Corbevax, il vaccino senza brevetto che potrebbe rivoluzionare la lotta alla pandemia
Articolo del 02 Febbraio 2022
L’Occidente ha i suoi vaccini contro Covid-19: Pfizer e Moderna, Johnson & Johnson e Astrazeneca. La Russia risponde con Sputnik, la Cina con Sinovac e Sinopharm. Farmaci che hanno salvato milioni di vite in tutto il pianeta, fruttando guadagni stratosferici a tutti i protagonisti di questa impresa scientifica senza precedenti. Oggi più del 60% della popolazione mondiale ha ricevuto almeno una dose di vaccino anti Covid-19, ma ci sono aree che continuano ad arrancare: nei paesi più poveri, infatti, le coperture non raggiungono ancora neanche il 10%.
Una disuguaglianza vaccinale sostenuta anche da una politica dei prezzi che non sembra seguire una logica di accessibilità (in Botswana, per esempio, i vaccini costano più che in Europa). E che, come sappiamo, rappresenta un pericolo per tutti, perché offre l’opportunità al virus di mutare e tornare a colpirci con varianti sempre più letali. La moratoria sui brevetti, chiesta a gran voce da più parti proprio per arginare la situazione, non è mai decollata. Ma la soluzione potrebbe essere comunque a portata di mano: Corbevax, un nuovo vaccino privo di brevetto, economico e facile da produrre, e già approvato da qualche settimana in India, il principale produttore di farmaci del pianeta.
Da Sars a Covid-19
La storia di Corbevax viene da lontano. I suoi creatori sono Maria Elena Bottazzi e Peter Hotez, codirettori del Texas Children’s Hospital Center for Vaccine Development. Due scienziati che hanno dedicato la propria carriera allo sviluppo di vaccini per malattie neglette e infezioni che colpiscono i paesi più poveri. Nel 2003, quando la Sars minacciava di rivelarsi una pandemia globale di portata simile a quella che abbiamo visto negli scorsi anni con Covid-19, i due si misero velocemente a lavoro per sviluppare un vaccino contro il virus. Utilizzarono una tecnologia rodata da tempo, quella dei vaccini a proteine ricombinanti, e riuscirono a ottenere un prototipo promettente in tempi rapidi, ma non prima che l’epidemia di Sars, durata appena un anno, si spegnesse da sola, rendendo inutili ulteriori sperimentazioni cliniche.
Con l’arrivo di Covid-19 le ricerche dei due sono improvvisamente tornate attuali. Sars e Sars-Cov-2, d’altronde, sono virus molto simili: basta modificare la proteina veicolata dal vaccino, scegliendone una che permetta di produrre anticorpi più affini al nuovo virus, per ottenere un promettente candidato vaccino contro Covid-19. Ed è quello che hanno fatto i due ricercatori. Per produrre le proteine ricombinanti (cioè create artificialmente) da inserire nella formulazione del vaccino hanno prima scelto un frammento della proteina spike di Sars-Cov-2 contro cui indirizzare l’azione del sistema immunitario, e hanno quindi modificato geneticamente dei lieviti per produrre la proteina desiderata. Una volta purificata l’hanno combinata con un adiuvante (una sostanza che rafforza la risposta immunitaria all’antigene presentato dal vaccino) e hanno ottenuto il loro vaccino contro Covid 19.
Mancano i finanziamenti
Produrre un nuovo farmaco, e ancor di più dimostrarne l’efficacia, è un’operazione costosa. Una spinta importante nello sviluppo dei vaccini che abbiamo utilizzato nello scorso anno è arrivata dagli enormi finanziamenti messi in campo dal governo americano con la cosiddetta operazione Warp Speed: Pfizer ha ricevuto quasi 2 miliardi, Moderna oltre 4, Astrazeneca e Johnson & Johnson poco meno di un miliardo e mezzo a testa.
