Via libera dalla Conferenza Stato-Regioni al nuovo Piano pandemico. Mascherine e distanziamento utili anche per l’influenza. Per attuarlo le risorse saranno extra Fondo sanitario
Articolo del 26 Gennaio 2021
Individuate quattro fasi pandemiche e per ognuna dettate le cose da predisporre e fare. E la mascherina e le altre miusre preventive per il Covid si consigliano anche durante le pandemie da virus influenzali. Il Piano dovrà essere aggiornato ogni 3 anni ma dei ritocchi potranno essere fatti anche prima su richiesta delle Regioni. Confermata la scomparsa l’indicazione agli operatori sulla selezione dei pazienti in caso di carenza di risorse anche se resta il richiamo etico al problema.
“Preparedness e Readiness” ovvero “Preparazione e Prontezza”: sono queste le due parole chiave per una buona risposta ad una pandemia e su queste due parole si basa anche il Nuovo Piano pandemico influenzale 2021-2023 approvato oggi dalla Stato-Regioni in una versione leggermente rivista rispetto alla seconda bozza circolata la settimana scorsa. Le novità principali sono sostanzialmente due: la prima riguarda le risorse dove il Governo ha accettato la modifica richiesta dalle Regioni di fare in modo che le risorse per affrontare una nuova pandemia non siano aggiuntive rispetto a quelle del Fondo sanitario nazionale. .
Altra richiesta accolta è quella di prevedere un aggiornamento periodico dei contenuti del Piano e in ogni caso a procedere all’aggiornamento, su richiesta delle Regioni e delle Province autonome, anche con una tempistica diversa dalla cadenza individuata di 3 anni.
Confermata anche nella versione finale la modifica nella parte riguardante gli aspetti etici che nella prima bozza aveva fatto discutere molto per un passaggio, del resto già oggetto di molti commenti fin dal marzo scorso quando furono elaborate le prime Raccomandazioni della Siaarti sulla selezione per l’acceso alle terapie intensive dei pazienti Covid, era quello dove si leggeva che “quando la scarsità rende le risorse insufficienti rispetto alle necessità, i principi di etica possono consentire di allocare risorse scarse in modo da fornire trattamenti necessari preferenzialmente a quei pazienti che hanno maggiori probabilità di trarne beneficio”.
Nella versione finale il concetto resta ma è formulato in modo molto meno deterministico rimandando tutta la tematica alle riflessioni formulate nell’aprile scorso dal Comitato nazionale di Bioetica e sottolineando alla fine che in ogni caso “il medico (o l’operatore sanitario), agendo in scienza e coscienza, valuta caso per caso il bisogno clinico dei pazienti secondo i criteri clinici di urgenza, gravosità e efficacia terapeutica, nel rispetto degli standard dell’etica e della deontologia professionale” e che “gli interventi si basano sulle evidenze scientifiche e sono proporzionati alle condizioni cliniche dei pazienti, dei quali è tutelata la dignità e riconosciuta l’autonomia”.
Insomma un passo indietro rispetto a una formulazione interpretata dai più come già in qualche modo “vincolante” per gli operatori che si dovessero trovare un domani in una situazione simile a quella in cui anche l’Italia si trovò nella prima fase della pandemia Covid, con poche risorse tecnologiche e terapeutiche a disposizione.
Risolto in qualche modo questo delicato passaggio, il Piano, che dovrà essere aggiornato ogni 3 anni, si struttura partendo per l’appunto dalla declinazione del concetto di “preparedness nelle emergenze infettive di sanità pubblica” che, si spiega, “comprende tutte le attività volte a minimizzare i rischi posti dalle malattie infettive e a mitigare il loro impatto durante una emergenza di sanità pubblica, a prescindere dalla entità dell’evento (locale, regionale, nazionale, internazionale)”.
“Durante una emergenza infettiva di sanità pubblica – sottolinea il Piano – sono richieste capacità di pianificazione, coordinamento, diagnosi tempestiva, valutazione, indagine, risposta e comunicazione”.
Tutte cose che l’OMS definisce come readiness ovvero “la capacità di rispondere in modo tempestivo ed efficace alle emergenze/disastri mettendo in pratica le azioni realizzate nella preparedness”.
I principi generali cui si deve ispirare una buona preparazione
La preparedness alle pandemie è più efficace se si basa su principi generali che guidano la pianificazione della preparazione a qualsiasi minaccia per la salute pubblica.
