È uno dei patogeni più infettivi conosciuti grazie a decine di mutazioni che, se da una parte le consentono di eludere il sistema immunitario dell’ospite e di trovare un’insolita via di accesso alle cellule, dall’altro sembrano preservare i pazienti dalle più gravi conseguenze per la salute
Illustrazione della struttura molecolare della proteina spike presente nella variante Omicron del coronavirus
La variante Omicron di coronavirus è probabilmente il virus che si diffonde più velocemente nella storia dell’umanità, secondo gli esperti. Mentre una persona con il virus del morbillo – che spicca tra i microbi infettivi – è in grado di infettarne altre 15 entro 12 giorni, Omicron salta da persona a persona così rapidamente che un singolo caso può dare origine a sei casi dopo quattro giorni, 36 casi dopo otto giorni e 216 casi dopo 12 giorni. Entro la metà di febbraio, Omicron infetterà fino al 40 per cento della popolazione degli Stati Uniti, secondo una proiezione, molto più dell’otto per cento che si ammala di influenza ogni stagione.
Quando è stata individuata la variante Alfa nel novembre 2020, gli scienziati non sapevano molto su come le sue poche mutazioni avrebbero influenzato il suo comportamento. Ora, con un anno di conoscenze e di dati, i ricercatori sono riusciti a collegare alcune delle circa 50 mutazioni di Omicron ai meccanismi che l’hanno aiutata a diffondersi così rapidamente ed efficacemente. Quel processo investigativo normalmente richiede molto più tempo, spiega Sriram Subramaniam, biochimico dell’Università della British Columbia, in Canada. “Ma abbiamo osservato queste varianti per un anno, quindi eravamo preparati”, aggiunge.
Omicron, compresa la sua nuova sotto-variante BA.2, presenta il doppio delle mutazioni rispetto alle altre varianti che destano preoccupazione. Sulla sua proteina spike sono presenti 13 mutazioni raramente osservate in altre varianti. Questi cambiamenti alla sua anatomia le hanno conferito nuove e sorprendenti abilità. Se Delta è la variante Hulk dalla forza bruta, si può pensare a Omicron come al supereroe Flash, mascherato e veloce. Qui, illustriamo i quattro modi in cui il virus è cambiato fisicamente. Tre di queste alterazioni hanno aiutato il virus a eludere il nostro sistema immunitario e a diventare più infettivo, mentre la quarta può averlo portato a produrre una malattia più lieve.
Ha indossato un travestimento
Gli scienziati stanno raggiungendo un consenso su ciò che rende Omicron così trasmissibile, e la maggior parte delle prove punta a un unico, potente meccanismo: tra le varianti, Omicron ha una capacità senza pari di eludere il sistema immunitario.
Durante l’infezione, un grumo di amminoacidi a forma di pugno posto sulla punta della spike del coronavirus, chiamato dominio di legame al recettore (receptor-binding domains, RBD), si lega a una proteina presente sulla superficie delle cellule umane: il recettore ACE2. Per prevenire questo malaugurato attacco, il sistema immunitario produce anticorpi – proteine a forma di Y indotte da una precedente infezione o vaccinazione – che riconoscono un RBD e vi si attaccano come il velcro, ostacolando così il virus, che non riesce a legarsi ad ACE2.
Nelle varianti precedenti, uno, due o forse tre amminoacidi sull’RBD erano mutati, alterando ogni RBD quanto basta per impedire ad alcuni ma non a tutti gli anticorpi di riconoscerlo. Ma Omicron ospita 15 mutazioni di RBD, molte delle quali sui principali siti di legame con gli anticorpi, formando un elaborato travestimento per evitare molti più anticorpi. È come se il virus indossasse una maschera di lattice per cambiare faccia come nel film Mission: Impossible. “Ci sono molte mutazioni e molte sono nuove”, afferma Matthew McCallum, biochimico dell’Università di Washington, negli Stati Uniti.
In una recente analisi pubblicata sulla rivista “Science”, McCallum, insieme al suo capo laboratorio David Veesler e ai loro colleghi, ha mostrato una conseguenza di questa drammatica trasformazione: solo uno degli otto trattamenti anticorpali per COVID usati negli ospedali, basati su anticorpi naturali, si lega ancora all’RBD. Altre ricerche hanno dimostrato che le mutazioni sull’RBD e un secondo sito chiamato dominio N-terminale permettono al virus di evitare gli anticorpi ottenuti con la vaccinazione o l’infezione. Grazie al convincente travestimento di Omicron, la variante trova pochi ostacoli e si diffonde a velocità fulminea. I vaccini, tuttavia, proteggono ancora dalle malattie gravi, soprattutto con i richiami.
Si è stabilizzato
Quando Omicron ha alterato drasticamente la sua proteina spike per nascondersi al sistema immunitario [o, detto altrimenti, quando sono comparse quelle mutazioni casuali della proteina spike che hanno reso la variante più trasparente al sistema immunitario, NdR], quei cambiamenti hanno eliminato alcuni residui chimici di cui la spike aveva bisogno per legarsi all’ACE2. Ma altre mutazioni hanno portato una compensazione: l’RBD ha formato nuovi ponti chimici per legare ancora efficacemente la proteina, secondo un recente studio pubblicato su “Science”. “Ha chiaramente perso alcuni residui importanti per il legame, ma li ha compensati con altre interazioni”, spiega Subramaniam, autore principale dell’articolo.
Illustrazione del legame della proteina spike con il recettore ACE2
La proteina spike è diventata anche più robusta. In altre varianti, due subunità al suo interno, indicate come S1 e S2, sono collegate debolmente. Ciò permette loro di separarsi rapidamente in modo che la spike possa penetrare in una cellula umana quando il virus ne incontra una. Lo svantaggio di questa delicata disposizione, tuttavia, è che molte spike si dividono prematuramente, prima di avvicinarsi a una cellula. Una volta divise, le spike non possono più aiutare il virus a legarsi.
