Sette pangolini sequestrati durante operazioni di smantellamento del commercio illegale di fauna selvatica in Vietnam sono risultati positivi a dei coronavirus direttamente correlati a SARS-CoV-2, l’agente patogeno responsabile della pandemia da Covid-19. Documentato sulla rivista Frontiers in Public Health, questo risultato emerge da un’indagine condotta dagli esperti della Wildlife Conservation Society (WCS), una fondazione statunitense per la tutela della vita naturale.
Gli scienziati, guidati da Nguyen Thi Thanh Nga, hanno considerato 246 pangolini Manis javanica sequestrati in Vietnam dal 2016 al 2018 durante iniziative di contrasto al commercio illegale di animali selvatici. Collaborando con i partner locali vietnamiti, i ricercatori hanno recuperato i campioni prelevati durante le operazioni e testato gli esemplari per diversi coronavirus, allo scopo di valutare la possibilità che i pangolini potessero ospitare agenti patogeni potenzialmente pericolosi. In precedenza, commentano gli esperti, solo i pangolini sequestrati in Cina erano risultati positivi a ceppi di coronavirus correlati a SARS-CoV-2.
I virus identificati nell’ambito di questo studio erano molto simili a quelli rilevati negli animali confiscati nelle province cinesi dello Yunnan e del Guangxi. Questo lavoro, commentano gli autori, costituisce un’ulteriore evidenza del fatto che la natura stessa del commercio illegale di specie selvatiche può favorire la trasmissione di infezioni dal potenziale pandemico. Gli sforzi e gli interventi di prevenzione di pandemie ed epidemie dovrebbero pertanto concentrarsi su queste realtà. “Sappiamo che alcuni coronavirus possono provocare gravi malattie – spiega Thanh Nga – il nostro lavoro conferma la presenza di questi virus in pangolini venduti illegalmente in Vietnam. Invitiamo i governi a sospendere il commercio di animali selvatici, a meno che non sia possibile documentare il rispetto delle normative vigenti in materia di fauna selvatica e ad agire per contrastare le operazioni di compravendita illegale”.
I pangolini asiatici oggetto di transazioni commerciali, inoltre, appartenevano a specie considerate in via di estinzione. Gli autori hanno esaminato anche i resoconti dei media sui casi di traffico di pangolini avvenuti in Vietnam tra il 2016 e il 2020. In molti casi, riportano gli studiosi, nelle retate venivano confiscati anche altri animali, come primati, rettili e uccelli. Queste osservazioni, precisano gli esperti, alimentano le preoccupazioni sul fatto che il commercio illecito di animali selvatici possa rappresentare un rischio per la diffusione di pandemie e lo spillover di agenti patogeni nella popolazione umana. In quest’ottica, quindi, è davvero importante contrastare le operazioni di compravendita della fauna selvatica che potrebbero incrementare i rischi per la salute pubblica.
“Le attuali linee guida – osservano gli autori – sono troppo centralizzate sui mercati aperti e non considerano le catene di commercio illegale. È pertanto necessaria una riforma della politica commerciale di questo settore, che potrebbe ridurre il rischio di future pandemie”. La Cina ha avviato una repressione multisettoriale della compravendita illecita di specie selvatiche e adottato una serie di riforme volte all’eliminazione dell’approvvigionamento e del consumo di fauna selvatica. In Vietnam da gennaio 2020 è vietato importare animali selvatici e negli ultimi due anni sono stati vagliati diversi decreti volti a promuovere la salute pubblica e la sicurezza alimentare tramite la gestione corretta della fauna selvatica. Queste misure, concludono gli scienziati, hanno l’obiettivo di limitare i pericoli associati allo spillover di potenziali minacce patogene.
Fonte: Il Fatto Quotidiano