La grande corsa al ghiaccio più antico

Articolo del 17 Maggio 2023

Gas, polveri ed elementi chimici intrappolati negli strati di ghiaccio risalenti a centinaia di migliaia o milioni di anni fa possono chiarire l’evoluzione del sistema glaciale terrestre e fornire un formidabile banco di prova per i modelli climatici attuali. Per questo la ricerca del ghiaccio antico è considerata una delle sfide scientifiche del nuovo millennio.

È una competizione insolita quella che, negli ultimi tempi, movimenta le brevi estati antartiche. A colpi di radar e di carotiere, i ricercatori di tutto il mondo sono impegnati in una sfida a distanza che richiama l’epoca eroica delle esplorazioni antartiche. Tuttavia, a differenza della contesa per il Polo Sud tra Roald Amundsen e Robert Falcon Scott, la volata attuale non si disputa sulla superficie della Terra Australis Incognita bensì all’interno del suo ventre. La posta in palio non è uno scranno nel Pantheon degli esploratori bensì – confidano i ricercatori – un cilindro di ghiaccio antico, anzi antichissimo, del diametro di appena dieci centimetri. L’aspetto anonimo del campione potrebbe trarre in inganno, eppure il suo valore è enorme: nelle bolle di aria e nelle polveri intrappolate nel ghiaccio la comunità scientifica spera di leggere la storia di un passato remoto, quando il sistema climatico del pianeta cambiò inspiegabilmente la sua inerzia.


Preparazione di un sito di indagine geofisica in vista di carotaggi: l’individuazione del sito di perforazione migliore è il vero fattore determinante per la riuscita dei progetti che puntano al ghiaccio più antico.

“La carota di ghiaccio più antica e continua finora estratta risale a 808.000 anni fa. Si tratta di un risultato scientifico straordinario, ottenuto dal progetto europeo EPICA (European Project for Ice Coring in Antarctica) nel 2004, che tuttavia ha spalancato le porte a nuovi interrogativi. Sappiamo infatti che, per ragioni ancora sconosciute, il sistema glaciale ha iniziato a cambiare tra 1,5 milioni e 600.000 anni fa. Durante questo intervallo, noto come transizione del Pleistocene medio, la periodicità dei cicli glaciali-interglaciali è passata da 40.000 anni agli attuali 100.000”, premette Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di scienze polari e professore di chimica analitica all’Università Ca’ Foscari di Venezia.

Questo mutamento, di cui resta traccia nei sedimenti marini, non riflette le variazioni orbitali che fino ad allora avevano governato l’alternanza. “L’esclusione dei parametri astronomici restringe la ricerca all’interno del sistema climatico del pianeta. Ma quali furono i forzanti della transizione? E come rispose il sistema? Le carote di ghiaccio rappresentano l’unica matrice che contiene entrambe le risposte. Dall’analisi di gas, polveri e isotopi dell’acqua intrappolati nel ghiaccio possiamo provare a ricostruire gli eventi, dalla concentrazione di anidride carbonica nell’atmosfera alla temperatura del pianeta” chiarisce il chimico.

Recupero di carote di ghiaccio appena estratte

La transizione del Pleistocene medio rappresenta inoltre un banco di prova formidabile per i modelli climatici attuali, ragione per cui il Comitato scientifico per la ricerca in Antartide (SCAR, Scientific Committee on Antarctic Research), a sua volta parte dell’International science council (ISC), ha inserito la ricerca del ghiaccio antico tra le sfide del nuovo millennio. Inaugurando in questo modo la grande corsa a cui finora sono iscritti, con progetti più o meno avanzati, Australia, Cina, Corea del Sud, Giappone, Russia, Stati Uniti ed Unione Europea.

“Sarebbe inutile negarlo, tra i diversi gruppi esiste una sana competizione che, tuttavia, non esclude la collaborazione. Per esempio, i ricercatori di Beyond EPICA hanno supportato i colleghi australiani nell’individuazione del loro sito di perforazione, a pochi chilometri da quello europeo, e nella scelta dell’attrezzatura”, dice con un sorriso Barbante, che del progetto europeo è il coordinatore. Erede del fortunato progetto EPICA, Beyond EPICA è iniziato nel 2019 e terminerà nel 2026. Il progetto ha ricevuto un finanziamento di circa 11 milioni di euro dalla Commissione Europea più ulteriori contributi da parte delle dieci nazioni partecipanti. Il campo è stato costruito a Little Dome C, un’area di dieci chilometri quadrati situata a 3233 metri di altitudine, a 34 chilometri dalla stazione italo-francese Concordia.

