Un misterioso aumento di sostanze vietate in atmosfera sta riscaldando il pianeta

Articolo del 19 Maggio 2023

Uno studio documenta la presenza di cinque clorofluorocarburi di cui è proibita la produzione, sostanze che non solo impoveriscono lo strato di ozono ma contribuiscono anche al riscaldamento globale.

Secondo un nuovo studio, cinque sostanze che danneggiano l’ozono sono in aumento nell’atmosfera, nonostante il divieto internazionale di produrle e utilizzarle. La scoperta ha lasciato gli scienziati perplessi e allarmati, perché queste sostanze riscaldano il pianeta. Il loro impatto sul clima è equivalente alle emissioni di anidride carbonica di un piccolo paese.

“Non sappiamo da dove provengano, e questo è davvero un po’ inquietante”, ha detto il coautore dello studio Stefan Reimann, scienziato dei Swiss Federal Laboratories for Materials Science and Technology, in una conferenza stampa.

Le reti di monitoraggio dell’aria hanno misurato quantità crescenti di cinque sostanze chimiche vietate, che distruggono lo strato di ozono atmosferico della Terra. Queste sostanze stanno anche riscaldando il pianeta

Lo studio, pubblicato su “Nature Geoscience”, documenta l’aumento delle emissioni di cinque clorofluorocarburi, o CFC, tra il 2010 e il 2020.

I CFC sono noti per aver impoverito lo strato di ozono atmosferico della Terra negli anni ottanta. Secondo lo studio, oggi i cinque misteriosi CFC stanno causando pochi danni allo strato di ozono, ma stanno producendo impatti rilevanti sul clima. Nel 2020, i cinque CFC hanno avuto un effetto combinato equivalente a quello di circa 47 milioni di tonnellate di anidride carbonica immesse nell’atmosfera.

Si tratta di circa una volta e mezzo le emissioni annuali di anidride carbonica di Londra, ed è un valore simile alle emissioni annue di nazioni come la Svizzera o la Svezia.

“Mitigare queste emissioni avrebbe un grande impatto sul clima, più o meno come se un piccolo paese azzerasse le sue emissioni nette di anidride carbonica”, ha dichiarato l’autore principale dello studio, Luke Western, scienziato all’Università di Bristol e al Global Monitoring Laboratory della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) statunitense.

I CFC sono stati usati negli spray aerosol e nella refrigerazione industriale fino a quando, a partire dal 1989, un accordo internazionale noto come Protocollo di Montreal ha avviato la graduale eliminazione della loro produzione e della maggior parte dei loro usi. Lo strato di ozono terrestre è ora in ripresa e dovrebbe tornare alle condizioni precedenti agli anni ottanta entro pochi decenni.

Un aggiornamento dell’accordo nel 2010 ha vietato la produzione di CFC per qualsiasi uso che li porti a entrare nell’atmosfera. In teoria, ciò significa che tutti i CFC dovrebbero essere diminuiti nell’ultimo decennio.

Ma i CFC possono ancora essere usati come ingredienti nella produzione di altre sostanze chimiche, e durante questi processi possono disperdersi nell’atmosfera. Inoltre, i CFC si generano talvolta come sottoprodotti di lavorazioni industriali.

Tre dei CFC identificati nel nuovo studio sono ingredienti o sottoprodotti nella produzione di sostanze non dannose per l’ozono, inventate proprio per sostituire i CFC. Queste sostanze includono alcuni idrofluorocarburi, o HFC, e idrofluoroolefine, o HFO.

Entrambi questi gruppi di sostanze hanno però un impatto sul clima. Gli HFC sono potenti gas serra, di cui è stata decisa la progressiva eliminazione con un aggiornamento del 2016 del Protocollo di Montreal, noto come emendamento di Kigali.

I sostituti apparentemente rispettosi del clima – gli HFO – in realtà hanno mostrato di avere anch’essi un impatto climatico perché per produrli si usano come ingredienti i CFC, che fuoriescono durante la produzione.

“Quello che stiamo suggerendo è che anche la creazione di questi HFC e HFO può avere un costo per l’ozono e per il clima, poiché durante la loro produzione possono essere rilasciati CFC che danneggiano l’ozono”, ha detto Western.

Gli altri due dei cinque CFC identificati dallo studio non hanno usi noti. Questo rende difficile capire la loro origine e come fermarne il rilascio.

Non è la prima volta, negli ultimi tempi, che una ricerca identifica un CFC in aumento. Uno studio del 2018 pubblicato su “Nature” ha riferito che un clorofluorocarburo noto come CFC-11 era in aumento dal 2012. Gli scienziati ne hanno poi rintracciato le emissioni in diverse regioni dell’Asia; circa la metà dell’aumento probabilmente proveniva dalla Cina orientale e poteva essere il risultato di una produzione di CFC non dichiarata.

Ricerche più recenti hanno poi rilevato che queste emissioni di CFC-11 hanno ricominciato a diminuire negli ultimi anni.

Il nuovo studio sottolinea l’importanza di un monitoraggio a lungo termine, ha dichiarato Western, soprattutto perché le sostanze che danneggiano l’ozono hanno spesso effetti anche sul clima oltre che sullo strato di ozono.

Le vaste reti di monitoraggio in alcune aree del mondo, tra cui l’Europa e il Nord America, aiutano gli scienziati a tenere traccia delle perdite di CFC. Ma le attività di monitoraggio sono più scarse in altre regioni, ha detto Reimann, coautore dello studio.

“Ci sono altre parti del mondo che sono meno coperte”, ha concluso Reimann. “Anche questo è un messaggio: dovremmo effettuare più misurazioni in altre zone del pianeta.”

 

Fonte: Le Scienze

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