Le mutazioni in Omicron hanno portato a sottili ponti molecolari che tengono meglio insieme le subunità, secondo recenti studi, uno dei quali pubblicato sul “Journal of Medical Virology” e altri pubblicati come preprint, o come studi che non sono ancora stati formalmente rivisti da altri scienziati. “Questo virus si è davvero preservato da un innesco prematuro”, ha commentato Shan-Lu Liu, autore di uno degli articoli e direttore del programma Viruses and Emerging Pathogens della Ohio State University. “Quando il virus è nel posto giusto al momento giusto, può essere innescato ed entrare nella cellula, ma non prima.”
Si è intrufolato dalla porta di servizio. Nelle varianti precedenti c’era una costante: il virus faceva affidamento su una proteina sulla superficie delle cellule umane chiamata TMPRSS2 (pronunciato tempress two) che gli consentiva di penetrare la membrana cellulare. Ma Omicron non sta usando TMPRSS2. Sta prendendo una strada completamente diversa per entrare nella cellula. Invece di sfondare la porta principale, si intrufola dalla porta di servizio.
Mentre altre varianti richiedono entrambe le proteine ACE2 e TMPRSS2 per inserire il loro genoma in una cellula, Omicron si lega solo ad ACE2. Poi il virus viene inglobato in una bolla cava chiamata endosoma che penetra nella cellula, dove il virus si diffonde e inizia a prendere il controllo.
Gli scienziati ipotizzano che in questo modo Omicron ottenga due possibili vantaggi. In primo luogo, molte cellule non hanno TMPRSS2 al loro esterno, quindi il virus non avendo bisogno della proteina di superficie, ha un più ampio spettro di cellule da infettare. “L’ipotesi attuale è che ci debbano essere forse sette o anche dieci volte più cellule disponibili per il virus se penetra tramite gli endosomi e non si affida a TMPRSS2”, afferma Wendy Barclay, virologa dell’Imperial College London, il cui gruppo, tra gli altri, ha rilevato il nuovo percorso di ingresso, che è descritto in un articolo preprint.
In secondo luogo, mentre la variante Delta spesso penetra verso il basso per infettare le cellule polmonari ricche di TMPRSS2, Omicron si replica rapidamente nelle prime vie aeree, il che probabilmente lo aiuta a diffondersi da persona a persona. “Quello che stiamo osservando è probabilmente un passaggio verso vie aeree superiori, che sta promuovendo la diffusione del virus attraverso tosse, starnuti e così via”, spiega Joe Grove, virologo dell’Università di Glasgow e co-autore di un preprint che ha anche scoperto il cambiamento nel meccanismo di ingresso.
Ha abbandonato le sue difese
Un ultimo, quarto cambiamento all’anatomia di Omicron non ha contribuito a rendere la variante più infettiva, a differenza dei primi tre. La mutazione ha creato piuttosto una debolezza sorprendente, rendendo la variante più vulnerabile a una parte delle nostre difese corporee, note come il sistema immunitario innato.
Gli scienziati hanno esaminato le risposte di Omicron e Delta a piccole proteine chiamate interferoni, che agiscono come torce autostradali che avvisano le cellule immunitarie innate della presenza di invasori. Delta era molto abile nel sopprimere la risposta dell’interferone, mentre Omicron è pessimo. E in effetti la attiva.
I ricercatori non sanno ancora come sia avvenuto questo cambiamento. Almeno 11 delle 26 proteine del coronavirus interagiscono con il sistema dell’interferone, e molte di queste sono mutate in Omicron. Ma anche senza conoscere il meccanismo esatto, gli scienziati possono osservare indizi delle conseguenze di questo cambiamento.
Poiché i polmoni sono caratterizzati da una risposta all’interferone più pronunciata rispetto alle vie aeree superiori, la vulnerabilità di Omicron a quella risposta può impedire la sua diffusione agli organi più profondi. “Ha un senso, dal punto di vista biologico, rispetto a quello che osserviamo”, aggiunge Martin Michaelis, biologo dell’Università del Kent, nel Regno Unito, che ha analizzato il modo in cui Omicron interagisce con l’interferone in un articolo pubblicato su “Cell Research”. “Omicron sembra essere meno capace di farsi strada nell’organismo e nei polmoni, e di causare gravi malattie.”
Anche se l’impatto di Omicron su tutta la nostra popolazione non è lieve – tenendo conto di un gigantesco aumento di ricoveri e morti e di un numero record di bambini ricoverati – la nuova variante sembra causare una malattia meno grave in alcuni individui infetti, così come nei modelli animali. Coloro che non sono vaccinati o hanno altri fattori di rischio sono ancora ad alto rischio per sintomi gravi e morte, tuttavia.
Ulteriori meccanismi dietro il comportamento insolito della variante saranno probabilmente identificati nei prossimi mesi. “Il quadro si evolve sempre nel tempo”, sottolinea Michaelis. E le varianti future, quando compariranno, potrebbero avere ancora altre mutazioni. “Non sono sicuro di poter riposare sugli allori e dire che è tutto finito”, spiega Barclay. Con le infezioni che continuano a diffondersi ed evolversi tra molte popolazioni in tutto il mondo, il virus [o meglio, l’evoluzione che premia la sopravvivenza di chi riesce a sopravvivere e a diffondersi, NdR] si inventerà altri modi di trasmettersi, compresi quelli a cui gli scienziati non hanno ancora pensato.
Fonte: Le Scienze