Nella corsa al ghiaccio più antico non vince chi dispone del carotiere migliore o chi scava più in fretta e più a fondo. L’individuazione del sito di perforazione è il vero fattore determinante per la riuscita del progetto. Innanzitutto, il ghiaccio è in costante anche se impercettibile scorrimento, perciò è inevitabile che, in assenza di un ostacolo topografico, il trascorrere del tempo spinga quello più antico ai bordi della calotta, fino a farlo fondere nelle acque dell’oceano. Lo spessore è un altro dei parametri considerati: anno dopo anno, le precipitazioni formano nuovo ghiaccio che si accumula al di sopra di quello precedente, comprimendolo.

“Sebbene non esista una relazione lineare tra la profondità e l’età del ghiaccio, è abbastanza intuitivo comprendere che quello più antico si trovi in profondità, a diversi chilometri dalla superficie. Tuttavia, se è troppo in fondo, è possibile che la pressione oppure il calore geotermico deformino e fondano la parte a contatto con il substrato roccioso”, riprende il chimico. Come se non bastasse, le considerazioni topografiche e glaciologiche devono scendere a patti con la spietata logistica antartica. In un ambiente così inospitale e remoto, il sito di perforazione va necessariamente individuato nei paraggi di una stazione di ricerca per ottimizzare gli sforzi e la brevità della stagione di campionamento, che dura circa sette settimane tra dicembre e gennaio.

Alla ricerca dei siti più promettenti, i ricercatori si affidano a radar aerei e terrestri che penetrano il ghiaccio, ma anche a modelli matematici della calotta antartica basati sui dati raccolti da spedizioni precedenti. Tuttavia, per quante accortezze si possano adottare nella scelta del sito, il responso è rimandato al termine delle campagne di carotaggio, che nel caso di Beyond EPICA è previsto – inconvenienti permettendo – per gennaio 2025. La prima campagna, posticipata di un anno a causa della pandemia, si è conclusa nel gennaio dello scorso anno, raggiungendo la profondità di 130 metri e un’età del ghiaccio di circa 3000 anni fa. Quest’anno, i ricercatori sono scesi fino a 808 metri, prelevando campioni databili a circa 49.000 anni fa.

Deposito temporaneo di alcuni campioni
L’obiettivo finale del progetto è arrivare alla profondità di circa 2700 metri dove, secondo le stime, il ghiaccio risale a 1,5 milioni di anni fa. Il traguardo è lo stesso che si è posto il progetto statunitense Center for OLDest Ice Exploration (COLDEX), avviato nel 2021 ma con la stessa scadenza di Beyond EPICA, il 2026. Le imponenti risorse a disposizione di COLDEX, circa 25 milioni di dollari, hanno consentito agli americani di diversificare gli sforzi.

Parallelamente alla ricerca di un sito caratterizzato dalla deposizione continua e ordinata degli strati di ghiaccio, che rende possibile la datazione dei vari strati, i ricercatori si stanno cimentando nel tentativo di riordinare sezioni cronologicamente discontinue ma più vicine alla superficie. E quindi più facili da raggiungere. Questo approccio è stato ispirato dal ritrovamento di alcune sezioni antichissime di ghiaccio – alcune superano i tre milioni di anni – in prossimità di una cresta delle Allan Hills che ha interferito con il consueto scorrimento del ghiaccio, spingendo gli strati più profondi verso la superficie e dunque intercalandoli a strati più recenti.

Questo movimento, tuttavia, ha frantumato e macinato il ghiaccio, mescolando strati ed epoche diverse come le tessere di un puzzle appena estratto dalla scatola. Per determinare l’età di questi strati disordinati, e quindi rimetterli in ordine cronologico, i ricercatori statunitensi ricorreranno alla datazione tramite argon. “Abbiamo sempre cercato di evitare simili perturbazioni perché rendono il nostro lavoro molto più complicato. Tuttavia, potrebbe essere l’unico modo per studiare ghiaccio antico di milioni di anni. Si tratta di una sfida del tutto inedita anche per noi”, ha dichiarato in un’intervista a “Scientific American” Christo Buizert, paleoclimatologo dell’Università statale dell’Oregon nonché responsabile delle analisi glaciologiche di COLDEX. Proprio come per Amundsen e Scott, anche la corsa al ghiaccio più antico dovrà passare attraverso lande terribilmente impervie.

Fonte: Le Scienze