Il suolo: una risorsa con i suoi limiti

Articolo del 23 Febbraio 2022

Lo calpestiamo, lo smottiamo, lo inquiniamo… lo cambiamo continuamente! Non lo trattiamo troppo bene, ma per fortuna c’è chi tutela questa risorsa non rinnovabile e per questo limitata: il suolo. Il suolo ha diverse definizioni in base alla disciplina scientifica che lo tratta, come l’agricoltura, l’orticoltura, l’ecologia e la geologia.

In ognuna di queste, in base alle specifiche del mestiere e le caratteristiche di interesse, si percepiscono differenti approcci teorici che ne vanno a definire lo scopo di analisi, valutazione e gestione.

Sicuramente sarà intuitivo o lo saprete già, ma vorrei dedicare l’attenzione a questo tema che non bisogna sottovalutare assolutamente.

Cerchiamo pertanto di capire perché questa risorsa è così importante.

Il comune denominatore

In tutte le discipline, per “suolo” si intende quella lingua di terra più o meno profonda, appartenente alla litosfera, che permette la crescita della vita biologica.

Grazie alla complessità delle interconnessioni delle condizioni fisiche del terreno, che dipendono strettamente da temperatura, umidità, porosità etc., è possibile determinare lo strato a diretto contatto con l’ambiente aereo: il pedoclima (“pedo” deriva dal greco πέδον «terreno»), fondamentale per l’influsso diretto che esercita sulle piante.

La genesi del suolo

La genesi del suolo è influenzata da complesse interazioni di fenomeni ambientali e biologici, classificabili in 5 domini:

  1. Clima: esercita cambiamenti sul suolo grazie alle variazioni di temperatura e alle precipitazioni. I suoli nelle aree fredde e in condizioni di permafrost sono definiti Gelisol. Sono poco profondi e poco sviluppati per via della breve stagione di crescita. I suoli caldi e tropicali (UltisolOxisol), invece, tendono a essere più spessi, con una vasta lisciviazione e alterazione minerale.
  2. Organismi: aiutano a mescolare, ad aerare e alleggerire il suolo aumentandone la porositàLa tipologia di vegetazione dipende strettamente dal clima, dal materiale parentale e dal tipo di suolo stesso. Gli alberi aggiungono materia organica al suolo, contribuendo a creare un sottile orizzonte ricco di materia organica. I suoli delle praterie (Mollisol) hanno orizzonti [vedi sotto, ndr] molto più spessi con contenuti di materia organica più alti e sono più produttivi dal punto di vista agricolo rispetto ai suoli forestali.
  3. Rilievo geomorfologico (insieme delle alture di una regione): la topografia locale può avere importanti effetti microclimatici, oltre a influenzare i tassi di erosione del suolo. Le aree ripide si erodono maggiormente a causa del flusso dell’acqua piovana che scende per gravità. Il drenaggio del suolo influenza gli stati di ossido-riduzione del ferro, l’accumulo e la conservazione della materia organica e i tipi di vegetazione locale. I suoli ben drenati sono più bruni o rossastri a causa della conversione del ferro ferroso (Fe2+) in minerali con ferro ferrico (Fe3+).
  4. Materiale parentale (il substrato roccioso): è il materiale da cui il suolo si è sviluppato. Nel corso del tempo, quando i processi di erosione approfondiscono, mescolano e alterano il suolo, il materiale parentale diventa meno riconoscibile a causa dei processi biogeofisici e chimici.
  5. Tempo: i profili del suolo tendono a diventare più profondi e più alterati nel tempo. Il grado di alterazione e approfondimento del suolo rallenta con il tempo e, dopo decine o centinaia di migliaia di anni, può avvicinarsi a una condizione di equilibrio in cui l’erosione e l’approfondimento si equilibrano. Un suolo giovane ha meno di 10.000 anni!

I fattori che formano il suolo sono interconnessi e interdipendenti, ma, considerati in modo indipendente, forniscono un quadro utile per poter fare un’analisi in loco.

La stratificazione

Quando il suolo si forma ha spesso strati distinti, che sono formalmente descritti come “orizzonti“.

Gli orizzonti superiori (etichettati come orizzonti A e O) sono più ricchi di materiale organico e quindi sono importanti per la crescita delle piante, mentre gli strati più profondi (come gli orizzonti B e C) mantengono più delle caratteristiche originali del bedrock sottostante.

L’immagine che vedete qui sotto rappresenta un modello semplificato della composizione generica del suolo, andando in profondità.

Quello che si nota principalmente è la sua stratificazione netta, definita da strati orizzontali che presentano caratteristiche proprie cromatiche, di composizione chimico-fisica (es. tipologia di minerali, presenza di acqua e vuoti), presenza o assenza di vita biologica, etc. che dipendono strettamente dal clima.

