Covid, l’origine del virus. La lettera di 16 scienziati su The Lancet: “Non sappiamo come è arrivato all’uomo. Appello per un dibattito”
Articolo del 24 Settembre 2021
I ricercatori ricordano che non è stato ancora identificato il famoso ospite intermedio (il pangolino è stato scartato da tempo), non si è ancora ricostruito il percorso che ha portato il virus dalle grotte dello Yunnan a Wuhan, non si è avuto accesso ai siti e alla documentazione e ai dati grezzi. E inoltre “alcune caratteristiche insolite della sequenza del genoma … suggeriscono che potrebbero derivare dall’ingegneria genetica”.
Un appello per un dibattitto “scientifico obiettivo, aperto e trasparente”. Sono sedici gli scienziati, soprattutto francesi, che hanno firmato una lettera pubblicata il 17 settembre sulla rivista The Lancet sulla necessità di capire l’origine del virus Sars Cov 2. I ricercatori sostengono che allo stato “non ci sono prove scientificamente convalidate che supportino direttamente un’origine naturale”: non è stato ancora identificato il famoso ospite intermedio (il pangolino è stato scartato da tempo), non si è ancora ricostruito il percorso che ha portato il virus dalle grotte dello Yunnan a Wuhan, la città cinese considerata il focolaio dell’epidemia diventa mondiale, non si è avuto accesso ai siti e alla documentazione e ai dati grezzi, “alcune caratteristiche insolite della sequenza del genoma … suggeriscono che potrebbero derivare dall’ingegneria genetica”, in passato sono state documentate fughe di agenti patogeni da laboratori.
L’intervento degli studiosi parte dalla seconda lettera pubblicata su The Lancet, quella del 5 luglio 2021, da parte di un gruppo di scienziati (Charles Calisher dell’Università del Colorado, primo autore) che a febbraio del 2020 aveva sostenuto l’origine naturale del virus e il successivo passaggio all’uomo. Nella prima lettera gli autori, scartando l’ipotesi di un virus nato in laboratorio, scrivevamo che condannavano “le teorie della cospirazione che suggeriscono che il Covid 19 non ha un’origine naturale”. Secondo Jacques van Helden, dell’Università di Marsiglia, e gli altri scienziati firmatari dell’appello quella dichiarazione ottenne l’effetto di “silenziare il dibattito scientifico … anche tra i giornalisti scientifici”. Nella lettera successiva di Calisher e gli altri (quella del luglio scorso), si leggeva: “Crediamo che l’indizio più forte derivante da prove nuove, credibili e sottoposte a revisione paritaria nella letteratura scientifica sia che il virus si è evoluto in natura, mentre i suggerimenti di una fonte di fuga di laboratorio della pandemia rimangono senza prove scientificamente convalidate che lo supportino direttamente nelle riviste scientifiche peer-reviewed”. Nel testo si ponevano alcune domande come quella, tuttora senza risposta, su come il virus ci abbia raggiunto. “Comprendiamo anche che potrebbero volerci anni di studio sul campo e di laboratorio per assemblare e collegare i dati essenziali per raggiungere conclusioni razionali e oggettive, ma questo è ciò che la comunità scientifica globale deve sforzarsi di fare” scrivevano appellandosi all’Oms e alla comunità scientifica per raggiungere un risultato che significa anche essere pronti a eventuali future nuove sfide.
Per i sedici scienziati, guidati da van Helden, “finora non ci sono prove scientificamente convalidate che supportino direttamente un’origine naturale: “Il fatto che l’agente eziologico del Covid 19 discenda da un virus naturale è ampiamente accettato, ma questo non spiega come sia arrivato a infettare l’uomo”. Secondo questi ricercatori opporre due ipotesi – ingegneria di laboratorio contro zoonosi (origine in natura e passaggio dall’animale all’uomo) – è un errore perché esclude “altri scenari possibili”. La loro ipotesi che “sebbene prove considerevoli supportino le origini naturali di altri focolai” come Mers e Sars “… dopo 19 mesi di indagini, manca ancora il progenitore prossimale di Sars Cov 2. Non sono stati identificati né il percorso dell’ospite dai pipistrelli all’uomo, né il percorso geografico dallo Yunnan (dove sono stati campionati i virus più strettamente correlati alla SARS-CoV-2) a Wuhan (dove è emersa la pandemia). Più di 80.000 campioni raccolti da siti di fauna selvatica e allevamenti cinesi sono risultati tutti negativi. Inoltre, la comunità di ricerca internazionale non ha accesso ai siti, ai campioni o ai dati grezzi. Sebbene lo studio congiunto Oms-Cina abbia concluso che l’origine del laboratorio era ‘estremamente improbabile’”.
