La siccità imperversa. I valori di pioggia, temperatura e umidità sono tutti fuori media. Per prepararci allo stato di emergenza serve capire sia da dove viene l’attuale crisi idrica sia come prevenirne gli impatti, durante l’emergenza e in tempo di pace.
Non c’è più acqua. O quasi. L’Autorità di Bacino Distrettuale del fiume Po sta registrando la crisi idrica peggiore degli ultimi 70 anni. In particolare:
La neve sulle Alpi è totalmente esaurita in Piemonte e Lombardia; i laghi, a partire dal Lago Maggiore, sono ai minimi storici del periodo (eccetto il Garda); la temperatura è più alta fino a due gradi sopra la media; la produzione di energie elettrica è in stallo; le colture, nonostante l’avvio tardivo di 15 giorni della pratica dell’irrigazione (esempio in Lombardia), sono tutt’ora in sofferenza; così come si accentua, con inevitabili danni ambientali a biodiversità e habitat, la risalita del cuneo salino a oltre 10 km dalla Costa Adriatica e con un utilizzo all’80% a 15 km dal mare.
Estratto della mappa di previsione della temperatura (al 29 giugno 2022) per il 1° luglio dell’ECMWF.
Il bollettino del 20 giugno dell’Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici nel distretto idrografico del fiume Po, riunitosi in seduta straordinaria, indica come “alta” la “severità idrica” a partire dal 20 di questo mese. Questo significa che sono previsti una quasi assenza di precipitazioni, temperature sopra la media eventualmente in aumento, l’ulteriore riduzione dei deflussi e l’esaurimento delle portate lungo il Po. Per contenere gli effetti di questa imponente siccità, il bollettino indica di ridurre del 20% i prelievi irrigui.
Per capirci, anche se non ci sono definizioni univoche, con “siccità” si può intendere la «condizione meteorologica naturale e temporanea in cui si manifesta una sensibile riduzione delle precipitazioni rispetto alle condizioni medie climatiche del luogo in esame». E in particolare, si possono identificare siccità meteorologica, idrologica, agricola o socioeconomica e ambientale. In ogni caso, da non confondere con l’aridità, che invece è una «condizione climatica naturale permanente».
Per completare il quadro, si riportano di seguito le previsioni di temperatura in Europa per il 1° luglio elaborate dall’European Centre for Medium-Range Weather Forecasts.
Precipitazioni, neve, umidità: i dati della siccità
Nel bollettino di maggio dell’Osservatorio Siccità dell’Istituto per la Bioeconomia del CNR si indicava la popolazione esposta al rischio di siccità rispettivamente nei tre, sei, dodici e ventiquattro mesi precedenti. Quella esposta a un rischio di siccità severa o estrema oscillava da un 2,3% tra marzo e maggio 2022 e un 30,6% tra dicembre 2021 e maggio 2022.
Guardando l’indice SPI (Standardized Precipitation Index) – che misura le anomalie di precipitazione in una determinata località per un determinato periodo di tempo rispetto al record storico – la situazione peggiore era quella che si riscontrava in Nord Italia e in varie zone del Centro e Sud, tra i sei e i dodici mesi prima di maggio.
Un ulteriore riscontro sulla drammaticità della situazione si ricava dal Technical report Drought in northern Italy March 2022 del Joint Research Centre per l’Osservatorio europeo sulla siccità (EDO). Il rapporto ricorda che, da dicembre 2021 a febbraio 2022, in Piemonte sono stati registrati circa 40 millimetri di pioggia contro i 160 attesi, oltre che uno scarso apporto di neve, soprattutto nelle Alpi meridionali durante l’inverno. Sempre in Piemonte, si osserva un rapido aumento di condizioni di grave siccità a partire da febbraio 2022, o comunque dalla fine del 2021 (a seconda della base di riferimento mensile dell’indice SPI). Inoltre, nel bacino del Po, si è registrano 2,1 °C sopra la media 1991-2020 e un deficit medio di precipitazioni del 65%.
Standardized Precipitation Index per periodi di accumulo di 3 e 12 mesi (SPI-3, pannello superiore; SPI-12, pannello inferiore) che mostra l’evoluzione della siccità in Piemonte da marzo 2020 a febbraio 2022.
Questo ovviamente rappresenta un rischio per la disponibilità di acqua per i settori agricoli ed energetici, tra le altre cose. Per quanto riguarda la produzione di energia idroelettrica, la maggior parte degli invasi si trova sotto i valori minimi storici (1970-2019) dal settembre 2021. Si registra infatti quasi il 28% in meno di energia immagazzinata rispetto al minimo degli ultimi otto anni (774 contro 1068 gigawattora).
Di seguito è riportato il grafico della quantità di acqua da neve dei primi 170 giorni circa dal primo di settembre 2021: da novembre in poi, i valori sono rimasti sotto la media.
Normalized Snow Water Equivalent per la stagione nevosa 2021-22 (linea nera) rispetto alla climatologia 2009-2021 per tutte le Alpi italiane.
Un altro indice, più complesso del SPI, è il Combined Drought Indicator (CDI), che si ottiene combinando l’SPI con il Soil Moisture Anomaly (SMA), cioè l’anomalia nell’umidità del suolo, e con il FAPAR Anomaly, che misura l’anomalia nella frazione di radiazione solare assorbita dalla vegetazione per fare la fotosintesi. L’indice CDI restituisce tre diversi livelli di siccità – Watch (precipitazioni inferiori alla norma), Warning (umidità del suolo in deficit) e Alert (la vegetazione mostra segni di stress) – e due ulteriori livelli – Partial recovery e Recovery, che rendono conto del grado di recupero della vegetazione.