In particolare:
▪ per quanto possibile, la preparazione alle pandemie dovrebbe mirare a rafforzare i sistemi esistenti piuttosto che a svilupparne di nuovi, in particolare le componenti dei sistemi nazionali di prevenzione e controllo dell’influenza stagionale;
▪ i nuovi sistemi che saranno implementati durante una pandemia dovrebbero essere testati durante il periodo inter pandemico;
▪ devono essere stanziate risorse adeguate relativamente a tutti gli aspetti della preparazione e della risposta alla pandemia;
▪ la risposta alla pandemia richiede lo sviluppo di piani di continuità operativa che coinvolgano tutti gli altri settori che potrebbero essere colpiti da una pandemia.
▪ la risposta a una pandemia deve essere basata su evidenze, se disponibili, e commisurata alla minaccia, in conformità con il RSI. La pianificazione dovrebbe essere basata su pandemie di diversa gravità, mentre la risposta si basa sulla situazione reale determinata dalle valutazioni dei rischi nazionali e globali.
L’organizzazione: il Ministero della Salute al centro della macchina
Il Ministero della salute – spiega il Piano – “assume compiti di indirizzo e coordinamento, nonché di costante verifica e monitoraggio della capacità operativa delle regioni in relazione agli obiettivi strategici del piano pandemico, fermo restante le incombenze e i compiti che la riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale 3 ottobre 2001) assegna a Stato e Regioni”.
Tale azione di monitoraggio e verifica è esercitata anche in relazione agli obblighi internazionali in tema di salute pubblica, prevenzione e controllo delle malattie infettive ( art. 168 TFUE, decisione 1082/2013/UE).
Per il coordinamento operativo delle misure adottate, il Ministero della Salute si avvale della collaborazione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e del coordinamento delle Regioni/PA per coordinare e affidare compiti di analisi e gestione dei rischi.
Le Regioni assicurano l’attuazione degli interventi, secondo l’organizzazione definita nei piani regionali.
In presenza o in previsione di un evento che in ragione di intensità ed estensione debba essere fronteggiato con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei Ministri può deliberare lo stato di emergenza di rilievo nazionale (art. 24 del Decreto legislativo n.1 del 2 gennaio 2018).
Quando scatta lo stato di emergenza
In seguito alla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale, il Dipartimento della protezione civile assicura e coordina il concorso delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della Protezione Civile all’attuazione della strategia operativa, avvalendosi del Comitato operativo della Protezione Civile.
Per quanto riguarda nello specifico la richiesta e la disponibilità di risorse sanitarie regionali, il coordinamento è assicurato tramite la rete dei referenti sanitari (RSR) per le grandi emergenze, di cui alla Direttiva del Presidente del Consiglio del 24 giugno 2016.
Gli obiettivi generali del Piano
L’obiettivo generale del Piano Pandemico Influenzale è rafforzare la preparedness nella risposta ad una futura pandemia influenzale a livello nazionale e locale, in modo da:
1. Proteggere la popolazione, riducendo il più possibile il potenziale numero di casi e quindi di vittime della pandemia in Italia e nei cittadini italiani che vivono all’estero.
2. Tutelare la salute degli operatori sanitari e del personale coinvolto nell’emergenza.
3. Ridurre l’impatto della pandemia influenzale sui servizi sanitari e sociali e assicurare il mantenimento dei servizi essenziali.
4. Preservare il funzionamento della società e le attività economiche.
Gli obiettivi specifici
Il Piano contempla 4 sotto obiettivi specifici:
▪ Pianificare le attività in caso di pandemia influenzale.
▪ Definire ruoli e responsabilità dei diversi soggetti a livello nazionale e regionale per l’attuazione delle misure previste dalla pianificazione e altre eventualmente decise.
▪ Fornire strumenti per una pianificazione armonizzata regionale per definire ruoli e responsabilità dei diversi soggetti a livello regionale e locale per l’attuazione delle misure previste dalla pianificazione nazionale e da esigenze specifiche del territorio di riferimento.
▪ Sviluppare un ciclo di formazione, monitoraggio e aggiornamento continuo del piano per favorire l’implementazione dello stesso e monitorare l’efficienza degli interventi intrapresi.
Gli aspetti etici
Il Piano Pandemico influenzale “non può prescindere dal fare riferimento ad alcuni principi e valori di carattere etico e bioetico che devono guidare le politiche pubbliche su salute e sanità e orientare la condotta degli operatori”.
Da qui l’affermazione che “in un contesto di risorse scarse in sanità quale quello che grava sui sistemi sanitari di tutto il mondo, pur con accentuazioni diverse nei diversi Paesi, considerata la particolare scarsità creata dall’impatto sul SSN della pandemia attuale, severa e inattesa, medici e operatori sanitari potrebbero trovarsi a dover prendere decisioni cliniche eticamente impegnative”.
