Cosa dicono le ricerche sulla sicurezza dei vaccini per COVID-19
Articolo del 22 Febbraio 2021
I vaccini per COVID-19 che si stanno somministrando in Europa occidentale e negli Stati Uniti sono generalmente efficaci e sicuri, e grazie al numero di immunizzati costantemente in crescita, ora ci sono dati sufficienti per tracciare un quadro completo dell’incidenza degli eventi avversi più comuni, come dolore nel sito di iniezione, mal di testa e affaticamento, e di quelli più rari e gravi, come le reazioni allergiche.
Mentre le persone in tutto il mondo vengono immunizzate con i vaccini per COVID-19, arrivano notizie di effetti collaterali temporanei come mal di testa e febbre. Molto di ciò era previsto, poiché lo suggerivano i dati degli studi clinici dei vaccini autorizzati finora. Ma adesso che a essere vaccinate sono milioni di persone rispetto alle migliaia arruolate nei primi studi, stanno emergendo indicazioni di alcune rare reazioni allergiche e domande sull’eventualità di decessi legati alle iniezioni.
Non c’è alcun dubbio che gli attuali vaccini siano efficaci e sicuri. Il rischio di reazioni gravi a un vaccino per COVID-19, dicono i ricercatori, è controbilanciato dalla protezione che offre contro il mortale coronavirus. “Nature” ha esaminato ciò che gli scienziati stanno imparando sulla frequenza e la natura degli effetti collaterali, via via che un numero sempre più grande di persone riferisce le proprie reazioni ai medici e attraverso sistemi di monitoraggio della sicurezza come le applicazioni per smartphone.
Quante persone sperimentano gli effetti collaterali più comuni dei vaccini per COVID-19?
Per i due vaccini a RNA messaggero (mRNA) disponibili – uno prodotto da Moderna e l’altro sviluppato attraverso una collaborazione tra la statunitense Pfizer e la tedesca BioNTech – una quota significativa di soggetti sperimenta reazioni non gravi, come dolore nel sito dell’iniezione, mal di testa e stanchezza. Questi vaccini forniscono pezzi di RNA che codificano per le proteine del coronavirus, contro le quali il corpo monta una risposta immunitaria.
Secondo dati del Vaccine Adverse Event Reporting System (VAERS) degli Stati Uniti, circa 372 dosi per ogni milione di dosi somministrate dei vaccini a mRNA portano a una segnalazione di reazione non grave. Questo numero è inferiore a quello che ci si aspetterebbe dai dati degli studi clinici, che indicavano che almeno l’80 per cento dei soggetti avrebbe provato dolore nel punto di iniezione. I ricercatori che conducono le sperimentazioni monitorano attentamente i pazienti e registrano ogni reazione. Il VAERS, invece, si affida agli operatori sanitari e ai soggetti vaccinati per la segnalazione degli effetti collaterali.
Finora, le reazioni ai vaccini a mRNA sono simili. Questi vaccini sono somministrati in due dosi: la prima innesca una reazione immunitaria, mentre la seconda è un richiamo che rafforza la capacità del corpo di combattere il coronavirus. Per il vaccino Pfizer-BioNTech, che è stato utilizzato più a lungo di quello di Moderna e quindi ha generato più dati, gli effetti collaterali aumentano con la seconda dose.
Nel Regno Unito sono state distribuite tre milioni di dosi di un altro vaccino, sviluppato dall’Università di Oxford e dalla casa farmaceutica AstraZeneca. Questo vaccino, che richiede anch’esso un regime a due dosi, è basato su un adenovirus (un virus che causa il raffreddore) inattivato, con istruzioni genetiche per produrre le proteine del coronavirus e suscitare così l’immunità. Secondo il sistema di monitoraggio della sicurezza del Regno Unito, lo Yellow Card Scheme, circa 4000 dosi ogni milione somministrato portano a reazioni avverse. Anche in questo caso, i dati degli studi clinici indicano una frequenza più alta: circa il 50 per cento dei partecipanti ha provato dolore nel sito di iniezione, mal di testa o affaticamento, secondo i dati riportati all’Agenzia Europea per i medicinali (EMA). Sono pochi invece coloro che hanno ricevuto una seconda dose del vaccino Oxford-AstraZeneca perché il Regno Unito ha usato le sue scorte per somministrare la prima a quante più persone possibile; i dati della sperimentazione clinica presentati all’EMA suggeriscono però che gli effetti collaterali della seconda iniezione sono più lievi di quelli causati dalla prima.