Questi strati orizzontali nel loro insieme denotano il profilo del suolo, che è la chiave di lettura dello stato qualitativo del suolo.

 

Un modello della stratificazione del suolo. Lo strato 2 è prettamente quello che definiamo comunemente come suolo.

Nel bosco è possibile trovare la lettiera (non quella per gatti eh) che è ricca di sostanze nutritive, colma di foglie secche e frutti caduti dagli alberi… Ah, e anche animali in decomposizione!

Un vero e proprio letto di foglie e pot-pourri di componenti biologiche decomposte, insomma.

Subito sotto la lettiera si trovano composti di questi “cadaveri” animali e vegetali che vengono digeriti dai microorganismi, che fanno il loro mestiere: ripulire lo strato cibandosi di tutto ciò che gli arriva dall’alto.

Inoltre, la microflora può aiutare a modificare o disintegrare gli inquinanti ambientali (con tempistiche lunghe ovviamente)!

Dopodiché si trova un sottile strato umido, riconosciuto come humus, che è formato da materiale organico decomposto e mescolato alla terra vera e propria sottostante.

Queste prime stratificazioni, di cui ho accennato, si trovano tra i 2 centimetri e massimo i 2 metri di terreno, se sezionato in verticale.

Al di sotto del primo strato compatto, si presenta quello minerale che si intuisce essere quello con componenti inorganiche (minerali, rocce e vuoti di gas), che possono essere caratterizzati da differenti tipi di roccia e minerali: dalla sabbia, all’argilla a frammenti di roccia, dove arrivano a penetrare le radici degli alberi.

Al di sotto dello strato inorganico, si presenta il sottosuolo, ricco di frammenti di roccia e caratterizzato dalla presenza della roccia madre, ovvero lo strato da cui si sono generati quelli più superficiali.

La roccia madre è quindi la chiave di lettura storica del suolo che stiamo analizzando.

Le funzioni

Il suolo è il supporto della vita biologica, senza di esso nessun essere vivente potrebbe esistere!

È la matrice ambientale in cui si strutturano tutti i cicli naturali dei nutrienti.

Nel ciclo idrologico, il suolo aiuta a mediare il flusso delle precipitazioni dalla superficie del terreno nelle acque sotterranee o può controllare il deflusso delle acque piovane in laghi, torrenti, baie e oceani.

Per l’uomo, il suolo fornisce un supporto indispensabile per costruire infrastrutture, impianti industriali, abitazioni, per produrre cibo in ogni forma.

Infatti, è la base produttiva diretta dell’approvvigionamento umano e animale (sia libero che in allevamento), del legname e di altri materiali necessari alla vita quotidiana.

Oltretutto, è fonte di stoccaggio di materie prime come ghiaia, argilla, torba e minerali, ma anche gas e altre forme fossili, che fin troppo abbiamo sfruttato.

Tra le più basilari e importanti delle funzioni, il suolo mantiene la circolazione idrica sotterranea e superficiale e stabilizza i versanti, grazie alle naturali caratteristiche morfologiche che ha acquisito nel tempo.

Ha anche un’importante funzione naturalistica, essendo un habitat di una grandissima varietà di specie animali e vegetali, che cambiano a seconda del clima.

Inoltre, rientra nel patrimonio storico-culturale nel settore paesaggistico, forma di attrazione turistica e di continuità di vita.

Rischi, cambiamenti e contraddizioni

Nel report SOLAW 2021 della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) viene descritta l’odierna condizione mutevole del suolo che, purtroppo, non ha raggiunto condizioni favorevoli.

Il motivo, ovviamente, è perché le richieste antropiche, generate per esempio dalle mutevoli abitudini alimentari e l’aumento della domanda di cibo, pongono forti pressioni sulle risorse mondiali più importanti per la sopravvivenza: l’acqua e il suolo.

Ma c’è sempre un “ma”.

Per quanto sia spesso ritenuta una pressione che esercita modifica al suolo (come la sua estensione, composizione, qualità e altro), l’attività agricola fornisce, allo stesso tempo, molteplici opportunità per contribuire agli obiettivi dell’Agenda 2030.

Tra questi ricordiamo ad esempio la riduzione della povertà nei paesi in via di sviluppo, ma anche le pratiche agricole sostenibili, che possono incentivare il risparmio idrico, la conservazione del suolo e delle risorse naturali e degli ecosistemi attraverso il monitoraggio.

Il suddetto Report FAO definisce il suolo, a prescindere dalle sue caratteristiche, come un tampone o “regolatore” essenziale del cambiamento climatico.

