Luce blu e abitudini alimentari da dimenticare: i nemici del nostro benessere in smart working.
Articolo del 09 Novembre 2020
I tempi in cui avere uno schermo davanti, o magari un paio di cuffie, comodi a casa, voleva dire relax e comodità sono finiti. O meglio, non significano esclusivamente divertimento. Da supporto per godersi un film o della buona musica, tv, computer, tablet sono divenuti, durante il lockdown e ora con le nuove esigenze di contenimento del contagio da Covid19, strumenti irrinunciabili. La tecnologia “ai tempi del Coronavirus” è innovativa e spinta a cercare le migliori strategie per una comunicazione ottimale, sia per lo smart working che per la didattica a distanza ma rischia di sottoporre il nostro corpo ad uno stress mai osservato prima. Ciò che balza immediatamente in cima alla lista dei potenziali “contro” sono gli effetti sulla salute oculare. Trascorrere, infatti, molto tempo davanti ad uno schermo ha effetti dannosi, che si manifestano, a livello oculare, con bruciore, secchezza, stanchezza e arrossamento. «L’esposizione prolungata alla luce blu» spiega il dottor Claudio Savaresi, Primario Unità Operativa Oftalmologia Policlinico San Marco – Zingonia (BG) «comporta dislacrimia, ovvero un’eccessiva evaporazione lacrimare e interferisce con la corretta lubrificazione oculare». La luce, tra cui la cosiddetta luce blu (che rientra nel campo della luce visibile ad alta energia, HEV) influisce non poco sull’attività del nostro organismo: in presenza di forte illuminazione esterna, tendenzialmente di giorno, il nostro corpo secerne serotonina, l’ “ormone della felicità”, e cortisolo: entrambi ci mantengono svegli e attivi. Se il nostro occhio è sottoposto all’interferenza della luce blu anche in orari notturni, o dopo il tramonto, la produzione dell’ormone contrario, la serotonina, che induce il rilassamento, risulta diminuita. Ecco perché, spiega il dottor Savaresi «l’assorbimento da parte della retina di luce blu nelle ore precedenti il sonno genera impulsi nocivi e interferisce con la corretta produzione di melatonina. L’ormone in questione è responsabile del sonno e la carenza di esso genera scompensi al ciclo circadiano». Insomma il rischio è che il tempo prolungato in compagnia dello schermo incida anche sul nostro riposo, inducendo il nostro organismo a scambiare la notte per il giorno e inibire il rilassamento. Nel lungo periodo, inoltre, l’irraggiamento da luce blu può determinare l’invecchiamento dei tessuti oculari e quindi anche della retina, del cristallino e del vitreo. L’ideale sarebbe riuscire a separarci dagli strumenti retroilluminati qualche ora prima del sonno e prediligere passatempi di altro tipo. Al problema, però, esistono alcuni rimedi, strategie per aiutare i nostri occhi. Per prima cosa bisogna assicurarsi di lavorare, leggere, giocare con i dispositivi in un ambiente illuminato in maniera corretta da una fonte centrale. Sbattere frequentemente le palpebre, inoltre, è molto utile perché permette una corretta distribuzione del film lacrimare, in quanto fissando in maniera continuata lo schermo si può incorrere in una carenza. Se la lacrimazione non è sufficiente, infatti, e si verifica la dislacrimia di cui sopra, il rischio è una visione annebbiata e ostacolata dai fastidi elencati poco sopra. «Si può ricorrere» suggerisce il dottor Savaresi «all’utilizzo di colliri o, meglio ancora, spray. In questo modo si ripristinano i lipidi del film lacrimare». Anche gli occhiali provvisti di lenti anti-luce blu sono un valido aiuto in tal senso, fungendo da filtro. Un’accortezza fondamentale è, inoltre, la distanza dallo schermo e la posizione di esso: generalmente 50-80 cm a separarci dal monitor sono utili a favorire non solo una buona visione ma anche una corretta postura; per quanto riguarda la posizione del device, invece, bisogna assicurarsi che sia perfettamente di fronte all’osservatore, senza costringere l’occhio ad una visione lateralizzata. Attenzione anche ai riflessi: che si tratti di luce naturale o artificiale è bene non averla mai contro lo schermo, la difficoltà di individuare l’immagine affaticherà l’occhio. È necessario, infine, ogni tanto volgere lo sguardo lontano, in questo modo si elimina il rischio di “disimparare” ad adattare la visione alle situazioni. Se, infatti, fissiamo troppo a lungo un display i nostri occhi non hanno la possibilità di rilassarsi e perdono la capacità di accomodarsi rapidamente a distanze diverse.