I dati sulla sicurezza per le immunizzazioni in atto in altre parti del mondo, come quelle con i vaccini COVID-19 in Cina, sono più difficili da ottenere. I dati preliminari dagli studi clinici del vaccino Sputnik V basato sull’adenovirus in Russia suggeriscono che i suoi effetti collaterali più comuni includono sintomi simil-influenzali e reazioni nel sito di iniezione.
Qual è il confronto con gli effetti collaterali di un vaccino antinfluenzale annuale?
Almeno per i vaccini a mRNA, i medici stanno vedendo più effetti collaterali rispetto ai vaccini antinfluenzali, dice Helen Chu, specialista di malattie infettive presso la University of Washington School of Medicine di Seattle, che dirige il Seattle Flu Study.
Negli studi clinici per il vaccino Pfizer-BioNTech, per esempio, il 75 per cento dei partecipanti ha riferito una “reazione sistemica”, come mal di testa, febbre o brividi. In uno studio clinico per il vaccino antinfluenzale comune Flubok Quadravalent, circa il 34 per cento dei partecipanti tra i 18 e i 49 anni ha avuto una reazione sistemica. Gli effetti collaterali erano ancora meno frequenti nei partecipanti allo studio che avevano almeno 50 anni.
Chu dice che i vaccini COVID-19 a mRNA generano una risposta immunitaria particolarmente forte che aumenta il rischio di effetti collaterali, anche se questo significa anche che i vaccini stanno funzionando. E racconta che nel suo caso la seconda dose del vaccino Pfizer-BioNTech l’ha fatta star male. “Ho preso il vaccino e sei ore dopo, ho avuto brividi, febbre alta, dolori muscolari e sono rimasta a letto per 24 ore”, dice. “Poi, dopo 36 ore, era tutto finito ed ero tornata alla normalità”. Ma Chu preferirebbe essere temporaneamente malata per un vaccino piuttosto che affrontare COVID-19, “una malattia potenzialmente letale che potrebbe uccidermi”, dice.
Le ricerche hanno collegato qualche morte a un vaccino per COVID-19?
Anche se alcuni hanno ipotizzato che i vaccini possano aver casuato dei decessi, nessuno è stato attribuito direttamente a un vaccino COVID-19. Quando 33 anziani residenti in case di cura in Norvegia sono morti entro sei giorni dalla somministrazione del vaccino Pfizer-BioNTech, le indagini dell’Agenzia norvegese dei farmaci e dell’Organizzazione Mondiale della Sanità hanno concluso che quei decessi erano in linea con i normali tassi di mortalità in quel gruppo di età e che il vaccino è ancora sicuro per gli anziani. Il ministero della salute dell’India ha riferito 27 morti nel paese, ma nessuno di questi è stato collegato direttamente al vaccino per COVID-19.
È “estremamente difficile” collegare con certezza una morte al vaccino di per sé, dice Hilda Bastian, scrittrice e ricercatrice specializzata nella convalida delle affermazioni sulla salute basate sull’evidenza. Ciò si deve in parte al fatto che le morti riportate finora si sono verificate giorni o settimane dopo un’iniezione, rendendo difficile escludere altre circostanze. Un’altra ragione è che, in questo momento, i medici stanno dando la priorità ai vaccini soprattutto a una popolazione di persone anziane con problemi di salute concomitanti. La maggior parte di coloro che sono morti dopo la vaccinazione apparteneva a quel gruppo, secondo quanto riferiscono Regno Unito e Stati Uniti.
Che cosa sanno i ricercatori sulle rare, ma gravi, reazioni allergiche ai vaccini?