A inizio marzo, in Italia nord-occidentale, il CDI era su Watch o Warning. Ma ecco la mappa relativa al terzo periodo di dieci giorni di maggio (qui per osservare la situazione in tutta Europa e qui per il globo intero). Si osservano prevalentemente Watch e Warning, ma in alcuni punti localizzato anche Alert.
Decarbonizzazione per evitare la desertificazione
Come ci aveva spiegato Claudia Tebaldi in questa intervista, «il discostarsi di questi eventi dai valori attesi è così netto che può essere considerato il vero nesso causale tra innalzamento delle temperature ed eventi meteo estremi». È il caso, in particolare, delle ondate di calore in corso e quindi della siccità e del rischio incendi conseguenti, come per altro ha già scritto l’IPCC nel secondo volume del sesto Assesment Report nel 2021.
A livello mondiale si ha ormai un’anomalia termica di 1,2°C, che sale a 2,2°C in Europa e a 3°C in Artico, rispetto al periodo 1850-1900, come si legge nel European state of the climate 2021. E infatti, scrive il rapporto, aumenta il numero di giornate estive con alti livelli di stress da caldo; nel 2021 si è registrato il record di numero di giorni con “stress da caldo estremo” nell’Europa meridionale e, in generale, tutta l’Europa ha subito maggiori episodi di stress da caldo, anche moderato.
Secondo il primo Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici in Italia elaborato dalla rete del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (ne avevamo parlato qui).
Gli scenari di cambiamento climatico per il decennio 2041-2050 nella regione Mediterranea prevedono ulteriormente in aumento l’estensione delle zone secche in Italia, determinando un incremento diretto dell’evapotraspirazione potenziale e del fabbisogno idrico sia della vegetazione naturale sia delle colture agrarie. L’effetto combinato delle variazioni delle temperature e delle precipitazioni porterà ad un incremento delle condizioni di aridità su quasi tutto il territorio nazionale.
Risulta quindi evidente che per minimizzare il rischio di siccità ancora peggiori bisogna perseguire gli obiettivi di decarbonizzazione indicati dall’IPCC, liberandosi il prima possibile dei combustibili fossili e cioè convertendo la nostra economia verso un sistema a bassissimo impatto ecologico. Ma la sola mitigazione non basta, serve anche accelerare con l’adattamento.
Come fronteggiare l’inevitabile
Fondere l’adattamento economico, ambientale e sociale. È quanto suggerisce il progetto “Life Desert-Adapt – preparare le aree a rischio desertificazione all’incremento dei cambiamenti climatici” per la regione mediterranea, dallo stesso rapporto SNPA che per l’appunto illustra una serie di esempi e buone pratiche da mettere in campo per adattarsi agli impatti dei cambiamenti climatici.
Buoni esempi a parte, l’Italia possiede al riguardo una Strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e un analogo Piano nazionale di adattamento, quest’ultimo ancora in attesa della Valutazione Ambientale Strategica (ma non dovevano semplificare e sveltire tutto?). Ne avevamo parlato per Scienza in rete con Sergio Castellari. Cosa prevederebbe quindi il Piano, una volta approvato, per far fronte alla crescente siccità?
Il Piano identifica una serie di settori all’interno dei quali stila varie misure di adattamento. Quelle che riguardano la siccità si trovano prevalentemente nel settore delle risorse idriche e nel settore della desertificazione. Ne riportiamo alcune.
In questi giorni, il tema del razionamento dell’acqua è centrale. Ebbene, lo stesso Piano prevede l’adozione di «misure di razionamento dei consumi idrici nei periodi che antecedono e sono durante gli eventi siccitosi». In generale, è necessario disporre di Piani di gestione della siccità che si occupino di migliorare l’efficienza delle infrastrutture idriche, attraverso l’incremento della loro connettività, la manutenzione della rete idrica “a funzione multipla”, l’aumento delle potenzialità di accumulo idrico nelle zone rurali, il finanziamento e l’ammodernamento delle strutture e delle infrastrutture idriche.
Inoltre, viene segnalata la necessità di aggiornare la stessa Valutazione Ambientale Strategica, includendovi variabili connesse con gli impatti dei cambiamenti climatici. Oltre a misure infrastrutturali e normative, serve produrre indagini “ad alta risoluzione” per individuare le zone più vulnerabili e quindi aumentare i fondi a disposizione per il settore primario in queste zone che, oltre alla siccità, possono essere a rischio inondazioni. Sempre sul piano economico, il Piano indica di «promuovere il ricorso a meccanismi e accordi finanziari multilaterali esistenti che mobilitano e devolvono risorse finanziarie importanti ai Paesi in via di sviluppo colpiti per aiutarli a lottare contro la desertificazione e attenuare gli effetti della siccità».
A livello di policy, è necessario promuovere politiche, strategie e programmi per raggiungere la “Land Degradation Neutrality” e recuperare i territori degradati; in ultimo ma non per importanza, è urgente sensibilizzare sia i cittadini sia i decisori politici per diffondere la consapevolezza degli impatti della siccità e delle misure da prendere sia in tempo di pace che in emergenza. La teoria la conosciamo: bisogna solo metterla in pratica prima che sia troppo tardi.
Ma evidentemente non è mai “troppo tardi”.
Fonte: Scienza in Rete