Come abbiamo detto, in questa nuova versione non si indica già una opzione da attuare dinanzi a scenari e situazioni di scarsità di risorse ma si rimanda al Parere del Comitato Nazionale per la Bioetica (PDCM) “Covid19: La decisione clinica in condizioni di carenza di risorse e il criterio del triage” (pagg. 5-11; 2020).
E in ogni caso si sottolinea che “il medico (o l’operatore sanitario), agendo in scienza e coscienza, valuta caso per caso il bisogno clinico dei pazienti secondo i criteri clinici di urgenza, gravosità e efficacia terapeutica, nel rispetto degli standard dell’etica e della deontologia professionale; gli interventi si basano sulle evidenze scientifiche e sono proporzionati alle condizioni cliniche dei pazienti, dei quali è tutelata la dignità e riconosciuta l’autonomia”.
I vaccini
“I vaccini – si legge nel Piano – sono le misure preventive più efficaci, con un rapporto rischi/benefici particolarmente positivo, ed hanno un valore non solo sanitario, ma anche etico intrinseco di particolare rilevanza”.
“La loro distribuzione deve rispondere a criteri trasparenti, motivati e ragionevoli, e deve rispettare i principi etici e costituzionali di uguaglianza ed equità, bilanciando i rischi diretti e indiretti con specifica attenzione a evitare un impatto negativo per chi è più vulnerabile sul piano bio-psico-sociale”, si aggiunge sottolineano poi che “i benefici e gli eventuali limiti della vaccinazione devono essere spiegati con chiarezza ai cittadini, anche sottolineando che i vaccini non sostituiscono la prevenzione mediante altre misure atte a garantire nelle pandemie il contenimento della diffusione e protezione dal virus”.
Le 4 diverse fasi di una pandemia con cui fare i conti
Le fasi dell’influenza pandemica riflettono la valutazione del rischio dell’OMS sulla situazione globale relativa a ciascun virus dell’influenza con potenziale pandemico che infetti l’uomo.
Queste valutazioni, spiega il Piano, “vengono fatte inizialmente, quando tali virus vengono identificati, e aggiornate sulla base di nuovi dati virologici, epidemiologici e clinici”.
L’OMS ha definito 4 fasi, che corrispondono alla progressione dell’epidemia nel territorio nazionale o locale e agli obiettivi di gestione della crisi, che possono essere utilizzati per tenere conto delle diverse situazioni che si possono creare sul territorio nazionale.
Il Piano fa sue queste fasi e per ognuna di esse specifica azioni e interventi da attuare.
Di seguito un quadro sintetico rimandando al testo integrale il dettaglio delle iniziative:
▪ FASE INTERPANDEMICA: corrisponde al periodo tra le pandemie influenzali. In questa fase è prevista la normale attività di sorveglianza epidemiologica delle sindromi-simil-influenzali e virologica dell’influenza.
▪ FASE DI ALLERTA: corrisponde alla fase in cui l’influenza causata da un nuovo sottotipo è identificata nell’uomo. Una maggiore sorveglianza epidemiologica e virologica e un’attenta valutazione del rischio, a livello locale, nazionale e globale, sono le attività caratteristiche di questa fase. Se le valutazioni del rischio indicano che il nuovo virus non si sta trasformando in un ceppo potenzialmente pandemico, può verificarsi una riduzione delle attività (de-escalation) ossia una ri-modulazione delle attività con misure meno stringenti, ovvero corrispondenti a quelle della fase inter pandemica.
▪ FASE PANDEMICA: corrisponde al periodo di diffusione globale dell’influenza umana causata da un nuovo sottotipo. Il passaggio tra le fasi inter pandemica, di allerta e pandemica può verificarsi rapidamente o gradualmente, come indicato dalla valutazione del rischio globale, principalmente sulla base di dati virologici, epidemiologici e clinici.
All’interno della fase pandemica ciascun Paese può osservare diverse fasi della epidemia a livello nazionale con:
▪ fasi acute in cui i casi sono in aumento evidente, con numeri elevati e segnali di sovraccarico dei servizi sanitari;
▪ fasi post-acute in cui i nuovi casi riscontrati al giorno hanno raggiunto un picco e, seppur ancora in numero elevato, hanno un trend in diminuzione;
▪ fasi di transizione epidemica in cui i casi sono stabili o con variazioni contenute, l’incidenza è bassa e non si assiste ad un sovraccarico dei servizi sanitari. In altre parole sono fasi in cui l’epidemia è controllata a livello nazionale.
▪ FASE DI TRANSIZIONE: con la diminuzione del rischio a livello globale, può verificarsi una de-escalation delle azioni, con riduzione delle attività di risposta alle epidemie in ambito nazionale e lo spostamento verso azioni di recupero, in base a valutazioni del rischio paese-specifiche.
