Sputnik V bussa alle porte della Ue: «Non giudicate il vaccino con la politica»
Articolo del 03 Febbraio 2021
Le prossime settimane potrebbero essere decisive per Sputnik V, il vaccino russo anti-Covid battezzato come il piccolo satellite artificiale che il 4 ottobre 1957 portò in orbita l’Unione Sovietica. Come allora, la Russia di oggi ha cercato di porsi davanti a tutti, registrando per prima il farmaco l’11 agosto, dando inizio alle vaccinazioni con la terza fase dei test ancora in corso. E ora lanciando lo Sputnik in giro per il mondo: ambizioni racchiuse in quella “V” che accompagna il nome del vaccino contro il virus Sars-CoV-2. “V” per “vittoria”.
Questioni di marketing e di riconoscimento internazionale, affidate al Russian Direct Investment Fund (Rdif), il fondo sovrano statale che finanzia lo sviluppo e la distribuzione del vaccino. Il suo responsabile, Kirill Dmitriev, ha spiegato nei giorni scorsi che Sputnik è ormai stato registrato in 15 Paesi, e nelle prossime settimane attende l’autorizzazione di altri 25. Le adesioni arrivano soprattutto da Asia e Africa, ma cruciale sarà quella dell’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali che ha confermato di aver discusso il piano di sviluppo di Sputnik e le possibilità di cooperazione. Il 29 gennaio il fondo che promuove Sputnik ha precisato la propria offerta all’Unione Europea: «Completata la parte principale della vaccinazione di massa in Russia, Rdif potrà fornire alla Ue 100 milioni di dosi del vaccino Sputnik nel secondo trimestre del 2021, una volta ricevuta l’approvazione dell’Ema». L’efficacia di Sputnik in Russia è stata fissata al 91,4%.
«Al di là delle differenze politiche, attualmente ampie, in una pandemia dobbiamo comunque lavorare insieme, su basi umanitarie», ha chiarito Angela Merkel offrendo l’aiuto della Germania per guidare Sputnik nel processo di revisione dell’Ema e accennando alla possibilità di una produzione congiunta russo-tedesca in caso di approvazione del vaccino. Che nello stesso tempo, a Ginevra, è sotto la lente degli scienziati dell’Organizzazione mondiale della sanità. Secondo Judy Twigg, esperta di sanità globale alla Virginia Commonwealth University, il vaccino Sputnik può essere in grado di dimostrare nei fatti la propria validità scrollandosi di dosso i dubbi che l’hanno accolto, una credibilità scientifica danneggiata dalla propaganda politica. «Il mondo – scrive Twigg sul Moscow Times – ha bisogno di tutti i buoni vaccini che riesce ad avere».
Ma Sputnik non è il solo vaccino sviluppato in Russia: «È il più famoso, o più controverso, secondo il punto di vista – sorride Konstantin Severinov, direttore del Centro di ricerche biologiche Skoltech a Skolkovo, il polo scientifico e tecnologico di Mosca -. Utilizza come vettore un adenovirus, analogo al prodotto di AstraZeneca/Oxford University. È basato su un virus, ma benigno: strutturato geneticamente per introdurre nell’organismo la proteina S che compone la famosa corona del coronavirus. Da inizio dicembre Sputnik è a disposizione di tutti in Russia, dopo essere stato distribuito a determinate categorie come medici, insegnanti, militari. Viene esportato in diversi Paesi, in particolare in Argentina. Non può essere somministrato ai minori di 18 anni, ma per gli adulti non ha limiti di età».
Quali sono le caratteristiche degli altri vaccini russi?
Il secondo è EpiVacCorona, prodotto da Vector a Novosibirsk: è simile a Novavax, sviluppato con il sostegno dello US National Institute of Health. L’immunizzazione avviene attraverso un frammento della proteina S: a differenza dei vaccini adenovirali, qui non si inietta nell’organismo materiale genetico estraneo, ma frammenti sintetizzati chimicamente della proteina S del coronavirus, depositati in una proteina-trasportatrice, comune nel nostro sangue.
A che punto della sperimentazione è EpiVacCorona?
Ha attraversato tutti i test clinici, ma i risultati non sono ancora stati pubblicati mentre quelli dei test di Sputnik, che lo indicano come efficace e sicuro, sono usciti su The Lancet. C’è poi un terzo vaccino, che è appena stato registrato: è sviluppato dal Centro di vaccinologia Chumakov, dal nome dello scienziato che per primo diede al mondo il vaccino della poliomelite, poi sviluppato negli Usa. Il Centro Chumakov ha grande esperienza, e la certificazione dell’Oms per la produzione di diversi vaccini. Loro stanno lavorando al cosiddetto “vaccino ucciso”. Il coronavirus viene coltivato in cellule umane, in laboratorio: poi il virus viene purificato e ucciso da un trattamento chimico che priva le particelle virali della loro proprietà infettiva, pur mantenendo le proprietà immunologiche. Sono quindi in grado di provocare una risposta immunitaria. Con questi tre vaccini di fatto la Russia copre quasi l’intero spettro con l’eccezione dei vaccini basati sull’RNA come Pfizer e Moderna, i più avanzati tecnologicamente.
