Convivere con il Covid. Ma cosa vuol dire? E soprattutto, è possibile? Sì, ecco come. Senza arrivare a nuovi lockdown generalizzati.

Articolo del 21 Ottobre 2020

Il messaggio che sento di dover dare su Covid -19 è relativo al domani: domani reale e domani prossimo, senza addentrarmi nel domani remoto. E quindi partiamo dallo scenario attuale per capire cosa presumibilmente, in base alle conoscenze e all’esperienza, ci aspetta e cosa possiamo e dobbiamo fare per imparare a convivere con questo virus. A partire dalle nuove conoscenze accumulate in questi mesi che ci permettono di usare le misure di prevenzione in modo più efficace, mirandole a specifiche situazioni ed evitando interventi privi di un razionale logico.

Uno scenario attuale
Alcuni elementi mi aiutano:
1. Il virus è nuovo: non sembra esserci nella popolazione mondiale alcuna memoria protettiva causata da virus Corona confratelli dell’attuale, che avesse o possa significativamente contrastare l’andamento naturale dell’infezione.

2. Le indagini nazionali di sieroprevalenza ci indicano costantemente che meno del 5% della popolazione italiana possiede anticorpi IGG contro questo virus. Quindi il 95% della popolazione è suscettibile all’infezione. (1)

3. L’incidenza di “casi” è una combinazione di più elementi:
a. La sorveglianza attiva di contatti (circa il 75%) dei positivi
b. La presenza di sintomi nel restante 25%. (2)

4. La severità clinica dei casi con sintomi viaggia sul 5% di casi gravi, il 20% di casi con sintomi significativi, il restante 75% con sintomi lievi autolimitanti. Ma questi numeri tendono attualmente (Autunno 2020) a peggiorare nel tempo. (2)

5. La letalità dell’attuale picco epidemico è molto inferiore di quella osservata in primavera anche se sono rimasti uguali i fattori di rischio ad essa legati (Età media dei deceduti intorno agli 80 anni, comorbilità nel 95% dei deceduti), mentre si è significativamente ridotto il tempo tra primi sintomi e ricovero e sono oggettivamente migliorate le capacità diagnostiche e terapeutiche.

6. L’attuale curva epidemica dei positivi alla RTPCR mostra un andamento “scolastico” di epidemia: il virus appare percorrere indisturbato il suo andamento epidemico con la classica “salita della campana” con un tempo di raddoppio settimanale: se rispettasse la tradizionale durata bimestrale ne avremmo almeno fino a Natale 2020.

7. Anche questo picco epidemico non sarebbe sufficiente per costruire una herd immunity che protegga l’intera popolazione: rimarrebbe comunque una larga fetta della popolazione suscettibile e pronta per un andamento endemico dell’infezione, ma anche di ulteriori picchi epidemici.

8. Le severe misure di contenimento del lockdown primaverile e quelle successive ed attuali non sembrano influire significativamente sulla attuale curva epidemica, ma non si può escludere che ne riducano le dimensioni assolute: le evidenze scientifiche sull’efficacia di queste misure restano ancora misere.

9. Il Contact tracing, per definizione, è efficace quando il numero di casi indice è relativamente contenuto, diventa ogni giorno più difficile quando si hanno migliaia di nuovi infetti al giorno, come durante picchi epidemici. Purtroppo assistiamo all’inefficacia del contact tracing digitale: come in altri paesi europei la App digitale priva di Localizzazione produce risultati molto modesti.

10. Non vi sono chiari elementi sulla durata dell’immunità dei tamponi positivi: i positivi sviluppano anticorpi protettivi, ma troppo poco tempo è passato per parlare di una protezione di lunga durata, mentre le evidenze sulle infezioni da altri coronavirus cugini dell’attuale raccontano di una fragilità e brevità dell’immunità post infezione.