Il Piano pandemico influenzale e la pandemia Covid
“Le lezioni apprese dalla inattesa pandemia da un nuovo coronavirus del 2020 – si legge infine nel Piano – possono essere considerate in un Piano Pandemico influenzale che è utile contestualizzare nell’ambito dell’attuale crisi sanitaria globale. In particolare, quanto stiamo apprendendo dalla pandemia SARS-CoV-2 è utile per la messa a punto di piani pandemici influenzali e in prospettiva per la risposta ad altri patogeni capaci di causa epidemie/pandemie”.
“La pandemia SARS-CoV-2/COVID-19 – si legge ancora nel Piano – conferma l’imprevedibilità di tali fenomeni e che bisogna essere il più preparati possibile ad attuare tutte le misure per contenerli sul piano locale, nazionale e globale”.
“Per questo – sottolinea il Piano – è necessario disporre di sistemi di preparazione che si basino su alcuni elementi comuni rispetto ai quali garantire la presenza diffusamente nel paese e altri più flessibili da modellare in funzione della specificità del patogeno che possa emergere”.
“Tali meccanismi – si spiega – dovrebbero consentire di incrementare le capacità diagnostiche specifiche per il patogeno di riferimento sia in termini di produzioni che di vera e propria effettuazione della diagnosi e di modulare la fornitura di prodotti terapeutici in funzione delle evidenze scientifiche disponibili per il trattamento e assicurare la disponibilità di DPI al fine di proteggere gli operatori sanitari che operano in prima linea”.
“Ciò che in pochi mesi è stato fatto per adeguare il sistema e arrivare ad una sua sostanziale autosufficienza di DPI – si legge ancora nel Piano – è qualcosa che deve rimanere anche in futuro”.
Mascherine e distanziamento anche contro l’influenza. Anche perché, “si è visto che le mascherine chirurgiche o quelle di comunità, quando usate correttamente da tutti, insieme alle altre misure di prevenzione, esplicano un sostanziale effetto di popolazione nel ridurre la trasmissione dell’infezione e, come suggerisce l’esperienza australiana, le misure di distanziamento fisico sono state in grado di minimizzare l’impatto dell’influenza stagionale e potrebbero quindi mitigare, almeno in parte, il decorso di una pandemia influenzale”.
“Sempre l’esperienza del 2020 ha dimostrato che si può e si deve essere in grado di mobilitare il sistema per aumentare nel giro di poco tempo sia la produzione di mascherine e dispositivi di protezione individuale a livello nazionale che i posti letto in terapia intensiva, anche per far sì che non si verifichino disservizi nella assistenza e nella cura delle persone affette da malattie ordinarie (diverse dal COVID-19) quanto comuni”, sottolinea ancora il Piano.
Infine, e ciò, spiega il Piano, “vale per la preparazione nei confronti di tutti gli eventi pandemici, anche quelli dovuti ad una malattia respiratoria non conosciuta” che il Piano definisce come malattia respiratoria “X”, “occorre una formazione continua finalizzata al controllo delle infezioni respiratorie e non solo, in ambito ospedaliero e comunitario, un continuo monitoraggio esplicato dal livello centrale sulle attività di competenza dei servizi sanitari regionali (redazione, aggiornamenti e implementazione dei piani pandemici influenzali regionali) nonché in generale un rafforzamento della preparedness nel settore della prevenzione e controllo delle infezioni”.
“Mettere a punto un piano di preparazione nazionale per affrontare una pandemia influenzale richiede oggi, anche alla luce della esperienza in corso con SARS-CoV-2, saper contestualizzare le misure rispetto alla specificità delle pandemie da virus influenzali, e allo stesso tempo la consapevolezza che queste sono una parte dei potenziali scenari che si possono verificare in relazione ad altri patogeni emergenti”, si legge ancora nel Piano.
Questo piano, si ribadisce in premessa, “pur facendo tesoro di quanto appreso dalla pandemia in corso, si focalizza sulla preparazione rispetto a scenari pandemici da virus influenzali”.
“Rimane la consapevolezza che molte delle misure prevedibili in una pianificazione pandemica influenzale sarebbero incluse in una più ampia pianificazione per un patogeno X simile a SARS-CoV-2 per cui è sicuramente necessaria, al termine della pandemia in corso, una programmazione in base ai documenti di indirizzo internazionali che saranno resi disponibili nei prossimi mesi e che tenga conto di quanto già programmato reattivamente”.
In questo senso “l’Italia si farà parte attiva nei confronti degli organismi europei e internazionali affinché i documenti guida siano orientati in tal senso al fine di poter elaborare e disporre nel più breve tempo possibile di un piano pandemico nazionale che comprenda tutte le patologie respiratorie ad alta trasmissibilità e patogenicità”.