I driver genetici sanno neutralizzare parassiti e malattie
Articolo del 08 Dicembre 2020
I driver genetici possono influenzare enormemente la trasmissione alla progenie di tratti genetici specifici e desiderati. I benefici immediati forse più evidenti si hanno nella lotta alle malattie trasmesse da insetti-vettori, tra le quali la malaria e altre malattie virali come la febbre dengue (zanzare), la malattia di Chagas (punture di cimici triatomine), la malattia del sonno (mosca tse-tse) e la leishmaniosi (mosche della sabbia). Tutte insieme, queste patologie uccidono quasi un milione di persone ogni anno e ne affliggono ancora di più.
Sono state sviluppate due vaste tipologie di sistemi basati sui driver genetici, capaci di trasmettere a vari livelli i propri tratti vantaggiosi. Il più efficace, detto di «bassa soglia» (perché sufficiente un numero limitato di individui per innescare il processo di propagazione genetica), è anche il più promettente per applicazioni prolungate su scala continentale. Una variante meno efficace di questi sistemi (ad «alta soglia») consente invece di controllare a livello locale i vettori di malattie o i parassiti delle colture.
Il mio gruppo di lavoro ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo di driver genetici altamente performanti e a bassa soglia basati sulla tecnologia di editing genomico nota come Crispr, le cui ideatrici Jennifer Doudna e Emmanuel Charpentier hanno ricevuto il Premio Nobel per la Chimica 2020. Questi driver genetici funzionano tagliando in modo sequenziale e poi riparando i genomi delle zanzare in modo tale che l’elemento del gene-direzionale venga copiato da un cromosoma all’altro all’interno delle cellule riproduttive degli insetti, facendo sì che la quasi totalità della progenie erediti quel driver genetico.
Questi acceleratori per la diffusione di geni possono essere impiegati nella lotta globale alla malaria con due finalità: di soppressione, cioè per ridurre o eliminare popolazioni di zanzare portatrici della malattia (l’equivalente genetico di un insetticida), oppure di sostituzione, cioè per diffondere geni protettivi che rendano le zanzare incapaci di ospitare, far sopravvivere e trasmettere l’agente patogeno.
I nuovi driver genetici di seconda generazione sono in grado di gestire in modo efficace sia la soppressione sia la modificazione delle popolazioni di zanzare. I driver di soppressione sviluppati dal team di ricerca guidato da Andrea Crisanti all’Imperial College di Londra, ad esempio, possono diffondere geni di infertilità all’interno delle popolazioni di insetti, causandone il collasso. In alternativa, i driver di modificazione sviluppati nei laboratori di Anthony James e nei miei riescono a veicolare rapidamente in una «popolazione target» alcuni geni che bloccano la trasmissione dei parassiti della malaria e che vengono poi stabilmente trasmessi alle generazioni successive.
Una proprietà intrinseca dei driver genetici più efficaci, che è poi anche la loro dote principale, è che, una volta messi in circolazione, possono continuare a propagarsi senza il bisogno di integrazioni o interventi periodici (anche se può accadere che i driver di soppressione debbano essere inseriti una seconda volta, nel momento in cui nuove zanzare arrivano in una zona dove erano state eliminate, allo stesso modo in cui gli insetticidi vanno applicati ripetutamente). Questa abilità dei driver genetici li differenzia da altri organismi geneticamente modificati che tendono semplicemente a restare dove sono stati posizionati, cosa di cui peraltro non vi è alcuna garanzia, come dimostrato dall’abbondanza di specie invasive introdotte in numero limitato in alcune aree e che tuttavia sono riuscite a proliferare e ad espandersi in ambienti non nativi.
È comprensibile che questa nuova capacità dei driver genetici di diffondersi attraverso intere popolazioni abbia destato preoccupazione e sollevato un importante dibattito tanto nella comunità scientifica quanto nell’opinione pubblica. Il problema principale che spesso emerge è che non si sa ancora abbastanza sul comportamento di questi geni per essere certi che non abbiano effetti indesiderati una volta messi in circolazione. E, inoltre, semmai dovessero averne, come potremmo sbarazzarcene?
Rispetto al primo punto, ovvero le potenziali conseguenze non volute della tecnologia «gene-drive», un attento esame di queste tecnologie da parte dell’Accademia Nazionale delle Scienze nel 2016 ha concluso che fossero necessarie ulteriori ricerche per valutarne le prestazioni e i rischi connessi, come la diffusione nel genoma da un luogo all’altro o tra specie strettamente correlate (trasmissione orizzontale). Benché questi temi non siano stati affrontati in modo esaustivo, dalla mole considerevole di studi pubblicati dopo il report dell’Accademia non sono emersi fattori di preoccupazione su nessuna delle due eventualità.
E per quanto riguarda l’eliminazione di driver indesiderati dopo che sono stati messi in circolazione? Dovremmo adottare una politica di prevenzione realizzando sistemi di neutralizzazione dei driver prima di decidere il rilascio di uno di questi geni? Su questo punto sono completamente d’accordo con quanto raccomandato dall’Accademia Nazionale delle Scienze, ovvero di non fare affidamento sui sistemi di neutralizzazione per eliminare un driver genetico. A mio avviso, se si nutrono serie preoccupazioni circa la sicurezza di uno di questi geni non lo si dovrebbe proprio utilizzare, fin dall’inizio. Rilasciare un secondo sistema di neutralizzazione dei driver complicherebbe solo il problema, a causa di potenziali interazioni non programmate fra il driver e i sistemi di neutralizzazione. Ciononostante, sistemi di questo tipo sono stati effettivamente già progettati e due di essi, sviluppati dal mio gruppo di ricerca, si sono dimostrati particolarmente promettenti sia per la cancellazione e sostituzione di un sistema di driver genetici sia per l’arresto della sua ulteriore diffusione.
Credo che procedere o meno nell’impiego di un driver genetico, in modo graduale e sulla base di criteri ben ponderati delineati da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e di altri enti analoghi, dipenda in ultima analisi dalle caratteristiche dello specifico sistema sviluppato. Lo studio dell’Accademia Nazionale delle Scienze sulla tecnologia «gene-drive» ha convenuto su questo aspetto, cioè sull’esaminare ogni driver genetico caso per caso. Una delle considerazioni principali nel processo di valutazione riguarda il rapporto rischi/benefici, ovvero decidere se i benefici previsti (come ad esempio salvare molte delle oltre 400 mila persone, soprattutto bambini, che ogni anno muoiono di malaria) superano i possibili rischi (che in questo caso sono vaghi e ipotetici).
Un altro elemento chiave è il coinvolgimento, costante e trasparente, del pubblico con gli enti decisionali governativi e locali incaricati di valutare l’eventuale impiego di driver genetici per aiutare a risolvere problemi di salute pubblica di particolare gravità. Si tratta di procedure eticamente e socialmente salutari e avvedute, necessarie a garantire un’equa e sicura implementazione dei driver genetici per ridurre la sofferenza e migliorare il benessere umano.
Fonte: La Stampa