Cellule ringiovanite ripristinano la vista nei topi
Articolo del 20 Dicembre 2020
Le cellule, invecchiando, conservano un ricordo di come funzionavano da giovani? È la domanda alla base di un esperimento che ha in parte ripristinato la vista in topi che l’avevano persa con l’età, o a causa di una condizione molto simile al glaucoma (un tipo di malattia oculare). Un gruppo di scienziati della Scuola di Medicina di Harvard è riuscito a riprogrammare le cellule della retina dei topi per renderle capaci di resistere ai danni e di rigenerarsi come facevano in tenera età. La ricerca è stata pubblicata su Nature.
MACCHINA DEL TEMPO. Lo studio si è focalizzato sull’epigenoma, l’insieme di processi che regolano l’espressione dei geni nel DNA e che consentono alle istruzioni genetiche di essere lette nei tessuti giusti e nel momento più opportuno. L’idea è che i tratti distintivi dell’invecchiamento, e quindi anche gli strumenti per contrastarlo, risiedano proprio nell’epigenoma, che al contrario del codice genetico dell’individuo, che è lo stesso per ogni cellula, varia da tessuto a tessuto, nel corso del tempo e anche in risposta agli stimoli ambientali.
Gli scienziati hanno provato a ringiovanire una popolazione di neuroni della retina dei topi inserendo nel loro occhio i geni responsabili di tre fattori di riprogrammazione capaci di regolare l’espressione genica – in altre parole, di leggere le istruzioni del DNA per produrre proteine. I tre fattori scelti sono usati da oltre un decennio per trasformare le cellule adulte in cellule pluripotenti indotte, cellule staminali capaci di differenziarsi in quasi tutti i tessuti dell’organismo, in modo simile a quelle di un embrione.
RICORDI, COME FACEVI DA GIOVANE? Le cellule della retina su cui si è scelto di intervenire – le cellule gangliari retiniche – trasmettono al cervello le informazioni visive usando dei prolugamenti, gli assoni, che costituiscono il nervo ottico. Negli embrioni di topo o nei topi appena nati, queste cellule sono capaci di rigenerarsi se danneggiate, un superpotere che viene però perso con la crescita. I ricercatori hanno iniettato i fattori di riprogrammazione nell’occhio di topi con nervo ottico danneggiato come può avvenire nell’invecchiamento, usando un virus inattivato come vettore.
I geni introdotti hanno permesso ad alcune cellule della retina danneggiate di non morire e incoraggiato la crescita di nuovi assoni. Il trattamento è intervenuto sulla metilazione del DNA, un’alterazione biochimica del DNA che cambia con l’età e che controlla l’espressione dei geni. Lo stesso approccio è stato testato in topi con una condizione simile alla fase iniziale del glaucoma, nella forma più comune l’accumulo di pressione nell’occhio che danneggia il nervo ottico e costituisce una delle principali cause di perdita grave della vista legate all’età. Dopo il trattamento, gli animali hanno riguadagnato quasi la metà dell’acuità visiva persa: è la prima dimostrazione di recupero, e non solo di arresto, della perdita della vista legata a glaucoma.
UN TEMA DA APPROFONDIRE. In una batteria finale di esperimenti, i fattori di riprogrammazione hanno permesso di riportare l’acuità visiva di topi in salute e “di mezza età” allo stesso livello di quella di topi più giovani. Lo studio dimostra che le cellule trattengono una qualche memoria del loro passato epigenetico, anche se non è chiaro dove questo ricordo sia conservato. Altre ricerche permetteranno di capire se quanto scoperto valga anche in altri modelli animali, e quanto a lungo venga conservata questa seconda giovinezza. Riportare indietro l’orologio epigenetico aumenta il rischio di proliferazione incontrollata delle cellule e dei tumori: non è un approccio a cui si possa ricorrere con leggerezza.
Fonte: Focus