Covid: super-resistenti al virus, ecco quelli che non si ammalano
Articolo del 29 Ottobre 2021
Sconosciute ancora le cause genetiche e immunologiche di questa resistenza all’infezione. Uno studio scava sulle caratteristiche di chi non si ammala di Coronavirus. Il virologo del San Matteo di Pavia Baldanti: “Ho scoperto di essere tra questi”.
In tutte le epidemie o pandemie c’è sempre qualcuno che esce indenne dal virus. Non viene attaccato, non contrae la malattia, non rischia nemmeno un lievissimo sintomo. Ora sono i “superman” del Covid ad attrarre l’attenzione di équipe di studiosi da tutto il mondo, impegnate in uno studio coordinato dall’Università di Melbourne e dalla Fondazione per la ricerca biomedica dell’Accademia di Atene. Studio che è solo agli inizi, pubblicato sulla rivista scientifica Nature Immunology.
La premessa, spiegano i ricercatori, è questa: “Le infezioni da Sars-Cov-2 mostrano un’enorme variabilità interindividuale, che va da infezioni asintomatiche a malattie potenzialmente letali”. E si concentrano su un fatto: mentre sappiamo che sono “variazioni congenite e autoanticorpi diretti contro gli interferoni di tipo I (IFN) a determinare il verificarsi di circa il 20% dei casi critici di Covid-19 tra gli individui con infezione da Sars-Cov-2”, al contrario “le cause genetiche e immunologiche della resistenza all’infezione, di per sé sono sconosciuti”.
Si parte dalle scoperte Hiv
La base di partenza per scoprire i meccanismi che fanno di alcuni individui dei “superman del Covid” è ciò che si è fatto e scoperto a proposito dell’Hiv-1. Anche in quel caso il problema da risolvere era: perché alcuni contraggono il virus Hiv, sindrome da immunodeficienza acquisita? I ricercatori hanno scoperto questo meccanismo: la diminuzioni dei recettori delle chemochine DARC (immunideficienza genetica) conferisce resistenza al Plasmodium vivax (parassita unicellulare, che è il più frequente e diffuso responsabile di malaria ricorrente). E hanno dimostrato che chi ha una densità di recettore 5 delle chemiochine (proteine) e dell’enzima FUT2 (responsabile della sintesi dell’antigene H nei fluidi corporei e sulla mucosa intestinale) ha una resistenza all’Hiv-1 e ai norovirus (causa più comune di gastroenterite). “Sulla stessa linea – sottolineano gli autori dello studio – proponiamo una strategia per identificare, reclutare e analizzare geneticamente individui che sono naturalmente resistenti all’infezione da Sars-Cov-2”.
Radiografia della pandemia
La pandemia Covid ha ricordato a chiunque che le infezioni sono uniche tra le malattie nel loro potenziale di causare rapidamente malattia e mortalità in tutto il mondo. “Nel corso della storia, le malattie infettive hanno imposto agli esseri umani forti pressioni selettive – sottolineano gli studiosi – in particolare le pandemie virali, comprese quelle causate dai Coronavirus, si sono verificate ripetutamente nell’ultimo secolo e probabilmente nel corso della storia umana. La variabilità clinica in risposta all’infezione, virale o meno, può essere spiegata, almeno in alcuni individui, da fattori genetici umani”.
“L’introduzione di Sars-Cov-2 in una popolazione su scala globale, ha fornito l’ennesima dimostrazione della notevole variabilità clinica tra individui in corso di infezione: si va dalle infezioni asintomatiche alle malattie potenzialmente letali – proseguono – la nostra comprensione della fisiopatologia del Covid-19 potenzialmente letale è progredita considerevolmente da quando la malattia è stata descritta per la prima volta nel dicembre 2019, ma sappiamo ancora molto poco sulle basi genetiche e immunologiche umane della resistenza congenita al virus in questione”.
In famiglia tutti infetti, tranne uno
Così capita che ci siano intere famiglie infette, tranne una persona. Che potrebbe anche non vaccinarsi, tanto risulterebbe irraggiungibile dal virus. “I tassi medi di attacco secondario per le infezioni da Sars-Cov-2 possono toccare il 70% in alcune famiglie e sono stati segnalati numerosi nuclei famigliari in cui tutti i membri tranne uno dei coniugi erano stati contagiati – conferma la ricerca – suggerendo che alcuni individui altamente esposti possano essere resistente all’infezione con questo virus. Perciò abbiamo esaminato alcuni esempi di suscettibilità geneticamente determinata a esiti gravi di due malattie infettive: la tubercolosi e il Covid-19, coprendo in modo più approfondito i tre casi noti di resistenza congenita alle infezioni. Abbiamo considerato, quindi, i geni candidati direttamente rilevanti per la resistenza all’infezione da Sars-Cov-2. E abbiamo proposto una strategia per il reclutamento e l’analisi genetica di individui che sono naturalmente resistenti all’infezione del virus. Ora riteniamo fondamentale sostenere ulteriori studi per sviluppare la nostra comprensione dei meccanismi che causano la resistenza congenita all’infezione e può fornire un quadro per l’uso di queste conoscenze a fini terapeutici”.