“Un’origine correlata alla ricerca è plausibile – scrivono i ricercatori -. È necessario affrontare due questioni: l’evoluzione del virus e l’introduzione nella popolazione umana. Da luglio 2020, diversi articoli scientifici sottoposti a revisione paritaria hanno discusso la probabilità di un’origine del virus correlata alla ricerca. Alcune caratteristiche insolite della sequenza del genoma Sars Cov 2 suggeriscono che potrebbero derivare dall’ingegneria genetica, un approccio ampiamente utilizzato in alcuni laboratori di virologia. In alternativa, l’adattamento all’uomo potrebbe derivare da una selezione di laboratorio non diretta durante il passaggio seriale in colture cellulari o animali da laboratorio, compresi i topi umanizzati. Topi geneticamente modificati – sostengono – per mostrare il recettore umano per l’ingresso di Sars Cov 2 (ACE2) sono stati utilizzati in progetti di ricerca finanziati prima della pandemia, per testare l’infettività di diversi ceppi virali. La ricerca di laboratorio include anche approcci più mirati come gain-of-function che si basano su virus chimerici per testare il loro potenziale per attraversare le barriere delle specie”.
Il virus potrebbe essere stato campionato in natura, modificato e potenziato per essere studiato oppure “una contaminazione correlata alla ricerca potrebbe derivare dal contatto con un virus naturale durante la raccolta sul campo, il trasporto dal campo a un laboratorio, caratterizzazione di pipistrelli e virus dei pipistrelli in laboratorio o da un virus non naturale modificato in laboratorio. Ci sono casi ben documentati di fughe di agenti patogeni dai laboratori. La raccolta sul campo, l’indagine sul campo e la ricerca in laboratorio su potenziali agenti patogeni pandemici richiedono protezioni ad alta sicurezza e una cultura della sicurezza forte e trasparente. Tuttavia, gli esperimenti sui coronavirus correlati alla Sars vengono eseguiti di routine a livello di biosicurezza che è conforme alle raccomandazioni per i virus che infettano animali non umani, ma è inappropriato per esperimenti che potrebbero produrre virus adattati all’uomo per effetto della selezione o mutazioni orientate”.
La conclusione è quindi che “attualmente non ci siano prove convincenti per scegliere tra un’origine naturale (cioè un virus che si è evoluto ed è stato trasmesso all’uomo esclusivamente tramite il contatto con animali selvatici o d’allevamento) e un’origine correlata alla ricerca (che potrebbe essersi verificata al campionamento siti, durante il trasporto o all’interno del laboratorio e potrebbe aver coinvolto virus naturali, selezionati o ingegnerizzati). Una valutazione basata sull’evidenza, indipendente e priva di pregiudizi richiederà una consultazione internazionale di esperti di alto livello senza conflitti di interesse, provenienti da varie discipline e paesi; il mandato sarà quello di stabilire i diversi scenari e le ipotesi associate, quindi proporre protocolli, metodi e dati necessari per chiarire la questione dell’origine del Sars Cov2. Al di là di questo problema, è importante continuare a discutere sul rapporto rischio-beneficio delle attuali pratiche di ricerca sul campo e di laboratorio, compresi gli esperimenti di gain of function, nonché le attività umane che contribuiscono agli eventi zoonotici”. L’appello alle riviste scientifiche è di pubblicare “analisi approfondite di tutte le ipotesi”. Inoltre secondo i firmatari “le ipotesi relative alla ricerca non sono disinformazione e congetture. Ancora più importante, la scienza abbraccia ipotesi alternative, argomenti contraddittori, dimostrazione, confutabilità e dibattito. Partire da questo principio rischia di stabilire dogmi, di abbandonare l’essenza della scienza e, peggio ancora, di aprire la strada a teorie del complotto. Invece, la comunità scientifica dovrebbe portare questo dibattito in un luogo a cui appartiene: le colonne delle riviste scientifiche“.
Fonte: Il Fatto Quotidiano