Da Europa e Usa la conferma: i vaccini anti Covid sono sicuri
Articolo del 25 Febbraio 2021
Non ci sono dubbi sui vaccini approvati: sono sicuri (ed efficaci). Lo hanno dimostrato gli studi clinici che hanno portato al via libera, condotti su decine di migliaia di persone, e lo confermano ora i dati su milioni di persone vaccinate in tutti i paesi che dispongono di un sistema di farmacovigilanza. L’Italia è tra questi, e l’Aifa, deputata alla gestione delle segnalazioni, ha appena pubblicato il primo rapporto relativo al mese di gennaio, cioè alla somministrazione di più di 1,5 milioni di dosi (nel 99% dei casi Pfizer/BionTech, nell’1% Moderna).
Gli studi
Ci sono state 7.337 reazioni avverse, il 92,4% delle quali non gravi e consistenti soprattutto in febbre, cefalea, dolori muscolari e stanchezza, che si sono manifestate, in otto casi su 10, entro le prime 24 ore dalla somministrazione, più spesso dopo la prima dose, con il richiamo e in misura maggiore nelle donne. Per ora, le reazioni sono state più numerose con il vaccino di Pfizer (434 casi ogni 100.000 dosi) rispetto a quello di Moderna (270/100.000), anche se, poiché di quest’ultimo sono state iniettate solo 14.000 dosi, si attendono numeri più consistenti. Ci sono stati anche casi di reazioni più gravi, che hanno colpito il 7,3% dei vaccinati (34 eventi ogni 100.000), ma per lo più si sono risolte con le cure necessarie o sono in corso di trattamento, e contemporaneamente di approfondimenti. Si sono registrati anche 13 decessi (0,8 casi ogni 100.000), tutti in persone che avevano un’età media di 86,5 anni, residenti in Rsa e affetti da una o più patologie. Ci sono stati, infine, 14 casi di shock anafilattico e 18 casi di paralisi del nervo facciale dopo il vaccino di Pfizer (nessun caso con Moderna).
Spiega Antonio Clavenna, responsabile del Laboratorio di Farmacoepidemiologia del dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano: «Questi vaccini sono molto efficaci e, di conseguenza, inducono una reazione potente nel sistema immunitario. Ciò significa che possono dare più fastidio nel momento dell’inoculazione, ma non si sono visti, per ora, effetti che esulino dalle previsioni o che possano preoccupare».
I dati internazionali
I dati americani sono ancora più rassicuranti: secondo il sistema di sorveglianza Vaers, ci sono state, finora, 372 segnalazioni ogni milione di dosi, un valore dieci volte inferiore a quello europeo e molto più basso rispetto a quello osservato negli studi, anche in quel caso più visibile dopo la seconda dose, e senza grandi differenze tra i due vaccini a Rna (AstraZeneca non è stato ancora approvato dalla Fda). I casi di shock anafilattico, secondo un report uscito su Jama, sono stati 4,7 ogni milione di dosi Pfizer, e 2,5 ogni milione di dosi di Moderna, spesso in persone allergiche.
Interessanti, inoltre, i dati inglesi sul vaccino AstraZeneca, immaturi perché la Gran Bretagna sta cercando di vaccinare il maggior numero possibile di persone con una dose sola, ma relativi comunque a 3 milioni di vaccinati: le segnalazioni sono in linea con quelle italiane di Pfizer e Moderna, e cioè 400 eventi ogni 100.000, un tasso inferiore a quello indicato dall’Ema in base agli studi presentati, che prevedeva eventi in un vaccinato su due. Si sono anche avuti, finora, 30 casi di anafilassi (10 per milione).
«Si tratta – spiega Clavenna – di numeri superiori a quelli di vaccini meno potenti come quello antinfluenzale, ma analoghi a quelli di altri vaccini come quello per il morbillo: non ci sono, per ora, sorprese». In effetti, secondo un articolo pubblicato su Nature, negli studi clinici su questi vaccini il 75% dei partecipanti ha avuto un qualche effetto sistemico, mentre in studi simili con l’antinfluenzale quadrivalente (il più potente in commercio) il tasso medio è del 34%. Ma si tratta, per questi ultimi, di prodotti che non raggiungono il 60% di efficacia: la regola che associa una maggiore potenza a fastidi più evidenti è quindi confermata. Inoltre va detto che, a oggi, non c’è neppure un caso di decesso sicuramente causato da un vaccino anti Covid in sé. «I casi registrati in Italia, così come i 33 segnalati in Norvegia e in altri paesi, sono tutti avvenuti in persone molto anziane e malate, e a qualche giorno di distanza dall’inoculo – chiarisce il farmacologo -. Sono in corso approfondimenti, ma sarà molto difficile determinare una sola causa».
Un evento raro
Ha destato scalpore, infine, il caso di Gregory Michael, ginecologo americano di 56 anni deceduto per una grave reazione che ha coinvolto le piastrine, una trombocitopenia. Finora, negli Usa, sono stati segnalati 36 persone su 31 milioni di vaccinati. «Si tratta di un evento raro ma già visto con altri vaccini – conclude Clavenna -. Si pensa che si tratti di persone già predisposte alla malattia, che viene risvegliata dalla stimolazione immunitaria, anche se si stanno studiando i dettagli per capire». Qualunque terapia comporta il rischio di reazioni o eventi avversi, raramente gravi. Ma il rischio di ammalarsi gravemente di Covid è enormemente più alto. E l’esigenza di contribuire a contenere la pandemia è molto più forte.
Fonte: 24+ de IlSole24Ore