Chi è Roberto Rigoli, padre del tampone fai-da-te. «Sperimentazione in un mese».
Articolo del 18 Novembre 2020
«In meno di un mese sarà conclusa la sperimentazione», spiega il coordinatore delle 14 microbiologie venete e vicepresidente dei microbiologi italiani.
Meno di un mese per concludere la sperimentazione e certificare efficacia in termini di sensibilità e specificità; poi i temi saranno quelli dell’Istituto superiore di Sanità. È l’impegno di Roberto Rigoli, coordinatore delle 14 microbiologie venete e vicepresidente dei microbiologi italiani, che ieri al fianco del presidente del Veneto Luca Zaia ha presentato il tampone “fai da te”: l’obiettivo è quello di portarlo nelle farmacie a disposizione di chiunque voglia verificare un eventuale contagio, a un prezzo accessibile (si parte da un costo di produzione che si aggira sui 3 euro).
Utilizzo semplificato
A colpire è la differenza con il tampone tradizionale (molecolare), che raccoglie il campione in profondità: lo stesso Zaia ne dimostra l’uso, ruotando il tampone – più corto – cinque volte per narice: la semplicità d’uso «è quello su cui lavoriamo dall’estate – spiega Rigoli – La forma della provetta, le fasi da seguire, tutto deve essere fruibile con semplicità». Il punto di partenza è stato un kit cinese modificato: era l’unico, oggi sono una trentina e tutti i Paesi stanno lavorando su questo fronte, con la Germania che sta già acquistando i tamponi “fai da te”. Tempo alcuni giorni, neanche settimane, e più di una multinazionale presenterà il proprio. Anche per questo il Veneto ha deciso di presentare il lavoro condotto negli scorsi mesi prima di essere battuto sul tempo.
Il lavoro di Treviso
Treviso «ha fatto un lavoro quasi da operai: controllare, verificare, suggerire modifiche. Lavoriamo con un codice etico blindato: da 20 anni rifiutiamo qualsiasi lavoro che preveda un finanziamento da parte delle case farmaceutiche, comprese le borse di studio», spiega Rigoli. Lo stesso Zaia sottolinea che «se oggi esistono i test rapidi (quelli pungidito, ndr) è perché il dottor Rigoli ha avviato la sperimentazione: lo trovate al laboratorio a ogni ora, a lavorare. E la prima volta che li abbiamo presentati, il poter avere un risultato in pochi minuti sembrava un’eresia». Anche in quel caso la sperimentazione era stata fatta su un prodotto coreano, l’unico disponibile: oggi ce ne sono a decine, perché «il mondo della diagnostica non è così diverso da quello dei cellulari; uno inventa l’Iphone e tutti iniziano a fare smartphone con le icone» rimarca Zaia, che aggiunge: «L’arrivo dell’autodiagnosi era scontato, ne parliamo da mesi ormai. Non puoi mica costringere un diabetico a fare le analisi del sangue ogni volta per sapere quanto ha di glicemia. Il punto è l’attendibilità».
All’inizio un prodotto cinese
Il laboratorio di Treviso è partito da un prodotto cinese, rielaborandolo. La sperimentazione è già iniziata. «Un lavoro di squadra con la sanità pubblica regionale – sottolinea Rigoli – Ora faremo una sperimentazione coinvolgendo alcune Microbiologie. La sperimentazione viaggerà in parallelo tra più microbiologie del Veneto – Mestre, Vicenza, Padova, Santorso e Treviso – arruolando due tipi di soggetti: i pazienti in Pronto soccorso, dove la percentuale di malati è più alta, e i dipendenti dell’Ulss, per circa 2mila test fatti in doppio con la biologia molecolare, cioè confrontando il fai da te con il tampone tradizionale. L’affidabilità del test appare già notevole, e il metodo è quello che Treviso ha già usato per validare i test rapidi antigenici. Allora abbiamo testato con tampone 3.486 soggetti, con 415 positivi: la ricerca antigenica in correlazione ne ha trovati 413, dunque ne abbiamo “persi”, peraltro con carica molto bassa, per una sensibilità del 99,52%. Sui negativi, 3.049, abbiamo avuto 22 falsi positivi, ma sappiamo che in uno screeening l’importante è non avere falsi negativi, per un 99,28% di specificità».
Sulle orme del test rapido
Questi sono i dati inviati da Treviso al ministero, per la validazione dei test rapidi a livello nazionale.Ieri, dopo la presentazione, sono state riportate le parole di Andrea Crisanti, al fianco della Regione nella prima fase dell’epidemia e della zona rossa di Vo’ Euganeo, poi diventato un modello di studio, e ora in aperto contrasto con lo stesso Zaia. Secondo Crisanti il tampone fai da te è una banalizzazione di un tema serio, con il rischio di perdere del tutto il tracciamento. «Anche adesso chi riceve una notifica da Immuni può decidere di comunicarlo o meno – fa notare la Regione – E sarà un tema di sanità pubblica quello di legare la consegna del kit fai da te a un impegno a comunicare i risultati positivi. Il rischio che una persona contagiata faccia finta di nulla e se ne vada in giro comunque esiste anche adesso».
Lo squalo diventato pesciolino
Al dottor Rigoli è stata ricordata una frase pronunciata la scorsa estate, quando il virus era stato definito “uno squalo diventato pesciolino”. Lui ricorda bene «il picco di marzo: era il 29, giorno del mio compleanno. Già allora vedevamo casi di asintomatici. A luglio si diceva che la carica virale era più bassa, in realtà noi già indagavamo cluster come quello della caserma Serena di Treviso, 256 positivi, e l’azienda Aia, con 600 screening effettuati, e trovavamo asintomatici con una carica elevata. Anche le indagini nelle Rsa dimostravano che il virus, presente, non portava a sintomi. Quando a fine agosto sono rientrati i vacanzieri, allora è tornata a manifestarsi la malattia, avevamo giovani che tornavano dalla Sardegna con 39 di febbre, e sono ricomparse le polmoniti». Che cosa significa? «È quello che accerteremo: le nostre Ulss invieranno campioni prelevati in questi mesi all’Istituto zooprofilattico delle Venezie che si occuperà del sequenziamento. E se c’è stata una mutazione, diventerà nota a tutti».
Fonte: IlSole24Ore