Covid, chi sono i long-haulers: infettati non ospedalizzati che non riescono a guarire. Le ipotesi per migliorare le loro condizioni
Articolo del 03 Dicembre 2020
La pandemia da Covid sta generando anche un’altra categoria di pazienti, quelli che vengono chiamati long-haulers, ovvero coloro che dopo 8 o 9 mesi dall’infezione iniziale (spesso lieve o moderata, in poche parole in ospedale non sono mai stati ricoverati e l’hanno superata a casa) non riescono ancora a guarire. “È importante comprendere che in questa definizione “non” rientrano coloro che sono stati dimessi dopo settimane o mesi di rianimazione e che hanno avuto danni in vari organi dal cytokine storm del Covid”, precisa Alessandro Santin, responsabile del team di ricerca dello Smilow Cancer Center e direttore del dipartimento di oncologia di Yale School of Medicine.
Non è comune sentir parlare della sindrome dei long-haulers
Tra i problemi post-Covid questo non ha ancora avuto sufficiente esposizione mediatica, la maggioranza delle persone inclusi i medici a cui si rivolgono per consigli ne sanno pochissimo.
Cosa comporta?
Rimangono incapacitati dato che la maggioranza non respira più bene (SOB) e non può quindi più tornare a lavorare o a fare qualsiasi tipo di attività fisica/sport e in aggiunta presentano una serie di altri sintomi cronici come costanti dolori al petto e al cuore, sintomi intestinali, mal di testa, incapacità a concentrarsi, perdita di memoria, tachicardia passando da sdraiati a seduti per descrivertene solo alcuni.
Chi è soggetto a questa sindrome aveva altre malattie concomitanti?
La stragrande maggioranza erano perfettamente sani senza malattie prima di infettarsi. Adesso sappiamo è che il virus persiste nei Covid long-haulers come si può leggere nello studio della Rockefeller University dove si dimostra che il Covid rimane vivo e infettivo dopo oltre sei mesi nell’intestino del 50% dei long-haulers.
Cosa spiega questo fenomeno?
Sulla base dello studio citato riteniamo che il virus riesca a persistere in piccole quantità nascondendosi in alcuni organi nel corpo dei long-haulers (che “non” sono comunque normalmente infettivi) ma il sistema immunitario continua a percepirne la presenza e in particolare le mast cells (mastociti, o mastcellule, sono cellule immunitarie, ndr) e i macrofagi (cellule del sistema immunitario) continuano a secernere non più una “tempesta di citochine” ma una “pioggia di citochine”che sono segno di infiammazione cronica persistente e che causano i sintomi debilitanti e l’incapacità a guarire. Non solo, ma confermando i casi della Rockefeller circa la permanenza di virus vitale, in alcuni di questi soggetti l’infezione parzialmente sotto controllo per mesi può riattivarsi in caso di immunocompromissione. Esistono infatti casi pubblicati di pazienti long-haulers che dopo mesi dall’infezione acuta e multipli tamponi negativi a causa di altre patologie (cancro) e delle conseguenti cure che possono portare a immunocompromissione, il virus si “riattiva” e causa una acutizzazione della sua virulenza e un aggravamento importante della malattia.
Qual è la scoperta più importante in questo campo, come si può trattare la patologia?
Una delle scoperte più importanti è a mio avviso quella di Larry Afrin esperto di mast cells (mastociti, ndr) e altri ematologi con cui collaboro che sembrano avere finalmente almeno parzialmente capito come mai i long-haulers non riescono più a guarire e sulla base di questa scoperta/ipotesi stanno trattando con successo decine di pazienti long haulers con una serie di farmaci venduti in America senza necessità di ricetta medica (vedi anti-istaminici H1/H2 come Pepcid/famotidina e Zyrtec/cetirizina per citartene solo alcuni che come l’aspirina sono super economici e potenzialmente sicuri, in aggiunta a supplementi di vitamina D e C).
Questi trattamenti di cui pochi long haulers (e aggiungo pochi medici) sono al momento a conoscenza sembrano migliorare drasticamente la qualità della vita dato che riducono la sintomatologia (causata dalla pioggia di citochine) e possono far tornare ad una vita quasi normale. Questi farmaci sono normalmente utilizzati con successo nei pazienti con “mast cells activation syndrome” (MCAS). Per inciso, le mast cells sono potentissime cellule del sistema immunitario con funzione di sentinella che contengono centinaia di mediatori di infiammazione (istamina, citochine, chemokine, etc), che sono i mediatori di infiammazione alla base sia della “tempesta” (forma severa di Covid) o “pioggia” di citochine (per i long-haulers) pronte ad essere rilasciate durante l’infezione.
Sfortunatamente, al momento, la risposta è sì. La maggioranza dei medici ignora quasi completamente la patologia dei long haulers e la sindrome MCAS. Infatti, questi malati Covid cronici vengono etichettati come persone ipocondriache o ansiose a cui vengono prescritti ansiolitici e riferiti allo psichiatra. Sulla base di questa situazione esistono adesso associazioni via Internet (Body Politic, etc) di long-haulers che contano centinaia di migliaia di componenti (la maggioranza dei quali in Usa si è ammalata in febbraio/marzo). Divulgare questa realtà può aiutare enormemente queste persone (un numero già importante anche in Italia) e anche i loro medici (al momento in generale all’oscuro e impossibilitati di aiutarli con consigli e/o farmaci adatti).
Ci sono altre sindromi post Covid?
La Multisystem Inflammatory Syndrome diagnosticata sempre di più sia nei bambini (MIS-C) che negli adulti (MIS-A), la maggioranza dei quali è giovane e sana (senza alcuna comorbidità prima dell’infezione). Questa sindrome causa febbre (nella maggioranza ma non tutti i bambini e/o adulti) ed un’infiammazione sistemica nel corpo che può portare a danni permanenti in vari organi (cervello, polmoni, cuore, fegato e reni) e che può essere mortale se non identificata precocemente dai medici
Cosa può succedere con la seconda reinfezione dopo che la prima è stata superata in modo lieve asintomatico?
Quello che sospettiamo è che molti di questi soggetti avevano già incontrato il Covid (pur non avendo prodotto anticorpi) dato che avevano superato l’infezione in forma asintomatica. Una volta infettati la malattia si manifesta in molti sotto forma di MIS-C and MIS-A in quanto il sistema immunitario è già stato sensibilizzato dalla prima infezione (e le mast cells attivate pochi mesi prima sono adesso ancora presenti in grandi quantità nei vari organi sede di infezione come polmoni, cuore, cervello, intestino, etc) ma non avendo questi soggetti durante la prima infezione prodotto una risposta immunitaria efficace e completa (che è basata normalmente sia su anticorpi neutralizzanti anti Spike 1 (S1) che linfociti T specifici), rimangono suscettibili all’infezione e adesso reagiscono in modo esagerato con il loro sistema immunitario.
In Italia quanti sono i long-haulers?
Stimiamo che fino al 10% (alcuni ricercatori sostengono fino al 30%) degli infettati in forma lieve/moderata in Italia (e nel mondo) possa appartenere a questa categoria. Considerando che il numero di casi confermati è già altissimo sia in Italia che nel mondo e che l’Oms stima che il numero di persone che hanno già incontrato il Covid sia in realtà circa 8-10 volte superiore al numero di casi confermati con tamponi, il numero di long-haulers è già astronomico.
Fonte: Il Fatto Quotidiano