Negli ultimi decenni, la maggior parte della foresta pluviale amazzonica ha perso la sua capacità di recupero dopo perturbazioni come siccità e deforestazione. E presto potrebbe iniziare la sua trasformazione senza ritorno verso la savana.

 

Una strada aperta nella foresta amazzonica tra Rio Branco e Cruzeiro

 

Il termine resilienza è diventato molto di moda per indicare la capacità di una persona o di un sistema di recuperare dopo un fattore perturbante. E in questi termini è un parametro fondamentale per  valutare il futuro evolutivo di una foresta pluviale in risposta al cambiamento climatico e alla pressione delle attività umane. Secondo uno studio pubblicato su “Nature Climate Change” da Chris Boulton e colleghi dell’Università di Exeter, nel Regno Unito, negli ultimi due decenni, il 75 per cento della foresta amazzonica ha perso la sua resilienza. E potrebbe perciò essere vicina a un punto in cui si trasformerà in savana con conseguenze devastanti sulla conservazione della biodiversità, sul clima regionale e sul ciclo globale del carbonio.

L’Amazzonia è da tempo sotto osservazione da parte dei climatologi per la sua importanza cruciale nel bilancio globale del carbonio, in quanto rappresenta uno dei principali pozzi di anidride carbonica del pianeta.

La sua produttività, cioè la quantità di carbonio che assorbe dall’atmosfera e che immagazzina nel terreno e nelle sue strutture, non solo è costantemente diminuita negli ultimi quattro decenni, ma è anche andata in crisi in due diverse occasioni, nel 2005 e nel 2010, quando la siccità ha reso la foresta una fonte netta di anidride carbonica immessa in atmosfera, a causa della moria di piante.

Si è trattato di trasformazioni temporanee, che però sono un indice di come le cose potrebbero presto cambiare. Alcuni studi hanno mostrato che la deforestazione e il riscaldamento globale di origine antropica, con il conseguente aumento della lunghezza della stagione secca e della frequenza della siccità, sono fattori che, combinati, potrebbero dare il via a un processo di degrado della foresta favorito da meccanismi di feedback, o rinforzo (letteralmente “retroazione”), positivo.

Uno di questi meccanismi determinanti è la propagazione di piccoli incendi che amplificano localmente la siccità, la quale, a sua volta, favorisce l’innesco di altri, più vasti incendi. Un altro meccanismo di rinforzo è la riduzione dell’evapotraspirazione, cioè della quantità di vapore acqueo che dal terreno passa nell’atmosfera, in parte direttamente e in parte tramite la traspirazione delle piante. Tale riduzione, causata sia dalla deforestazione associata all’espansione delle attività umane sia dalla stessa siccità, influisce a sua volta sulle precipitazioni e sulla vitalità della foresta su larga scala.

Utilizzando i dati di telerilevamento satellitare, Boulton e colleghi hanno monitorato la foresta amazzonica tra il 1991 e il 2016, incrociando i dati sulla copertura forestale con quelli relativi alla siccità e al clima. Un arco temporale così ampio ha permesso di analizzare le alterazioni della foresta e la sua capacità di recuperare dai periodi critici.

Le analisi rivelano che il 75 per cento dell’Amazzonia sta perdendo resilienza dai primi anni duemila, indicando che la foresta potrebbe avvicinarsi a una transizione critica. La perdita di resilienza è più evidente nelle aree che sono più vicine alle attività umane, come anche in quelle che ricevono meno precipitazioni. È importante notare che la perdita di resilienza non coincide con una perdita della copertura forestale, il che implica che la foresta potrebbe essere vicina a un punto critico senza mostrare cambiamenti nel suo stato medio.

Gli autori concludono sottolineando l’importanza di questi risultati come dati osservativi che documentano come le condizioni più secche e la deforestazione stiano probabilmente spingendo l’Amazzonia verso una soglia critica, o punto di non ritorno (tipping point) oltre al quale potrebbe iniziare un inesorabile processo di perdita di copertura vegetale.

 

Fonte: Le Scienze

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