11. Tutti i Paesi del mondo adottano misure restrittive ed hanno fatto e fanno lockdown, possibile che tutti sbagliano?
Intanto non tutti i Paesi hanno fatto lockdown: per non andar troppo lontano basta vedere la Svezia (3): niente lockdown, niente seconda ondata, ridottissimi danni economici e sociali. Abbiamo già visto recentemente panico collettivo universale e ben poco giustificato: solo nell’ultimo ventennio vi ricordate la Sars 2003? Grandi danni economici e sociali per un impatto sanitario ben modesto (in Italia 4 casi e molti miliardi di euro persi), e l’aviaria del 2005?: crollo del mercato delle carni e del pollame e nessun caso; vi ricordate la pandemia influenzale 2009? Anche qui Londra invocava l’esercito per scavare fosse comuni, l’Italia ha speso miliardi in farmaci e vaccini, ma l’impatto è stato ben inferiore all’influenza stagionale. Si sono ripetuti scenari di panico collettivo ben sostenuto da opinioni di esperti sempre incollati agli scenari peggiori e da politici che, doverosamente, scelgono sempre il peggio per giustificare il loro ruolo di salvatori della Patria, il tutto ben manipolato dai media che trovano pabulum ideale per le loro quotidiane scorribande sulla paura dei lettori.

12. E le agenzie tecniche internazionali WHO, CDC.. .sbagliano tutte?
Assolutamente no, infatti tutte ammettono l’incertezza delle conoscenze su questa pandemia e la debolezza delle evidenze scientifiche sull’efficacia delle misure di contenimento.
Tuttavia queste agenzie parlano all’intero mondo, non alla singola città o regione, quindi necessariamente devono considerare gli scenari più estremi per offrire cautele generalizzabili a tutte le Nazioni. Non è poi certo loro compito l’applicazione concreta delle misure di contenimento né il tayloring di queste nelle specifiche situazioni.

13. Allora non è successo niente? Certamente l’attuale pandemia è causata da un virus nuovo che ha trovato l’intero globo suscettibile e quindi ha fatto e sta facendo gravi danni alla salute di tutti i Paesi: negarlo sarebbe irrazionale, tuttavia è realistico pensare che la persistenza della circolazione virale impone la riconsiderazione delle misure di risposta coscienti dell’ineluttabile evidenza di dover convivere col virus per tempi relativamente lunghi.

I vaccini
Vaccini anti COvid-19 efficaci e sicuri certamente saranno disponibili nel 2021, ragionevolmente a partire dall’estate 2021: alcune limitazioni sono prevedibili:
1. I vaccini agiranno per contenere il danno, non per controllare l’incidenza (è questa l’esperienza di tutti i virus respiratori umani ad origine zoonotica)

2. Dei 70 vaccini in pipeline nessuno si presenta come un coniugato capace di contrastare non solo la malattia, ma anche l’infezione (come quello per l’hemophilus Influenzae). (4)

3. Buona parte dei vaccini finora in cantiere richiede due dosi per raggiungere un significativo livello di anticorpi: quindi molti mesi saranno necessari per avere una reale barriera anticorpale di massa, se mai raggiungibile. (4)

4. L’efficacia del 100% contro l’infezione è altamente improbabile, quindi ci sarà sempre una coorte di vaccinati suscettibili all’infezione.

5. Tutti i trial di fase 3 in corso o in programma hanno una durata di pochi mesi, insufficiente per dimostrare una durata dell’immunità superiore al tempo di osservazione nel trial.

6. La previsione di un vaccino miracoloso, che risolve il problema COvid-19 è irrealistica e dannosa; abbiamo da vent’anni degli ottimi vaccini contro l’influenza stagionale efficaci fino al 90% contro l’influenza confermata, ne facciamo uso di massa, ma non modifichiamo di una virgola l’andamento stagionale delle epidemie influenzali.

I costi del contenimento
A questo punto bisogna valutare gli effetti collaterali delle misure di contenimento attuate ed in corso di attuazione.
Non v’è ancora una analisi comprensiva dei danni associati a queste misure, né appaiono ancora studi su questi aspetti, ma piovono dappertutto dati drammatici sui danni sociali ed economici concreti e palpabili subito, in assenza di studi sulle conseguenze future provocate dalle misure di contenimento.