Non per altro, le tecniche di stoccaggio (immagazzinamento) dell’anidride carbonica possono contrastare e invertire, in alcuni casi, la perdita di carbonio organico del suolo, noto come SOC (Soil Organic Carbon).

Le pratiche agricole tradizionali, parallelamente, continuano a produrre questo gas serra!

Come al solito, è un gioco di equilibri, ma di cui si possono fare stime per prevenire alcuni tipi di rischi, sia ambientali che sociali.

L’altro aspetto critico è che l’ambiente cambia e molto spesso è difficile che le condizioni umane riescano a cambiare radicalmente e in poco tempo le capacità gestionali e adeguarsi ai cambiamenti climatici.

Causa ed effetto

Tra i maggiori fenomeni di rilascio di carbonio vi è la degradazione del suolo di torba e il drenaggio, ma anche gli incendi nelle torbiere drenate, che hanno rappresentato circa il 4% delle emissioni globali di tra il 1997 e il 2016.

Le attività agricole causano però anche l’emissione di altri gas serra (GHG).

Oltre al biossido di carbonio, i suoli emettono protossido di azoto (N2O) derivanti dai fertilizzanti e dalle piantagioni capaci di fissare l’azoto. Inoltre, emettono anche metano (dalle risaie sommerse, ma sono variabili in funzione del clima dell’annata [fonte]).

Su scala globale, sono numerose le aree che hanno subito un effetto di salinizzazione, causato principalmente, se non assolutamente, dalle intense modifiche del terreno apportate dalle attività antropiche. L’aumento di salinità degli strati superficiali, infatti, è un evento generato dallo sfruttamento intenso delle risorse idriche, che, prosciugandosi, man mano favoriscono il processo di accumulo dei sali. La conseguenza? Sono state annullate coltivazioni fino a 1,5 milioni di ettari di terreno coltivato ogni anno.

Dai tassi più alti di evapotraspirazione è tipico che negli orizzonti superficiali affiorino i sali, ma l’estensione della salinità del sottosuolo dai 30 ai 100 cm di profondità è molto più pronunciata!

I cambiamenti dell’uso del suolo, la deforestazione e la conversione del terreno incolto ad agrosilvicoltura, ma anche la costruzione antropica, così come le altre attività di insediamento (es. meandri rettificati etc.) incidono fortemente sulla qualità del suolo e sulla modifica morfologica del paesaggio.

Secondo il Report FAO il suolo nella sua totalità, comprese le risorse idriche, è a un punto critico, tanto da rischiare di mettere in serio pericolo la capacità del pianeta di nutrire la popolazione globale nell’immediato futuro.

La scarsità di acqua minaccia il benessere di 3,2 miliardi di persone, circa mezza popolazione mondiale.

Eppure le soluzioni per evitare la “catastrofe planetaria” esistono, ricorda il SOLAW, ma non si stanno percorrendo con convinzione modelli di produzione agroalimentare più sostenibili.

Provvedimenti

Nelle moderne pratiche agricole, l’utilizzo di attrezzature pesanti ha molti vantaggi nel risparmiare tempo e lavoro, ma può causare la compattazione del suolo e la distruzione del biota (insieme degli esseri viventi).

La compattazione è reversibile, ma seri problemi causati da questa pratica possono verificarsi con un eccessivo utilizzo di attrezzature durante i periodi in cui il suolo ha un alto contenuto d’acqua.

L’aumento della densità del suolo limita la profondità di penetrazione delle radici e può inibire la corretta crescita delle piante a causa dell’effetto di impermeabilizzazione del suolo che ne consegue.

Con una pianificazione e una corretta gestione del suolo costante è possibile:

  • limitare la compattazione,
  • proteggere la biodiversità,
  • ridurre i costi di gestione,
  • promuovere l’infiltrazione dell’acqua,
  • aiutare a prevenire l’erosione del suolo.

La lavorazione dei campi aiuta, certamente, a rompere le zolle che erano precedentemente compattate; quindi, le migliori pratiche possono variare in siti con diverse strutture e composizione del suolo.

La rotazione delle colture, inoltre, può anche aiutare a ridurre la densità di massa.

La lavorazione del suolo può, inoltre, portare a una più rapida decomposizione della materia organica grazie a una maggiore aerazione del suolo.

Nell’agricoltura no-till (senza aratura) il carbonio può essere sequestrato nel suolo, per questo è ritenuta molto vantaggiosa per i problemi di sostenibilità sia su scala locale che globale.

Confidiamo in una maggiore attenzione verso il futuro. Le conoscenze ci sono, bisogna applicarle con criterio.