La provocazione di un arcipelago polinesiano: ci trasferiamo nel Metaverso
Articolo del 11 Dicembre 2022
Per le isole di Tuvalu, in Polinesia, l’unica soluzione contro i cambiamenti climatici potrebbe essere trasferirsi nel Metaverso: una provocazione che fa pensare.
Una nazione del Pacifico sta pensando di trasferirsi nel Metaverso: non è la trama di un film fantascientifico, ma la proposta-provocazione di Simon Kofe, ministro della giustizia, la comunicazione e gli affari esteri delle isole di Tuvalu, in Polinesia. «Tuvalu potrebbe essere il primo Paese al mondo a esistere unicamente nel cyberspazio, ma se il riscaldamento globale continuerà a peggiorare non sarà l’ultimo», ha dichiarato durante la COP27,
PRESERVARE
L’idea di Kofe è prima di tutto una provocazione, fatta per far capire al mondo che non c’è più tempo da perdere e che bisogna agire ora per contrastare i cambiamenti climatici. Rendere virtuale una nazione fisica permetterebbe ipoteticamente di conservarne la bellezza e la biodiversità del territorio anche quando verrà danneggiata, preservare la cultura permettendo agli abitanti di interagire tra loro nel cloud e, in caso di perdita totale del territorio fisico (l’arcipelago verrà probabilmente presto sommerso a causa dell’innalzamento del livello del mare), mantenere la sovranità almeno virtualmente.
LIMITI TECNICI
Trasferire realmente un’intera nazione nel Metaverso è tecnicamente impossibile, anche per una nazione di soli 12.000 abitanti come Tuvalu: farli interagire tutti contemporaneamente richiederebbe una larghezza di banda altissima, oltre a moltissima energia, senza contare che molte persone sarebbero tagliate fuori dalla nazione online per età, problemi di salute (pensiamo a chi è cieco o sordo) o, banalmente, perché soffrono di nausea e non possono stare troppe ore online.
CONTROPRODUCENTE
La questione più importante, però, è che per caricare online l’intero mondo produrremmo un sacco di emissioni inquinanti, peggiorando ancor di più il cambiamento climatico dal quale cerchiamo di scappare: la realtà virtuale necessita infatti di server, infrastrutture, visori e dispositivi la cui produzione e il cui funzionamento inquinano parecchio. L’idea che tutto ciò che è online non abbia un impatto sul nostro mondo è falsa, ed è spesso usata dai produttori di nuove tecnologie per fare greenwashing e tingere di verde soluzioni che, in realtà, di ecologico hanno molto poco.
MEMENTO MORI
La proposta di Kofe, insomma, non è realizzabile: è da prendere come una giusta provocazione rivolta a chi si ostina a non agire, ignorando che le lancette dell’orologio del cambiamento climatico corrono sempre più veloci verso il momento in cui la vita umana sulla Terra sarà messa a dura prova.
Fonte: Focus