Varianti Covid, il microbiologo: “Più che contare le mutazioni, capire come funzionano. Fondamentali comportamenti e vaccinazioni”
Articolo del 22 Febbraio 2021
“Come noi il virus vuole vivere”. Ed è per questo che muta e muta, sempre alla ricerca di ospiti da infettare e garantirsi la sopravvivenza. La cronaca di questi giorni è inondata da una cascata di nuove varianti: inglese, sudafricana, brasiliana, anglo-nigeriana, anglo-californiana, scozzese. Una sorta di labirinto in cui ci perdiamo temendo non ci sia via d’uscita. Abbiamo chiesto al dottor Claudio Farina, direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, fronte estremo della battaglia al coronavirus durante la prima ondata, fino a che punto dobbiamo temere la voglia di vivere di Sar Cov 2 e come possiamo eliminarlo davvero dalle nostre vite. “Dobbiamo fargli terra bruciata intorno con le vaccinazioni e con i comportamenti responsabili“. E così che il virus diventerà alla fine endemico facendo meno danni. “Abbiamo ancora 300 morti al giorno, sono 9mila persone al mese. Come un paesino. È qualcosa che mi colpisce molto umanamente e a cui non si può abituare, ma sembra non faccia più notizia” dice il medico.
“È più importante capire come funzionano queste mutazioni piuttosto che contarle una per una. Due cose sono importanti: i comportamenti e le vaccinazioni. Questo è il messaggio fondamentale. Si rischia altrimenti il panico, il disagio o i fraintendimenti. La scienza deve fare quello che deve e anche l’individuo, ma nessuno si salva da solo. Deve essere una alleanza. Una cosa che ha insegnato la pandemia è che bisogna potenziare le reti ed entrare nell’ordine di idee che insieme è meglio. Bisogna scambiarsi i dati e che siano pubblici e pubblicizzati”. Nella lotta alle varianti le micro zone rosse, i lockdown mirati possono essere utili “per circoscrivere i focolai che si individuavo”, ma sono i nostri comportamenti a contare.
L’ultima variante, quella anglo-nigeriana, potrebbe avere mutazioni critiche
Tutte la varianti hanno mutazioni, l’importante è capire dove. Perché il sito di mutazione è quello che può correlare con un diverso comportamento del virus. La maggiore trasmissibilità che connota un po’ tutte queste varianti fa più danni, perché avremo più infettati più malati e quindi decessi. Quello che è importante capire se oltre la capacità diffusiva c’è anche un’implicazione sul comportamento del virus; che vuol dire che fa in modo che i vaccini rispondano meno. Su questa nuova variante, individuata la prima volta in Gran Bretagna con origine nigeriana, si sa poco. C’è il timore che possa elaborare mutazioni del sito E 484K (che sembra che sia implicato nello sfuggire agli anticorpi, ndr) con una minore risposta all’immunità. Sono tutte cose che sono implicite nelle varianti. Bisogna indagare per capire come funzionano, per capire se ci sono focolai, per raccomandare sempre una maggiore adesione alle norme comportamentali e indurre a una vaccinazione precoce. È una prerogativa dei virus quella di mutare e ragionando come un virus, mettendosi dalla parte del virus dobbiamo capire che vuole vivere e deve avere un bacino in cui moltiplicarsi, scappare dalle difese che gli ospiti gli pongono davanti e trovare un modus vivendi con l’ospite, perché se è troppo cattivo e se muore l’ospite anche il virus non si riproduce e muore.
La supervariante quindi che potrebbe darci veri problemi perché elude il vaccino o sfugge al vaccino ancora non c’è
Ancora non l’abbiamo vista. Quello che sappiamo è che la variante inglese è più diffusiva, fa molti più malati e può fare più morti. Però non ha influenza sul vaccino. Vale anche per la sudafricana, quella brasiliana è allo studio. Certo poi se ci sono mutazioni miste vanno indagate. Credo che ora sia presto.
Ma noi come possiamo “uccidere” il virus?
Quando un microbo trova un ospite che non lo ha mai visto ha delle praterie davanti e fa danni. Poi bisogna che l’ospite si attrezzi con il sistema immunitario, che sia attrezzato con il vaccino e che adotti dei comportamenti che lo tengano lontano dal virus. Questo è il motivo per cui da quasi un anno si raccomanda il distanziamento, le mascherine, il lavaggio delle mani. L’ospite si deve mettere nella condizione di non essere invaso dal virus. Non c’è altro, è qualcosa di antico ma purtroppo è così.
Quindi non siamo in grado di liberarci di Sars Cov 2
No, non siamo in grado di fare il delitto perfetto. Non abbiamo ancora farmaci in grado di sopprimerlo. Nel corso di quest’anno sono stati valutati e testati farmaci e non è che ne siano rimasti moltissimi di quelli utilizzati all’inizio. Ci sono modalità e approcci che sono abbastanza consolidati ora. Ma per ucciderlo prima che entri bisogna fargli terra bruciata intorno, non dargli nessuna possibilità di infettare. Si torna alle precauzioni, bisogna che tutti si comportino in modo che qualsiasi persona che incrociano sia considerato un disseminatore di virus. I positivi non ce l’hanno scritto in faccia. Bisogna essere molto responsabili singolarmente e collettivamente. E naturalmente avere le difese e le difese si ottengono solo con il vaccino.
Lei ha parlato di farmaci. I ricercatori israeliani dicono che un farmaco in fase I potrebbe essere risolutivo
Quello che posso dire dello studio israeliano è che 29 casi sono ancora pochi, bisogna vedere come è stato concepito lo studio. Bisogna essere rigorosi nei metodi, nella ideazione e nella programmazione dello studio con metodi scientificamente validi ed eticamente apprezzabili. Altrimenti sono dati aneddotici che possono avere il loro valore, ma restano aneddotici. Il rigore lo abbiamo visto nel rilascio dei vaccini.
Cosa pensa dell’innalzamento della soglia d’età del vaccino Astrazeneca?
Bisogna fare di necessità virtù. Che è un po’ l’insegnamento dei primi mesi di questa tragedia che ci ha visti combattere a mani nude o con armi di cui non sapevamo effettivamente l’efficacia.
I vaccini a Rna messaggero hanno anche il vantaggio di essere modificabili in breve tempo
Lo sviluppo di un vaccino in così breve tempo è qualcosa di prodigioso. Se qualcosa cambia si possono modificare e questo è una grande realtà non una promessa. C’è la certezza che in caso di necessità in tempi ragionevoli si può modificare l’assetto vaccinale.
In base alla sua competenza e la sua scienza qual è il futuro del virus?
Alla fine, non so quando però, diventerà endemico e diventerà molto meno cattivo di adesso. Mi auguro che muterà e darà una malattia meno grave, meno letale. La storia della microbiologica ha parecchi esempi di questo tipo.
Fonte: Il Fatto Quotidiano