratorio di Neuroimmunologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano guidato da Gianvito Martino, prorettore alla ricerca e alla terza missione dell’Università Vita-Salute San Raffaele.
Il ruolo chiave del neuro-imaging nella scoperta
“Questo lavoro è in realtà il frutto di quasi dieci anni di ricerche, svolte al confine tra l’impiego di tecniche avanzate di risonanza magnetica e l’analisi cellulare e molecolare dei tessuti cerebrali patologici. Pur essendo un lavoro di ricerca di base, si poggia su un background clinico e ha potenziale traslazionale” specifica Martina Absinta, primo autore dello studio, project leader presso l’Unità di Neuroimmunologia del San Raffaele.
In studi precedenti – condotti sempre presso l’NIH e la Johns Hopkins University School of Medicine – la ricercatrice aveva infatti identificato un biomarcatore di risonanza magnetica in grado di individuare, in vivo e in modo non invasivo, le lesioni croniche attive nella sclerosi multipla, tracciandone il confine cellulare in espansione e dimostrandone l’associazione con la progressione della disabilità nei pazienti.
È grazie a questa tecnica di imaging che è stato possibile riconoscere le cellule da analizzare, appartenenti all’anello esterno della lesione, quello che guida il processo degenerativo. Utilizzando le più recenti tecniche di sequenziamento dell’RNA, i ricercatori hanno profilato tutte le cellule (incluse quelle immunitarie) in queste aree e le hanno confrontate con quelle di soggetti sani.
L’analisi dell’attività cellulare e il ruolo della proteina C1q
“Il sequenziamento dell’RNA messaggero individualmente in ogni singola cellula è una tecnica innovativa: permette di identificare quali sono i geni maggiormente espressi in ciascuna e di raggruppare cellule con espressione simile in gruppi. Il risultato è una mappa estremamente dettagliata delle diverse cellule, della loro attività e delle loro interazioni lungo la periferia delle lesioni” spiega Martina Absinta.
Lo studio si focalizza particolarmente sul ruolo della microglia e della sua interazione con altre cellule immunitarie come i linfociti e con gli astrociti (cellule residenti del tessuto nervoso). Le cellule della microglia fanno parte del sistema immunitario. Il loro ruolo fisiologico è quello di proteggere il sistema nervoso dalle minacce, ma nei pazienti con sclerosi multipla si comportano in modo anomalo e secernono molecole infiammatorie e tossiche che danneggiano le altre cellule nervose, causando la perdita della guaina mielina e la degenerazione neuronale.
Analizzando più nel dettaglio i diversi geni attivati all’interno delle cellule della microglia, i ricercatori hanno identificato che la proteina C1q sembra giocare un ruolo chiave nel mantenere l’infiammazione cronica attiva. Per dimostrarlo, il gruppo guidato da Martina Absinta ha inibito C1q in un modello sperimentale, producendo una netta riduzione dello stato infiammatorio e della progressione della malattia.
“Questo lavoro suggerisce che l’infiammazione cronica nella sclerosi multipla progressiva potrebbe essere modulata farmacologicamente. La speranza è che l’inibizione di C1q possa rappresentare un approccio terapeutico nuovo per ridurre le lesioni croniche attive e fermare la progressione della disabilità nella sclerosi multipla” spiega Absinta.
“Sono felice di essere rientrata in Italia e in particolare al San Raffaele, dove ho svolto i miei studi precedenti, dalla laurea in Medicina alla specializzazione in Neurologia, fino al dottorato in Medicina Molecolare. L’expertise e il contesto scientifico del San Raffaele – sia nel campo delle tecniche di risonanza magnetica sia della ricerca molecolare sulla sclerosi multipla – mi permetterà di portare avanti le mie ricerche nel modo più competitivo possibile a livello internazionale” conclude la ricercatrice.
Fonte: In Salute News