Il vaccino Moderna suscita circa tre reazioni anafilattiche per milione di dosi somministrate, mentre il vaccino Pfizer-BioNTech scatena cinque reazioni per milione di dosi, secondo i dati VAERS. Questo è un tasso più alto rispetto alla maggior parte degli altri vaccini – compresi i vaccini antinfluenzali annuali, che scatenano l’anafilassi solo in una su ogni milione di dosi somministrate. Per il vaccino Oxford-AstraZeneca, finora sono stati confermati complessivamente 30 casi di anafilassi su poco più di tre milioni di dosi somministrate. Gli esperti di vaccini si aspettano che questi tassi possano cambiare via via che vengono somministrate più dosi.
Anche se alcune persone hanno avuto bisogno del ricovero ospedaliero, tutte hanno recuperato completamente. I responsabili della sanità pubblica consigliano a chi ha una storia di allergie a uno qualsiasi degli ingredienti del vaccino di non vaccinarsi per COVID-19.
A differenza di COVID-19, l’anafilassi è trattabile con farmaci come l’epinefrina, se è assunta presa rapidamente, dice Paul Offit, specialista di vaccini e malattie infettive al Children’s Hospital di Philadelphia, che ha partecipato alle riunioni del comitato consultivo della Food and Drug Administration degli Stati Uniti che hanno portato l’agenzia ad autorizzare entrambi i vaccini a mRNA. “Magari SARS-CoV-2 potesse essere trattato immediatamente con un’iniezione di epinefrina!”, esclama.
La maggior parte delle persone che hanno sperimentato l’anafilassi aveva reagito ad altre sostanze già in precedenza: circa l’80 per cento di chi ha reagito al vaccino Pfizer-BioNTech, e l’86 per cento al vaccino Moderna, aveva una storia di allergie, secondo i Centers for Disease Control and Prevention degli Stati Uniti. La causa specifica delle reazioni anafilattiche rimane sconosciuta, ma il National Institute of Allergy and Infectious Diseases degli Stati Uniti ha dichiarato a “Nature” che l’agenzia ha progettato uno studio clinico per determinare il meccanismo sottostante, ma non ha specificato quando dovrebbe partire.
Quale potrebbe essere la causa delle reazioni allergiche?
Alcuni ricercatori si sono concentrati sul glicole polietilenico (PEG) quale agente che causa l’anafilassi nei vaccini a mRNA. I vaccini Moderna e Pfizer-BioNTech usano nanoparticelle lipidiche cave per immagazzinare e poi consegnare il loro contenuto di mRNA alle cellule. Il PEG è legato ai lipidi in queste particelle e, in circostanze normali, le aiuta a sfuggire al sistema immunitario. Anche se le molecole legate al PEG si trovano in un’ampia gamma di prodotti, come i lassativi e i farmaci per la gotta, è noto che causano reazioni allergiche.
Studi di follow-up in persone che hanno sperimentato l’anafilassi potrebbero aiutare a stabilire se il colpevole è il PEG, dice Samuel Lai, sviluppatore di farmaci della University of North Carolina a Chapel Hill. Se i campioni di sangue di queste persone contenessero anticorpi anti-PEG potrebbe essere un indizio, dice, ma non è ancora chiaro per quanto tempo queste proteine rimangano nel flusso sanguigno dopo l’anafilassi. I vaccini senza PEG, come quello non ancora approvato di Johnson & Johnson, che sfrutta anch’esso un adenovirus per innescare l’immunità al coronavirus, potrebbero essere un modo per vaccinare le persone con una sensibilità al polimero, aggiunge.
Poiché i vaccini a mRNA hanno mostrato tanto potenziale, Ulrich Schubert, esperto di polimeri dell’Università di Jena, in Germania, pensa che sia il momento di investire nello sviluppo di polimeri compatibili con i vaccini che non causino reazioni allergiche. Al centro di ricerca collaborativa finanziato dalla Fondazione tedesca per la ricerca PolyTarget, dove lavora Schubert, questi studi sono già in corso. “Se vogliamo essere pronti per la prossima pandemia – che arriverà – dobbiamo iniziare ora”, dice.
Fonte: Le Scienze