Covid, perché è molto difficile isolare gli anziani in Italia.
Articolo del 12 Novembre 2020
Con l’epidemia di Covid-19 che è tornata a diffondersi in maniera rapidissima sono emersi anche una serie di suggerimenti su come affrontarla, fra cui l’ipotesi di isolare alcuni gruppi più a rischio – come gli anziani – dal resto della società. L’idea si basa sul fatto che la mortalità degli anziani tende a essere molto maggiore di quella dei giovani. Se i giovani si immunizzano diventano anche meno pericolosi per gli anziani.
Eppure questo genere di proposte sono oggi avanzate o supportate spesso da persone che non hanno esperienza di epidemiologia o sanità pubblica, fra cui economisti o studiosi di altre discipline. Allo stato attuale, questo genere di proposte spesso avanzate o supportate da economisti e non medici o epidemiologi, non contengono precise indicazioni operative su come sarebbe possibile fare, ma semmai vaghe indicazioni di principio. Il consenso scientifico dei principali esperti dei campi coinvolti, al contrario, è che si tratta di qualcosa che al più suona bene ma è impossibile da mettere in pratica.
Come ha spiegato Luca Ferretti, epidemiologo all’università di Oxford, per quanto sia importante che come categoria a rischio gli anziani riducano i propri contatti (e dunque il rischio di infettarsi), pensare di isolarli dal resto della società mentre gli altri continuano a vivere come se nulla fosse è pura utopia.
Isolarsi è difficile
«Una prima ragione di cui tutti dovremmo essere consapevoli», scrive Ferretti, «è la difficoltà estrema di isolarsi completamente dal virus», tenendo conto del fatto che neppure le suore di clausura riescono a proteggersi.
Le famiglie e gli over 65
«Gli anziani hanno meno contatti sociali, ma ne hanno, e si infettano. Vista la difficoltà di proteggere gli anziani, l’unico approccio possibile per bloccare l’epidemia tra loro sarebbe imporre un lockdown selettivo solo per loro. Per funzionare, questo lockdown selettivo deve proseguire a lungo. Non sappiamo quanto a lungo, dipenderebbe dall’evoluzione dell’epidemia e da quante dosi di vaccino possano essere disponibili e da quando. Inizialmente sarebbe essenzialmente a tempo indeterminato. Ma questo presenta moltissime complicazioni».
Le reazioni
Come la prenderebbero? «Nel Regno Unito ci si aspetta che, in una situazione simile, molti si rifiuterebbero di venire chiusi in casa per permettere ai giovani di prendere liberamente l’aperitivo». A questo si aggiunge che «gli anziani non completamente autosufficienti ricevono supporto da persone più giovani. Quindi tutte queste persone si devono separare dal resto della popolazione a tempo indeterminato. Se gli anziani vivono in famiglie multigenerazionali, questo include l’intera famiglia. Anche per gli anziani in case di cura, questo vuol dire non poter ricevere visite o vedere la propria famiglia per lungo tempo, di nuovo con conseguenze fisiche e mentali non trascurabili. E in pratica quelli che se ne prendono cura dovrebbero vivere chiusi assieme a loro».
Anche per queste ragioni, conclude il ricercatore di Oxford, «la proposta non è stata presa sul serio da nessun Governo. Nessuno è in grado in breve tempo di proporre un modello di gestione di una situazione così complessa e che si dovrebbe protrarre a tempo quasi indeterminato».
Cosa dicono i numeri
Entrando nel dettaglio dei numeri l’impossibilità di alcune di queste idee diventa subito evidente. C’è chi per esempio ha proposto di separare gli ultra-cinquantenni dai giovani, per evitare che ne vengano contagiati. Al di là di tutte le altre misure possibili, la base minima per evitare contatti a rischio sarebbe evitare che i primi vadano al lavoro – se non si interviene quanto meno su questo aspetto parlare di “isolamento” sembra difficile. Certamente idee più modeste come separare le persone sui mezzi pubblici – anche ammesso sia possibile, il che non è ovvio come l’esperienza degli ultimi mesi insegna – non sarebbero sufficienti da sole.
E tuttavia secondo Istat gli occupati con almeno 50 anni sono 8,9 milioni, mentre gli addetti “sospesi” durante l’intero lockdown di primavera sono stati 7,3 milioni fra industria e servizi. Per evitare un lockdown se ne proporrebbe dunque uno potenzialmente di dimensione ancora maggiore. Date le loro caratteristiche anagrafiche, poi, tali persone sono anche quelle per cui l’eventuale lavoro da casa tende a essere meno probabile.