L’elenco dei danni del lockdown è difficile da compilare: cure differite con conseguente aumento di morbidità e mortalità, attività preventive interrotte con perdita di significative quantità di anni di vita persi, perdite economiche da attività commerciali e produttive interrotte o fortemente ridotte, solo per citarne alcune.

Quelli che mi colpiscono di più sono tre:
1. La riduzione o sospensione delle attività didattiche: un danno ai nostri figli e nipoti presente e futuro di dimensioni incalcolabili.

2. L’espansione straordinaria dell’assistenzialismo di stato: si costruiscono generazioni di assistiti deprivati dell’iniziativa e della voglia di lavorare.

3. La conversione dei rapporti sociali fondamento della nostra storia: dalla fratellanza e solidarietà alla diffidenza ed alla delazione, dal prossimo fratello al prossimo nemico potenziale untore.

Le misure di contenimento sia totali ( Lockdown) che parziali hanno costi sociali molto alti che non sono rimpiazzabili dal continuo progressivo indebitamento di stato che ricadrà pesantemente sul nostro futuro e sulle prossime generazioni.

Quale scenario futuro?
Queste osservazioni configurano un quadro credibile di uno scenario nel prossimo futuro (2-3 anni ?) di andamento endemico dell’infezione con alternarsi di picchi epidemici, anche disponendo di vaccini efficaci.

Quindi impongono una ordinaria convivenza con quest’infezione analoga alle tante altre infezioni dell’apparato respiratorio con cui conviviamo da sempre.
Quindi un rientro ad una normalità responsabile e attrezata.

Accettare il rischio
La polmonite è causa, prima del Covid, di circa 15mila decessi l’anno, circa la 14esima causa di morte in italia circa 0,25 morti per mille abitanti; molte di queste polmoniti sono ad etiologia virale , dal virus influenzale ai tanti altri virus che prediligono l’albero respiratorio: una mortalità in lenta diminuzione nel tempo grazie alle migliori diagnosi e cure. (5)

La mortalià per Covid in italia è stata finora più del doppio di tutti i decessi per polmonite del recente passato, ma la speranza che il tremendo picco epidemico della primavera 2020 non si ripeta ed il virus si allinei alla mortalita “normale” degli altri virus respiratori circolanti nel nostro Paese.
In termini di morbosità i ricoveri per polmonite pre Covid sono dieci volte superiori, ed a questi si aggiungo i casi trattati a casa per un totale di almeno 300 mila casi/anno, cinque casi ogni mille abitanti ogni anno.

Al rischio “normale” di ammalarsi di polmonite o di morirne dobbiamo aggiungere le polmoniti da Covid, fiduciosi che il rafforzamento delle attività di prevenzione, diagnosi e cura diminuirà progressivamente questo rischio, sapendo anche che misure efficaci di contenimento sono valide anche per le polmoniti da virus non Covid.

Quali interventi? Una lista possibile
1. Proteggere i deboli:
a. Sorveglianza attiva nelle RSA
b. Vaccinazione Influenza e Covid (quando possibile)
c. Disponibilità di posti letto semi intensivi ed intensivi con elasticità di espansione

2. Sorveglianza sul territorio:
a. Potenziare i dipartimenti di prevenzione con nuovo personale e modalità operative flessibili
b. Lanciare elementi di formazione per il personale sanitario
c. Rinforzare il contact tracing tradizionale
d. Rendere disponibili test antigenici rapidi
e. Potenziare l’assistenza domiciliare
f. Potenziare il trasporto sanitario

3. Sulla scuola
a. Contenere il numero di studenti per classe
b. Potenziare le strutture scolastiche in termini di edifici, servizi, attrezzature digitali

4. Sulla comunità
a. Offrire vaccinazione gratuita a tutti per influenza e Covid (quando sarà)
b. Mantenere campagne nazionali di comunicazione sui rischi infettivi
c. Implementare misure di prevenzione (distanziamento e mascherine) tra i contatti dei Covid positivi.

