Silver Economy e sanità integrativa: il rapporto degli over 50 con prevenzione e cure
Articolo del 25 Luglio 2022
Lo scorso 30 giugno è stato presentato presso la Camera dei Deputati il Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali “Silver Economy, una nuova grande economia”. La pubblicazione è strutturata in 3 parti: la prima, adottando un approccio macro, definisce i perimetri demografici ed economici della popolazione Silver; la seconda indaga con un maggior livello di dettaglio, grazie ai risultati dell’indagine demoscopica sulla popolazione italiana di 50 anni e più, la dimensione micro, al fine di comprendere al meglio chi sono, cosa fanno e cosa desiderano i Silver italiani; l’ultima parte della ricerca mette infine in risalto le esperienze degli operatori che si occupano dell’economia d’argento e le best practice da implementare.
In questo articolo si vuole approfondire uno degli aspetti di maggior interesse emersi dai risultati dell’indagine campionaria, vale a dire quello il rapporto con sanità, prevenzione e cure, con particolare riferimento ai livelli di iscrizione a forme di assistenza sanitaria integrativa tra le persone over 50.
Analizzando i livelli di iscrizione rispetto alle diverse fasce anagrafiche (figura 1, grafico di sinistra) si osservano tassi più elevati all’interno delle classi d’età estreme (50-64 anni e over 75), rispettivamente pari al 24,5% e al 25%; al contrario, tra i 65-74enni il valore è pari al 13,6%. Tra gli individui in quest’ultima fascia d’età si rileva la percentuale più elevata di soggetti che si rivolgono esclusivamente al Servizio Sanitario Nazionale (62,7%), mentre viceversa tra le altre due circa 1 individuo su 2 si rivolge in via esclusiva al SSN. Si riscontrano, invece, percentuali analoghe tra le diversi classi d’età rispetto a chi ha effettuato spesa out of pocket (OOP), in media poco più del 23%.
Cambiando il criterio di analisi a favore dell’attività svolta dai diversi soggetti (figura 1, grafico di destra), si rileva come siano i pensionati/lavoratori (43,1%) e gli occupati (32,5%) le categorie con i livelli di iscrizione maggiori. Ciò è comprensibile se si pensa che per alcune forme di assistenza sanitaria integrativa l’adesione da parte dei lavoratori dipedenti è obbligatoria in quanto prevista dai CCNL di riferimento. Seguono, anche se molto distanti, i pensionati (17,4%) e le casalinghe/i (13,6%), mentre tra chi è in cerca di occupazione la percentuale è solo del 5,9%. Gli individui appartenenti a quest’ultime tre categorie sono peraltro anche quelli che si rivolgono maggiormente solo al SSN: il 65,9% delle persone in cerca di lavoro; il 59,3% dei pensionati e il 56,2% dei casalinghi. Come osservato per le diverse classi di età, seppur con divari leggermente più ampi tra le posizioni di vertice e di coda, anche in questo caso i valori relativi alla spesa OOP sono abbastanza omogenei, con la percentuale maggiore rilevata tra i casalinghi (30,2%) e quella minore tra i pensionati lavoratori (20,7%).