Il costo di isolare gli over 50
Secondo Michele Tizzoni, epidemiologo alla Fondazione ISI, «il problema principale è che manca una proposta chiara e definita nei particolari, quando si discute di proteggere gli anziani. Chi fa queste proposte non scrive niente di più che vaghe indicazioni ma non mostra nessun piano operativo, nessuna idea dei tempi necessari ad adottare queste misure. Io aspetto con ansia di leggere un articolo scientifico (un vero paper, peer-reviewed) che mostri i passi su cui si basa questa strategia. Per ora, non c’è nulla, a quanto ne so». Ma persino se per pura ipotesi si riuscissero a isolare gli anziani probabilmente emergerebbero tutta una serie di altre conseguenze negative: «con un libera tutti per la popolazione sotto i 50, 60, 70 anni – continua Tizzoni – il contagio crescerà a livelli molto elevati e a questo punto proteggere gli anziani diventerà sempre più difficile, dato che nessuno può vivere in una bolla isolato dal mondo esterno soprattutto se parliamo della metà o il 20% della popolazione italiana”.
Una lettera pubblicata sulla rivista scientifica Lancet intitolata – in maniera significativa – “Scientific Consensus on the COVID-19 Pandemic” riassume, oltre a quelli già citati, i tanti altri problemi di un’idea del genere. «Non ci sono evidenze scientifiche – scrivono gli autori e autrici – secondo cui oltre al costo umano questo misura avrebbe un impatto sulla forza lavoro nel suo insieme, sopraffacendo la capacità del sistema sanitario di curare sia i casi urgenti che quelli di routine».
Gli anziani, poi, non costituiscono certo l’unico gruppo a maggior rischio. Alcune malattie, presenti anche nei giovani, aumentano moltissimo la probabilità di un esito grave del COVID-19 e a quel punto la scelta diventa isolare anch’essi (ampliando ancora il numero di persone isolate e moltiplicando tutti i problemi menzionati sopra) oppure metterli nel gruppo in cui lasciar circolare liberamente il virus.Un altro problema, ricorda Marco Albertini, professore di sociologia all’università di Bologna, è che «si è dato per scontato che il meccanismo unico o preponderante per la diffusione della infezioni in questo gruppo della popolazione sia quello del contatto con persone di altre fasce di età». Eppure «le infezioni avvengono attraverso qualsiasi contatto, sia esso con persone di età inferiore, superiore o identica.
In altre parole se in un gruppo perfettamente segregato di persone anziane vi è anche un solo positivo, per la diffusione del virus non importa che esse siano isolate da altri gruppi, quello che conta è quanto intensi sono i legami tra loro. Se i legami ci sono, e sappiamo che la società è ricca di legami orizzontali nei gruppi di età, allora il virus continuerà a diffondersi ampiamente e in maniera proporzionale al numero di legami dentro il gruppo e in maniera indipendente dal numero di contatti extra gruppo di età».
Resta poi esclusa da proposte del genere ogni considerazione sugli effetti che un isolamento fino a data da destinarsi avrebbe sia su queste stesse persone che sul resto della società. «Esiste una mole di studi enorme – continua Albertini – che mostra come l’isolamento sociale – e ancora di più l’isolamento dai propri legami familiari – provoca un significativo peggioramento dello stato di salute mentale delle persone anziane. stati sono fortemente legati nel tempo anche al deterioramento della salute fisica e, in definitiva, alle aspettative di vita. Le persone anziane che non hanno contatti regolari con i propri figli fanno registrare uno stato di salute mentale significativamente peggiore anche di chi i figli non li ha proprio».
Gli anziani e il lavoro
E in più, conclude il sociologo, «le persone di una certà età rappresentano non solo una parte essenziale del mercato del lavoro, ma anche del sistema di welfare e del sistema di socializzazione dei bambini e dei ragazzi. Il modello di famiglia diffuso nelle società occidentali contemporanee – semplificando una famiglia fatta da molte generazioni famigliari ma da pochi fratelli, sorelle e cugini – ha portato ad accrescere il ruolo dei nonni nella socializzazione e vita dei nipoti. In Italia la potenziale disponibilità dei nonni che accudiscono i nipoti è tale da influenzare anche il comportamento riproduttivo dei figli. Un prolungato isolamento delle persone anziane dal resto della società avrebbe come esito probabile il totale disequilibrio del sistema di welfare che poggia sul loro ruolo».
Fonte: 24+ de IlSole24Ore