Ecco come il cervello frena la sovralimentazione

Articolo del 09 Marzo 2022

Una ricerca sperimentale ha individuato a sorpresa nel cervelletto un ruolo di primo piano nel regolare il senso di sazietà. Così quest’area del cervello, mai considerata in studi sull’appetito, potrebbe in futuro diventare un bersaglio per il trattamento di alcuni disturbi.

Le persone con un raro disordine genetico noto come sindrome di Prader-Willi non si sentono mai piene, e questa fame insaziabile può portare a un’obesità pericolosa per la vita. Gli scienziati che studiano il problema hanno ora scoperto che la struttura a forma di pugno conosciuta come cervelletto – che non era stato precedentemente collegato alla fame – è la chiave per regolare la sazietà nelle persone che soffrono di questa condizione.

Questa è l’ultima di una serie di scoperte che rivelano che il cervelletto, a lungo ritenuto coinvolto principalmente nella coordinazione motoria, ha anche un ampio ruolo nella cognizione, nell’emozione e nel comportamento. “Abbiamo aperto un intero campo di controllo cerebellare dell’assunzione di cibo”, dice Albert Chen, neuroscienziato allo Scintillon Institute, in California.

Il progetto è iniziato con un’osservazione casuale: Chen e il suo gruppo hanno notato di riuscire a far smettere di mangiare ai topi attivando piccole sacche di neuroni in regioni note come i nuclei cerebellari profondi anteriori (aDCN), all’interno del cervelletto. Incuriositi, hanno contattato i ricercatori della Harvard Medical School che usando la risonanza magnetica funzionale (fRMN) avevano raccolto dati per confrontare l’attività cerebrale di14 persone che avevano sviluppato la sindrome di Prader-Willi con l’attività cerebrale di 14 persone non affette: durante la fRMN, ai soggetti erano mostrate immagini di cibo sia immediatamente dopo un pasto sia dopo un digiuno di almeno quattro ore.

Una nuova analisi di queste scansioni ha rivelato che l’attività nelle stesse regioni che il gruppo di Chen aveva individuato nei topi, gli aDCN, sembra significativamente disturbata negli esseri umani con la sindrome di Prader-Willi. Negli individui sani, gli aDCN erano più attivi in risposta alle immagini di cibo durante il digiuno che subito dopo un pasto, ma nessuna differenza era identificabile nei partecipanti con il disturbo. Il risultato suggeriva che gli aDCN erano coinvolti nel controllo della fame. Ulteriori esperimenti sui topi, effettuati da ricercatori di diverse istituzioni, hanno dimostrato che l’attivazione dei neuroni aDCN degli animali riduceva drasticamente l’assunzione di cibo, modificando il modo in cui il centro del piacere del cervello risponde al cibo.

Per anni i neuroscienziati che studiano l’appetito si sono concentrati principalmente sull’ipotalamo, un’area del cervello coinvolta nella regolazione dell’equilibrio energetico, o sui centri di elaborazione del piacere come il nucleo accumbens. Ma questo gruppo ha identificato un nuovo centro dell’alimentazione nel cervello, dice Elanor Hinton, neuroscienziata all’Università di Bristol in Regno Unito, non coinvolta nello studio. “Ho lavorato nella ricerca sull’appetito per gli ultimi 15 anni o giù di lì, e il cervelletto non è mai stato un obiettivo”, dice Hinton, “Penso che questo sarà importante per la sindrome di Prader-Willi e, in modo più ampio, per affrontare l’obesità nella popolazione generale.”

Diversi colleghi di Chen stanno ora pensando a come verificare la possibilità, o meno, di manipolare questo circuito in persone sane ricorrendo a un intervento non invasivo noto come stimolazione magnetica transcranica. Se il tentativo avrà successo, dice Chen, i ricercatori sperano di arrivare poi a una sperimentazione clinica.

 

Fonte: Le Scienze

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