Figura 1 – Livelli di iscrizione a forme di assistenza sanitaria integrativa, per età e attività svolta
Fonte: Quaderno di Approfondimento Itinerari Previdenziali “Silver Economy, una nuova grande economia”
Un ulteriore criterio d’analisi che offre importanti spunti di riflessione è quello relativo al titolo di studio. Dall’indagine demoscopica ospitata dal Quaderno emergono, seppure in modo indiretto, importanti conferme rispetto al fatto che con il crescere dei livelli di istruzione aumenti anche l’attenzione verso la propria salute. Tra le persone in possesso del diploma di scuola media inferiore quasi 2 persone su 3 (64,5%) si rivolgono esclusivamente al Servizio Sanitario Nazionale, mentre il 10,5% è iscritto a una qualche forma di assistenza sanitaria integrativa. Fra chi ha ottenuto il diploma di scuola secondaria superiore diminuisce la quota di persone che usufruiscono del solo SSN (57,8%), mentre cresce quella degli iscritti (17,2%). Fra gli individui in possesso di una laurea la situazione cambia in modo importante: la percentuale di soggetti iscritti a forme di assistenza sanitaria integrativa sale al 38,4% in caso di possesso di una laurea breve e al 40,5% in caso di laurea magistrale, del vecchio ordinamento o una specializzazione post-laurea; viceversa, tra chi si rivolge in via esclusiva al SSN i valori sono rispettivamente pari al 35,3% e al 37,7%. Anche utilizzando questo differente criterio d’analisi l’incidenza percentuale di chi effettua spesa out of pocket è abbastanza uniforme con valori che si aggirano tra il 26,3% fra chi è in possesso della laurea triennale e il 21,8% di chi ha la laurea specialistica o del vecchio ordinamento, passando per il 25% rilevato tra le persone che hanno al più il diploma di scuola secondaria superiore.
Tuttavia, è bene sottolineare come, sebbene i dati a disposizione non consentano di sostenere l’esistenza di una relazione causa-effetto tra le due variabili (livelli di istruzione e attenzione alla salute), è comunque possibile affermare che è presente una correlazione non trascurabile. Fatta questa precisazione e alla luce di quanto emerso dall’indagine demoscopica, sinteticamente riportata in questa sede, risulta necessario fare una riflessione in merito al tema salute, cure e prevenzione.
In un Paese come l’Italia – nel quale l’aspettativa di vita a 65 anni è tra le più alte in Europa e nel Mondo, circa 23 anni per le donne e 20 per gli uomini (dati Eurostat 2019), mentre quella in buona salute, sempre a 65 anni, scende a poco più di 10 anni sia per uomini che per le donne, molto distante da quella rilevata in Paesi come Svezia, Francia o Germania – occorre fare un importante lavoro di prevenzione, mediante visite e check-up periodici, al fine di migliorare la qualità di vita in vecchiaia, quantomeno sotto questo punto di vista. A questo proposito possono venire in soccorso le forme di assistenza sanitaria integrativa. Attualmente, come rilevato dal Nono Rapporto Itinerari Previdenziali, a fronte di una spesa privata totale pari a 45,451 miliardi, oltre 40 escono direttamente dalle tasche delle famiglie italiane e solo 5, ovvero l’11%, sono intermediati da fondi sanitari: risulta chiaro pertanto come ci siano ampi margini di ampliamento del settore.
Settore che non solo è poco utilizzato dai Silver, e più in generale dalla popolazione italiana, ma che è anche trascurato dai decisori politici e dalla legislazione nazionale. Si pensi che ancora oggi non esiste una legge quadro di riferimento in materia né tantomeno un’autorità di vigilanza o l’obbligo per gli enti di pubblicare i bilanci e i dati statistici caratteristici. Lo stesso Ministero della salute nel secondo reporting system dell’ottobre 2021 ha ammesso che il numero di enti riportati nel rapporto deve essere considerato solo come rappresentativo e non esaustivo delle realtà facenti parti la sanità integrativa. Questo perché l’iscrizione all’Anagrafe è volontaria, e la stessa si limita ad attestare l’esistenza di ciascun fondo, senza svolgere alcuna attività di controllo e vigilanza.
È quindi necessario effettuare lavorare al più preso su entrambi i fronti: da un lato, si tratta cioè di far comprendere agli italiani (oltre che ai Silver in particolare) quanto sia importante ed economicamente conveniente l’iscrizione a forme di assistenza sanitaria integrativa e, dall’altro, di razionalizzare un settore del welfare complementare fondamentale per consentire a ciascun cittadino di vivere una vita non solo lunga ma anche, e soprattutto, in salute.
Fonte: Itinerari previdenziali