Nonostante fossero in vantaggio su molti altri gruppi di ricerca, grazie al loro lavoro sul vaccino per la Sars, Bottazzi e Hotez non sono invece riusciti ad attirare finanziamenti per lo sviluppo di Corbevax. E hanno dovuto procedere con fondi minimi: appena sette milioni di dollari, ottenuti interamente attraverso donazioni private. Questo ovviamente ha allungato i tempi di sviluppo. “Se avessimo avuto anche solo una frazione del supporto che ha ricevuto Moderna, chi sa, forse l’intero pianeta sarebbe vaccinato a questo punto – rifletteva malinconicamente Hotez lo scorso anno sulle pagine del Washington Post – e forse ora non staremmo neanche discutendo di omicron”.
Tralasciando i what if, nonostante i fondi minimi il lavoro di Bottazzi e Hotez ha dato risultati promettenti. Il vaccino – per decisione dei suoi creatori – non è coperto da brevetto. E non trovando partner commerciali con cui testare e commercializzare il vaccino tra le aziende farmaceutiche occidentali, i due scienziati si sono rivolti altrove. La scelta è ricaduta sull’azienda indiana Biological E., a cui hanno fornito il know-how necessario per produrre il vaccino, e collaborato alle fasi di sviluppo dei processi produttivi. E dopo uno studio clinico che ha dimostrato l’efficacia di Corbevax nel prevenire le forme sintomatiche di Covid-19, il farmaco ha ricevuto lo scorso dicembre l’approvazione condizionata per la commercializzazione su territorio indiano.
Cambio di paradigma
Secondo diversi esperti, l’arrivo sul mercato di Corbevax potrebbe rivelarsi fondamentale per dare il colpo di grazia alla pandemia, e porre fine alle disuguaglianze che hanno caratterizzato la distribuzione dei vaccini negli ultimi due anni. Biological E. ha annunciato che produrrà almeno 100milioni di dosi di vaccino al mese a partire dal prossimo febbraio, con un prezzo di produzione che non supera il dollaro e mezzo, e un prezzo di vendita che al momento sembra si aggirerà intorno ai due dollari e mezzo.
Il fatto che il vaccino non sia coperto da un brevetto, inoltre, significa che altre aziende interessate a produrre e commercializzare il vaccino in paesi paesi a basso o medio reddito potranno farlo con estrema facilità. La tecnologia dei vaccini a proteine ricombinanti è infatti vecchia di decenni, e le strumentazioni necessarie per la produzione di questi medicinali sono disponibili un po’ ovunque. I vaccini di questo tipo sono inoltre facili da trasportare e da conservare, perché non richiedono temperature particolari per lo stoccaggio, e quindi perfetti per essere utilizzati in paesi dove la distribuzione può risultare complicata dalla mancanza di infrastrutture.
Gli interrogativi
Ovviamente, rimangono anche molti interrogativi aperti. I dati di efficacia del vaccino, per esempio, al momento non sono stati resi pubblici. Quel che è disponibile è un comunicato stampa dell’azienda produttrice, che parla di due studi clinici svolti in India su più di 3mila persone, che avrebbero dimostrato sicurezza del vaccino, e anche la sua efficacia, valutata (sembra di capire) unicamente in base alla produzione di anticorpi neutralizzanti: i risultati sarebbero compatibili con una protezione superiore al 90% rispetto allo sviluppo di forme sintomatiche di Covid-19 nel caso della variante originaria del virus, e di una protezione che supera l’80% per la variante delta.
Non esistono poi indicazioni rispetto all’efficacia del vaccino nei confronti della variante omicron, e la tecnologia su cui si basa rende l’aggiornamento del vaccino – per quanto possibile – più lungo e complesso rispetto a quelli a mRna.
In attesa di scoprire quanto si rivelerà efficace Corbevax alla prova dei fatti, e quale impatto potrà avere sull’evoluzione della pandemia nei prossimi mesi, Bottazzi e Hotez sono già al lavoro su un altro grande progetto: un vaccino “pan coronavirus”, che immunizzi contro tutte le possibili varianti di Sars-Cov-2, così come da altri coronavirus che potrebbero emergere in futuro. Su una delle strade che potrebbe portare a questo vaccino, quella che prevede di identificare un antigene comune a tutti i coronavirus, sono a lavoro già da anni. E se le ricerche dessero i risultati sperati, si tratterebbe del vero, e definitivo, scacco matto per questa pandemia infinita.
Fonte: Galileo