5. Più Intelligence
Le conoscenze sul Covid-19 sono enormemente cresciute negli ultimi sei mesi aggiungendo importanti mattoni alle misure di prevenzione e controllo dell’infezione. Abbiamo ancora pochi strumenti di intervento ma le nuove conoscenze ci permettono di usare queste misure in modo più efficace mirandole a specifiche situazioni ed evitando interventi privi di un razionale logico.

Così sarebbe possibile ridurre sostanzialmente la massa delle misure di controllo generalizzate a favore di interventi mirati specifici per area geografica e situazione di popolazione. La guida a questi interventi dovrebbe essere la costante lettura dei dati epidemiologici che pure quotidianamente si raccolgono localmente ed a livello nazionale. Ricordiamoci che le misure di contenimento che oggi sono datate (fino al 31 dicembre) di fatto dovranno essere prorogate per tempi ben più lunghi delle attuali date.

Alcuni esempi:
– un mese di apertura delle scuole non ha portato un rimbalzo della curva epidemica: i milioni di contatti nelle scuole hanno provocato un numero di contatti positivi inferiore a quello degli ambiti familiari o altri ambienti collettivi. Quindi non ha senso chiudere le scuole, tantomeno chiuderne alcuni settori, mentre ha senso isolare i contatti stretti di casi.

– Fabbriche e luoghi di lavoro non hanno contribuito significativamente all’attuale endemia, non ha senso restringerne le attività.

– La misurazione della temperatura corporea non gode di alcuna valutazione di efficacia, nonostante praticata miliardi di volte negli ultimi sei mesi : perché mantenerla? (6)

– Non si è raccolta evidenza di contagi causati dal semplice contatto con oggetti e superfici in ambiti non sanitari: perché insistere nelle desuete pratiche di disinfezione sistematica di oggetti, superfici ed ambienti non sanitari?

– Il mondo dei trasporti è stato devastato dal covid, ma che evidenza abbiamo raccolto sul documentato rischio di infettarsi su un bus o un treno? Quanti casi di positivi abbiamo identificato che molto presumibilmente si sono contagiati su un mezzo di trasporto? Se la risposta è molto magra perché non cogliere l’occasione per migliorare i servizi, avere più mezzi di trasporto con più frequenze, avere posti numerati, ma non ridurre o bloccare le capienze. (7)

– Difficile pensare che la variazione di ora di accesso a bar e ristoranti possa avere un effetto mitigante il rischio di contagio: vi sono dati che indicano orari di accesso più a rischio di trasmissione?

– La riduzione a tutti i costi della densità di individui in specifici luoghi è testimonianza della incapacità di mantenere attivo il distanziamento sociale tra le persone: conviene investire nell’applicazione normale di questa misura efficace.

– Nel mondo del commercio al dettaglio non sono state raccolte evidenze di clusters epidemici, d’altra parte il libero accesso ai negozi e mercati alimentari non sembra abbia avuto un ruolo nel propagarsi dell’infezione, quindi qual è la differenza tra il rischio in una salumeria ed un negozio di scarpe? Fatto salvo misure di decente ordinato accesso non si capiscono ulteriori restrizioni.

– La stragrande maggioranza dei nuovi positivi ha origine in famiglia: conviene quindi insistere in attività di comunicazione e formazione sui rischi intrafamiliari, in particolare sulla responsabilità di individui con sintomi potenzialmente indicativi di un infezione da Covid e sulla adeguata assistenza domiciliare, l’isolamento, la vaccinazione antiinfluenzale, il pronto intervento di contact tracing.

– Il mondo dello sport vede una incidenza molto modesta di nuovi positivi, e la quasi totale assenza di casi clinicamente severi, ma i pochi positivi fanno molto rumore tanto da bloccare le attività : di fatto gli sportivi sono in gran parte giovani ed in buonissima salute , quindi persone a bassissimo rischio di ammalarsi severamente di COvid-19.

Donato Greco
Medico specialista in Malattie Infettive e Tropicali, Igiene e Medicina Preventiva e Statistica Sanitaria, già Direttore Centro Nazionale Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute Istituto Superiore di Sanità e poi Direttore Generale Prevenzione Sanitaria Ministero Salute

 

FonteQuotidianoSanità.it