Una dose di un vaccino e una di un altro: ma funziona?
Articolo del 04 Gennaio 2021
Nel Regno Unito si potrà somministrare il vaccino anti-covid con un “regime misto”: si punta a inoculare almeno una dose a più persone possibili.
Se una dose dello stesso vaccino anti-covid ricevuto in precedenza non sarà disponibile, nel Regno Unito sarà possibile riceverne una seconda di un vaccino diverso: nei giorni caotici dell’inizio della campagna vaccinale in tutto il mondo, la Gran Bretagna ha dato senza clamore il via libera a un regime misto nella somministrazione del siero immunizzante.
La decisione ha però sollevato un pandemonio all’interno della comunità scientifica, perché non esiste alcuno studio scientifico su sicurezza, efficacia e durata della protezione di questo approccio ibrido alla vaccinazione anti CoViD-19.
A MALI ESTREMI. Secondo le nuove linee guida seguite nel Paese, che oltre al vaccino di Pfizer ha di recente approvato quello di Oxford e AstraZeneca, “dovrà essere compiuto ogni tentativo possibile” per completare un regime di dosaggio con lo stesso tipo di siero. Ma qualora “lo stesso vaccino non fosse disponibile, o non si conoscesse il primo ricevuto, è ragionevole offrire una dose del prodotto disponibile in loco” per il richiamo. L’opzione viene considerata preferibile se la persona da vaccinare è a rischio immediato, o se si pensa che difficilmente si presenterà una terza volta. Poiché tutti i vaccini in distribuzione prendono di mira la proteina Spike del coronavirus “è probabile che la seconda dose aiuti a rafforzare la risposta alla prima”.
COME IN GUERRA. Le nuove indicazioni sono da leggersi in un contesto sanitario piegato dalla diffusione della più contagiosa e ormai prevalente “variante inglese” del coronavirus. Nonostante le restrizioni agli spostamenti delle ultime settimane, il Paese conta ormai circa 55.000 nuovi casi di contagio al giorno, e per alcuni epidemiologi l’opportunità di garantire una protezione parziale alla platea più ampia possibile di popolazione anziché una protezione ottimale a meno persone è in questo momento preferibile.
UNO VALE L’ALTRO? Come però specificano i CDC americani, “i vaccini non sono intercambiabili e la sicurezza e l’efficacia di serie a base di prodotti misti non sono garantite. Entrambi i dosaggi della serie dovranno essere completati con lo stesso prodotto”, indicazione precisata tra l’altro dalle stesse case farmaceutiche. Le rigorose sperimentazioni scientifiche condotte fin qui si sono basate su una doppia dose di uno stesso vaccino, e non esistono dati sugli effetti e l’efficacia di un regime misto.
I vaccini di Oxford e Pfizer allenano il sistema immunitario a riconoscere il nuovo coronavirus in modo un po’ diverso. Mentre quello di Pfizer introduce una molecola di mRNA all’interno di bolle lipidiche (per approfondire), quello di Oxford presenta all’organismo le istruzioni genetiche per formare la Spike (sotto forma di DNA) sfruttando l’involucro di un adenovirus, un virus del raffreddore reso non infettivo. Entrambi i vaccini presi singolarmente garantiscono una parziale immunità alla covid già dopo la prima dose; ma per entrambi è necessaria la seconda dose per offrire un’elevata protezione, e non è detto che ricevendo un secondo vaccino che ha ingredienti diversi questi benefici siano confermati. Il rischio è di pasticciare su efficacia e sicurezza in piena pandemia – e a questo punto, a cosa servono gli studi scientifici controllati?
COMINCIAMO DA UNA. A creare ulteriore confusione c’è inoltre il fatto che il Regno Unito ha deciso di procedere col somministrare una prima dose dei due vaccini disponibili al maggior numero di persone possibile, senza necessariamente conservare per quelle stesse persone la seconda. Anche in questo caso l’obiettivo è immunizzare parzialmente molte persone, ma con la scarsità di dosi al momento disponibili il rischio è che trascorrano anche 12 settimane tra il primo e il secondo vaccino.
Decisamente spiazzati dall’approccio della politica, alcuni scienziati, pur riconoscendo l’estrema emergenza dietro questa decisione, chiedono almeno che si raccolgano i dati di questa “sperimentazione”, trasformando l’anomala campagna vaccinale in uno studio scientifico su scala nazionale, così “se qualcosa non va sapremo almeno il perché”, afferma in un tweet Giorgio Gilestro (vedi sotto), dell’Imperial College di Londra.
COMINCIAMO DA UNA. A creare ulteriore confusione c’è inoltre il fatto che il Regno Unito ha deciso di procedere col somministrare una prima dose dei due vaccini disponibili al maggior numero di persone possibile, senza necessariamente conservare per quelle stesse persone la seconda. Anche in questo caso l’obiettivo è immunizzare parzialmente molte persone, ma con la scarsità di dosi al momento disponibili il rischio è che trascorrano anche 12 settimane tra il primo e il secondo vaccino.
Decisamente spiazzati dall’approccio della politica, alcuni scienziati, pur riconoscendo l’estrema emergenza dietro questa decisione, chiedono almeno che si raccolgano i dati di questa “sperimentazione”, trasformando l’anomala campagna vaccinale in uno studio scientifico su scala nazionale, così “se qualcosa non va sapremo almeno il perché”, afferma in un tweet Giorgio Gilestro (vedi sotto), dell’Imperial College di Londra.
Fonte: Focus