Dieta, sei alimenti per una buona salute cardiovascolare
Articolo del 17 Luglio 2023
Uno studio canadese stile un punteggio per una dieta preventiva delle malattie cardiovascolari, individuando sei alimenti fondamentali se consumati nelle quantità previste dal punteggio. Si tratta di frutta, verdura, legumi, noci, pesce e latticini.
Frutta, verdura, legumi, noci, pesce e latticini: sono questi i sei ingredienti fondamentali della dieta che, se non consumati in adeguati quantitativi, possono determinare un aumento del rischio di malattie cardiovascolari da adulti. A mostrarlo è una ricerca coordinata da un team della McMaster University (Canada), che ha stilato il punteggio della dieta sana sulle evidenze dello studio in corso Prospective Urban and Rural Epidemiological (PURE), applicandolo poi a popolazioni di diverse regioni del mondo. I risultati della ricerca sono stati pubblicati dall’European Heart Journal.
Il punteggio PURE Healthy Diet raccomanda un apporto giornaliero medio di: frutta in due o tre porzioni; verdure a due o tre porzioni; noci in una porzione e latticini a due porzioni. Il punteggio include anche da tre a quattro porzioni settimanali di legumi e da due a tre porzioni settimanali di pesce. I possibili sostituti comprendono cereali integrali (in una porzione al giorno) e carne rossa o pollame non lavorati, sempre nella quantità di una porzione al giorno.
L’OMS stima che nel 2019 quasi 18 milioni di persone siano decedute per malattie cardiovascolari, il 32% di tutti i decessi registrati. Di questi, l’85% era dovuto a ictus o infarto.
L’indagine della McMaster University ha analizzato i dati relativi a 245mila persone provenienti da 80 paesi, concentrandosi esclusivamente su alimenti protettivi o naturali.
“Recentemente abbiamo registrato maggiore attenzione al consumo di alimenti protettivi per la prevenzione delle malattie. Al di fuori di maggiori quantità di frutta, verdura, noci e legumi, i ricercatori hanno dimostrato che la moderazione è fondamentale nel consumo di alimenti naturali “, conclude Andrew Mente, del Dipartimento di ricerca sulla salute della McMaster University.
Fonte: QuotidianoSanità.it