Un ulteriore rischio connesso allo smart working è il fattore sedentarietà. Non ci muoviamo come prima, questo è un dato di fatto: se prima ci si spostava quanto meno per raggiungere l’ufficio, ora lavorare da casa implica una riduzione dell’attività fisica, che si esaurisce nel semplice tragitto scrivania, cucina, divano. Oltre ai problemi posturali che possono sorgere, dati dal lungo tempo trascorso in posizioni scorrette, essere sedentari impatta anche sulle abitudini alimentari, con il rischio di sfociare in problemi di sovralimentazione o alimentazione di scarsa qualità, generando anche il rallentamento del metabolismo. Come spiega la dottoressa Caterina Cellai – Dietista e specialista in Alimentazione e Nutrizione Umana presso la clinica di medicina e chirurgia estetica Juneco di Milano City Life – spostamenti ridotti e più tempo fermi in casa, implicano necessariamente un dispendio energetico inferiore: «il sovrappeso è un rischio concreto quando ad una diminuzione di dispendio energetico non c’è un adeguamento dell’alimentazione o comunque le calorie assunte eccedono quelle consumate. Ad un cambiamento nelle abitudini è necessario un bilanciamento dal punto di vista alimentare». Anche chi prima era abituato a concedersi sgarri per via di molteplici occasioni mondane vede modificarsi la propria routine: stare di più a casa implica concedersi pasti più salutari e una notevole diminuzione del consumo di alcol. Attenzione, però, al cosiddetto “emotional eating”, la ricerca di alimenti appetibili e soddisfacenti, qualsiasi ora del giorno sia. Chi di noi non ha mai avuto un’improvvisa voglia di dolce o salato? Tutto normale, ma se in casa si ha una scorta di dolci e snack è facile scivolare più volte nella tentazione, tanto più se si trovano a distanza di…un corridoio. Un consiglio? Riempire il frigo di frutta e verdura, evitando le corsie “incriminate” al supermercato e, perché no, fare degli spuntini salutari avendo cura nel prepararli.
Lo stare a casa anziché in ufficio può essere un vantaggio dal punto di vista del tempo dedicato all’alimentazione, basti pensare agli snack che si consumano in ufficio tra una telefonata e un’altra o ai pranzi veloci e poco salutari tipici di una giornata lavorativa frenetica. Non dovere correre la mattina tra ritardi, mezzi e traffico è un ottimo aiuto per concedersi anche la colazione in maniera sana e tranquilla e riuscire ad iniziare la giornata con l’apporto dei giusti nutrienti. Come spiega l’esperta, infatti, «la colazione è importantissima anche per regolare il senso della fame. Il consiglio è prediligere carboidrati a ridotto contenuto di grassi, cereali integrali e yogurt di soia, nutrienti e soddisfacenti. Per aiutare la concentrazione, poi, è un toccasana una manciata di frutta secca».
Avere più tempo e meno vincoli di orari, inoltre, ci permette di fare più attenzione a cosa si consuma a pranzo, prediligendo cibi più genuini e preparati al momento, meglio freschi che surgelati, e concedendosi anche il tempo per consumarli con più calma. Questo vale anche per quelle preparazioni che di solito si evitano perché troppo dispendiose in termini di tempo ma molto utili al benessere del nostro organismo, come i legumi. È necessario anche prendersi il giusto tempo per mangiare. In pausa pranzo è importante staccare dal lavoro e dal computer per concedersi un momento per sé: non bisogna dimenticare di lasciare al nostro cervello il tempo per elaborare il senso di sazietà.
«La regola d’oro» suggerisce la dottoressa Cellai «è riuscire ad avere un’alimentazione ricca fondata sui giusti nutrienti. Importantissimi sono frutta e verdura fresca, preferibilmente di stagione, pochi zuccheri “cattivi” e pochi grassi. I carboidrati buoni come riso, farro, orzo non devono mancare così come le proteine. A cena meglio preferire queste ultime ai carboidrati, alternando quelle di tipo animale come carni bianche e pesce ai legumi. Per quanto riguarda la cottura l’ideale sarebbe quella a vapore, ove possibile, per mantenere intatte il più possibile le proprietà di frutta e verdura».
E per quanto riguarda la frequenza dei pasti? Come sottolinea l’esperta bisogna valutare le abitudini precedenti: se si soffre, per esempio, di attacchi di fame è meglio prevenire le abbuffate intervenendo con “spezza fame” bilanciati, come frutta e centrifugati vegetali che, per di più, sono ricchi di vitamine.
Fonte: Pianeta Salute