Un test rivoluzionario promette di prevedere il rischio di cancro al seno, all’ovaio, all’endometrio e alla cervice uterina con un unico esame.
Immaginate se il solito pap test effettuato nelle visite ginecologiche potesse trovare non solo i primi segni di tumore alla cervice uterina (la porzione inferiore dell’utero), come fa già, ma anche le avvisaglie di altri tre tipi di cancro femminile. È l’obiettivo di un gruppo di scienziati, che ha scoperto che a partire dalle cellule prelevate con questo esame di routine è possibile scovare anche i primi segni di tumore al seno, alle ovaie e all’endometrio (la mucosa che ricopre la cavità interna dell’utero).
Non solo: dalle alterazioni di queste cellule si può stabilire in anticipo se una paziente rischia di sviluppare questi tumori in futuro, e sbarrare la strada alle neoplasie sul nascere. La scoperta, una buona notizia nella Giornata mondiale contro il cancro (World Cancer Day), è dettagliata in un paio di articoli su Nature Communications.
GIOCARE D’ANTICIPO. Il tumore dell’ovaio è tra le forme più letali di cancro femminile, perché in tre casi su quattro viene scoperto quando è già esteso ad altre porzioni dell’addome ed è più difficilmente curabile. Il cancro al seno rappresenta il 30,3% di tutti i tumori che colpiscono le donne e il 14,6% delle neoplasie diagnosticate in Italia (dati AIRC). Il WID-test (da women’s cancer risk identification) messo a punto da un team guidato da Martin Widschwendter dell’Università di Innsbruck (Austria) è una sorta di termometro del rischio di sviluppare queste patologie: per ora ha dimostrato una buona accuratezza nell’anticipare le probabilità di diagnosi di questi due tumori, ma sono attesi i risultati per il tumore dell’endometrio e della cervice uterina.
COME FUNZIONA. Questo strumento cerca nelle celule prelevate con il pap test le tracce della cosiddetta metilazione del DNA, l’accumulo di modifiche chimiche sul genoma cellulare. A differenza delle mutazioni genetiche vere e proprie, questi cambiamenti che si stratificano nel corso della vita non alterano la sequenza del codice genetico delle cellule; sono più simili a “tappi” molecolari che si attaccano al DNA e possono accendere o zittire l’attività genetica. Ci sono vari fattori ambientali che possono influenzare la metilazione del DNA delle cellule uterine, come l’esposizione a certe sostanze chimiche o a ormoni come il progesterone: letti tutti insieme, come spiegato su STAT News, questi cambiamenti sono una sorta di cartina al tornasole della storia della paziente e dell’impatto che questa storia ha sul rischio di contrarre questi tipi di cancro.
PUNTI IN COMUNE. Gli scienziati hanno esaminato campioni di cellule della cervice prelevati con pap test di circa 2000 donne curate in 15 diverse strutture sanitarie in Europa. Alcune di queste erano pazienti con cancro al seno o alle ovaie, altre erano sane e altre ancora avevano il sospetto di aver contratto uno dei due tumori ma erano ancora in attesa di diagnosi. I dati relativi alla metà dei campioni sono stati dati in pasto a un algoritmo che ha prima trovato le tracce della metilazione sulle cellule e poi ha identificato la “firma”, ossia l’insieme di alterazioni ricorrenti, correlata al rischio di questi tumori ginecologici.
CAMBIAMENTI SOSPETTI. Il WID test è riuscito a individuare il 71,4% delle donne sotto i 50 anni con cancro alle ovaie tra quelle del gruppo ad alto rischio e il 54,5% di quelle over 50. Le capacità dell’algoritmo di prevedere la diagnosi sono state verificate su un secondo gruppo di donne, 47 delle quali con tumore delle ovaie e 227 sane. In un secondo studio, il team è riuscito a trovare i cambiamenti epigenetici riconducibili al cancro al seno in un gruppo con 329 pazienti malate e 869 sane; grazie a questa firma specifica è stato poi possibile scovare il 70-75% dei casi in un secondo gruppo con 113 pazienti con cancro e 225 senza.
PREVENZIONE. Il test sembra insomma in grado di pre-allertare le pazienti più a rischio, e il vantaggio è che questa valutazione preventiva avverrebbe su un campione di cellule in molti casi già a disposizione, senza bisogno di esami aggiuntivi, perché molte donne si sottopongono a pap test regolarmente. Se le pazienti predisposte a sviluppare questi tumori ne fossero al corrente, potrebbero sottoporsi a screening più specifici e frequenti, scongiurando il rischio di arrivare troppo tardi.
MOLTO DA FARE. Prima che questo test arrivi ad essere usato stabilmente e su larga scala però occorrerà aspettare. In primo luogo perché finora, la firma specifica del cancro è stata trovata analizzando migliaia di alterazioni genetiche – un metodo costoso e complesso. Se ci si potesse arrivare a partire da 5-10 marcatori potrebbe essere più facile estenderlo a un gran numero di pazienti, specialmente nei Paesi in via di Sviluppo dove gli screening regolari e le diagnosi precoci sono ancora un lusso per pochi, e dove di cancro si muore di più.
Bisognerà però includere negli studi una popolazione femminile più eterogenea, non soltanto europea, per risultati più accurati. E ridurre il margine di errore: il test ha trovato una diagnosi di cancro alle ovaie in pazienti sane nel 25% dei casi.
Fonte: Focus