In Occidente la velocità con cui Sputnik è stato testato è stata criticata, sollevando dubbi sulla sua efficacia….
Sputnik o altri vaccini russi non sono stati sviluppati più rapidamente di quelli cinesi, americani o di AstraZeneca. È stato un “testa a testa”. I russi hanno registrato il loro prima di completare i test clinici: presumibilmente perché la registrazione era necessaria a produrre quello stesso vaccino utilizzato nelle ultime fasi dei test. Il punto era avere qualcosa di già registrato e prodotto, a condizione di usarlo a livello commerciale una volta conclusi con successo i test. Negli Stati Uniti si è proceduto diversamente: il governo aveva garantito finanziariamente tutti i test clinici. Man mano che venivano eseguiti la produzione era già in corso, presupponendo l’esito positivo dei test. Quando questo è stato confermato da un ente indipendente, la US Food and Drug Administration, i produttori avevano già il vaccino pronto. È stato il governo ad assumersi il rischio, non loro. Se i test non avessero avuto successo, non avrebbero perso denaro perché i costi sarebbero stati assorbiti dal governo. Ma alla fine nessuno di questi vaccini è stato testato a sufficienza, se giudichiamo con gli standard del passato: dire quale sia stato studiato meno è come spezzare un capello in quattro. Mentre è vero che sembrano tutti ugualmente sicuri ed efficaci. Se lasciamo da parte la politica, non c’è ragione di credere che il vaccino russo sia peggiore degli altri.
Preoccupano gli effetti collaterali a lungo termine, e la durata della protezione nel tempo…
Sì, proprio per la rapidità con cui sono stati sviluppati, è impossibile tirare conclusioni precise su quali effetti – se mai – potrebbero avere i vaccini nel lungo termine. Normalmente dopo la registrazione si eseguono test che monitorano il vaccino per molto tempo. Ma con il coronavirus la minaccia di infezione e potenzialmente di morte è molto reale. È qualcosa che sta avvenendo ora, intorno a tutti noi. Senza parlare delle conseguenze economiche. Quindi è una decisione che ciascuno dovrà prendere. Per ora, la vaccinazione non è obbligatoria.
Vede valutazioni geopolitiche nella distribuzione dei vaccini?
È in corso una guerra dei vaccini, il che è piuttosto disgustoso perché qui è in gioco la vita delle persone. E ci sono più persone che vaccini. Conquistare l’accesso a qualcosa che è limitato e potenzialmente lucrativo chiama inevitabilmente in causa la politica.
Come prosegue la campagna di vaccinazione in Russia?
A Mosca sembra a buon punto: ma Mosca sta al resto della Russia come New York al resto degli Stati Uniti. Il Comune aveva finanziato i test clinici necessari a lanciare Sputnik, per così dire. Di conseguenza si sono assicurati i diritti per una quantità cospicua di dosi del vaccino, distribuite gratuitamente. Nelle regioni, a migliaia di miglia da Mosca, non è la stessa cosa: lì le dosi di vaccino disponibile sono molto meno di quanto si dovrebbe.
Qual è l’atteggiamento delle persone? All’inizio prevaleva una certa diffidenza…
A Mosca la domanda sta aumentando, ma nel resto della Russia credo che la situazione sia più simile per esempio alla Francia, il Paese europeo che accetta meno di tutti le vaccinazioni. Dunque sarà una strada in salita, per l’opinione che la gente ha dei politici e dell’industria farmaceutica locale.
Quanto duramente è stata colpita la Russia dalla pandemia?
Il bilancio ufficiale del morti è intorno alle 70mila persone, numeri probabilmente inferiori alla realtà. Considerando la mortalità in eccesso nel 2020 rispetto al 2019, le cifre sono quattro volte più alte. È una questione molto seria. In ottobre ero a Verona: la città era quasi completamente ferma. La Russia da giugno non ha mai avuto un lockdown così rigido. Per le strade c’è gente con la mascherina, ma non ti danno 500 euro di multa se non ce l’hai. Le cifre ufficiali sono inferiori alla realtà perché i politici vogliono mostrare che la Russia è messa meglio di altri Paesi. Ma così si danno la zappa sui piedi: numeri bassi non inducono la gente a vaccinarsi. Tanti, come negli Usa, ancora non lo considerano problema reale. Pensano si tratti di influenza, o che non ci sia nessun virus.
Quando vedremo la luce in fondo al tunnel?
Le persone che ogni giorno vengono infettate costituiscono un processo esponenziale che, alla fine, porterà all’immunità di gregge. Non ci siamo ancora, in Europa il contagio ha raggiunto soltanto il 10% della popolazione: se non si interviene il prezzo in termini di vite umane sarà gigantesco. E poi ci sono le vaccinazioni, un processo lineare appena partito, molto più lento delle infezioni. Riusciremo a stabilizzare la crisi quando raggiungeremo l’equilibrio tra questi due processi opposti.
Fonte: 24+ de IlSole24Ore