Covid, si va verso un vaccino orale?
Articolo del 12 Febbraio 2022
I primi risultati su animali sono favorevoli. In futuro vaccini orali che colpiscono direttamente le mucose potrebbero rivelarsi anche più protettivi contro i contagi. E lo stesso approccio può essere usato anche per le terapie.
Quasi il 10% della popolazione, già prima della pandemia, soffriva della paura degli aghi, la cosiddetta belonefobia. Anche per questo, da tempo diversi gruppi di ricerca provano a sviluppare vaccini orali altrettanto efficaci. Oggi un team del Mit (Massachusetts Institute of Technology), negli Stati Uniti, ha creato e testato su animali un prototipo di questo genere, contenuto in capsule da ingoiare.
Il trasporto del composto è reso possibile da particolari nanoparticelle, che si sono dimostrate ‘veicoli’ molto efficienti, inglobate nelle compresse da ingerire.
Lo studio, ancora iniziale, ha permesso il rilascio nello stomaco degli animali di una buona quantità di Rna, superiore a quella contenuta nei vaccini a Rna messaggero (mRna) anti Covid-19. I risultati preliminari sono pubblicati sulla rivista Matter.
Primi risultati buoni
Il team del Mit si è concentrato sull’invio dell’acido nucleico Rna, una molecola piuttosto ampia, attraverso nanoparticelle basate su uno specifico polimero biodegradabile, poly (beta amino esters). Recentemente sviluppato dagli autori, questo polimero è già utilizzato nelle sperimentazioni come valido vettore.
I test hanno dato esito favorevole: 3 capsule hanno rilasciato nello stomaco dei maiali 150 microgrammi di Rna. Gli attuali vaccini anti Covid a Rna messaggero includono da 30 a 100 microgrammi di mRna.
L’Rna, giunto a destinazione, lavora per la produzione della proteina desiderata – che, nel caso del vaccino anti Covid, è la proteina Spike, contro cui il sistema immunitario si attiverà per produrre una risposta protettiva.
Dall’analisi è emersa la presenza della proteina nello stomaco dei maiali, ma non in altri organi o tessuti. Ora gli scienziati puntano a capire se l’immunità può essere estesa anche ad altri organi cambiando la composizione delle nanoparticelle o il loro dosaggio.
A che punto siamo
“Anche se ancora piuttosto agli inizi, la ricerca è molto interessante”, commenta Maurizio Sanguinetti, ordinario di Microbiologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e microbiologo della Fondazione Gemelli Irccs, non coinvolto nel lavoro. “Lo studio si inserisce in un florido filone di indagine, quello basato sul delivery (cioè l’invio) diretto di farmaci sulle mucose mediante l’uso di specifici vettori, come nanoparticelle”.
In generale, non è la prima volta che gli scienziati percorrono la strada dei vaccini orali e spray, ma siamo ancora in uno stadio iniziale della sperimentazione. “Parlando di vaccini, le difficoltà risiedono nel fatto che la formulazione orale è più difficile da ottenere”, aggiunge Sanguinetti, “e la risposta immunitaria può risultare meno potente. Mentre la somministrazione sistemica, per via iniettiva, è per ora più diretta, nonché associata a una formula più rapida da avere e semplice da standardizzare”.
L’immunità delle mucose
In ogni caso l’approccio risulta promettente, secondo l’esperto, e non solo perché si potrebbero eliminare gli aghi. “L’idea di stimolare l’immunità mucosale potrebbe rappresentare una strada importante”, chiarisce l’esperto, “anche per un altro motivo. L’obiettivo è cercare vaccini che proteggano non solo dalle forme gravi, come avviene oggi per Covid, ma che agiscano significativamente anche contro i contagi, riducendo la circolazione del virus. Si tratterebbe comunque di una strategia non sostitutiva, ma potenzialmente aggiuntiva, per il futuro”.
Non solo vaccini
Il metodo dell’invio di farmaci direttamente ai tessuti, mediante vettori, non vale soltanto per la ricerca dei vaccini. Gli autori del Mit, sotto la guida di Giovanni Traverso e Robert Langer, segnalano che potrebbe servire a livello terapeutico, ad esempio per trattare patologie del tratto gastrointestinale associate ad ulcere.
Ma le possibili applicazioni sono numerose. “Il nostro gruppo della Cattolica – aggiunge Sanguinetti – sta lavorando insieme al Cnr di Faenza e di Milano per ottenere un sistema simile, in grado di rilasciare nel polmone antibiotici e altre sostanze ad azione antimicrobica per la cura delle infezioni polmonari. In questo caso il vettore sono nanoparticelle di fosfato di calcio, completamente biodegradabili e sicure. Questa strada potrebbe essere percorsa quando la penetrazione e l’assorbimento di un medicinale attraverso altre vie non sono ottimali”.
Fonte: La Repubblica