C’è chi resiste a vaiolo ed ebola
“In tutte malattie infettive c’è sempre una quota di persone che sono naturalmente resistenti all’infezione – conferma Fausto Baldanti, che da mesi analizza le varianti Covid nel Laboratorio di Virologia Molecolare del policlinico San Matteo di Pavia – ma chi sono? Molti report riguardano individui che, avendo strettissimi contatti con persone infette, non si infettano a loro volta. Parlo di nuclei familiari in cui uno su tanti viene risparmiato dal virus, nel senso che non ce n’è proprio evidenza, non che si trattino di asintomatici. Quindi per tutte le malattie infettive c’è una quota di resistenti. Anche quelle più terribili non uccidono il 100% delle persone counvolte: il vaiolo, ad esempio, ha una mortalità dell’80%, l’ebola del 90%”.
I fattori naturali che azzerano il contagio
Ma quali sono i meccanismi che danno protezione naturale contro i virus, Covid compreso? “Sono due – risponde Baldanti – la prima è la presenza di un’immunità preesistente, crociata da infezioni similari. Alcune persone, ad esempio, hanno resistito al Covid perché avevano contratto una precedente infezione dovuta ad altri Coronavirus. Mi spiego: ci sono quattro ceppi di Corona che provocano infezione Beta Coronavirus nell’uomo: di questi, due danno una risposta crociata nei confronti della Sars. In pratica, l’aver contratto qualcosa di simile al Covid conferisce una protezione perché ha generato una risposta crociata. Io ne sono l’esempio, perché da un campione di sangue che avevo prelevato tre anni fa e poi conservato, ho scoperto di aver prodotto una risposta immunitaria contro il Covid. In pratica avevo contratto un Beta Coronavirus umano che si chiama HKU1. Si stima che il 25-30% delle persone che non prendono il Covid abbia una risposta T-Cellulare residuale provocata da un’infezione con un virus parente del Covid stesso. Dunque questo può proteggere dalla nuova infezione o determinarne di lievi o asintomatiche”.
La variazione genetica alla base dello studio
E qual è il secondo meccanismo di protezione naturale dal virus che conosciamo dal 2020? “Di questo parla il lavoro coordinato da Università di Melbourne e dalla Fondazione per la ricerca biomedica dell’Accademia di Atene – prosegue Baldanti – ne parla proprio perché è dovuto a qualche tratto genetico che risulta essere poi favorevole nei confronti della nuova infezione. Ad esempio individui che hanno una densità di recettori Ace2 e Trmpss (proteine) più bassa risulterebbero meno infettabili. Oppure può accadere che alcuni soggetti abbiano sia una variazione genetica che protegge dal Covid, ma hanno pure contratto una precedente infezione con un virus parente. E questo li rende praticamente intangibili”.
Il virologo fa un altro esempio che prende in esame la malaria, distribuita nel bacino sub tropicale. “Nel mediterraneo insiste la talassemia, che in pratica è una anemia (ridotta quantità di globuli rossi). Si è scoperto che le persone che ne soffrono si infettano meno di malaria. Questo è un caso citato espressamente dallo studio in questione. Chiamiamole alterazioni genetiche che possono proteggere dalle infezioni”.
Come ci si accorge di essere resistenti al Covid?
Difficile, se non impossibile, prima del contatto diretto con la malattia, accorgersi di essere resistenti al Covid. A confermarlo, per esperienza diretta, è lo stesso Baldanti, che solo tre anni dopo si è reso conto di aver già incontrato un Coronavirus che lo ha reso praticamente impermeabile al Covid. “Ci si accorge del proprio stato di super-protetti solo nell’evidenza di non essersi contagiati – conclude – gli interessati non sanno di esserlo. Io stesso, solo ora ho scoperto che in un campione del mio sangue conservato nel congelatore da tre anni c’era una risposta T-cellulare contro il Covid. Sarà un caso, ma non ho avuto mai un tampone positivo”. Quanti sono i super-protetti, ossia le persone che hanno varianti genetiche che consentono loro di resistere maggiormente al virus? Secondo una stima poco meno del 10%.