La ricerca di un team olandese: l’attivazione di specifiche aree della corteccia potrebbe rivoluzionare le tecniche di allenamento.

Scoperto nel cervello il segreto per segnare il rigore perfetto: scienziati olandesi dell’università di Twente hanno individuato le aree neurali che si attivano quando il calcio di rigore è vincente e quelle che, al contrario, attivandosi, “determinano” un rigore che non va a segno.

La scoperta è stata resa nota sulla rivista “Frontiers in Computer Science”: in futuro si potrebbe lavorare sul cervello dei calciatori con il “neurobiofeedback” o con altre tecniche mentali così da allenare la loro mente a segnare.

I calci di rigore possono essere decisivi in una partita: esemplare la sconfitta italiana contro il Brasile ai Mondiali Usa del 1994 o la vittoria azzurra contro la Francia nella Coppa del Mondo 2006 in Germania. Scoprire i processi mentali in grado di condizionare l’esito di un rigore potrebbe avere ricadute importanti per gli allenamenti dei calciatori professionisti.

Come può essere che dei professionisti con un controllo quasi perfetto sulla sfera (in grado di calciare la palla con precisione su una distanza di 50 metri) falliscano a un calcio di rigore da soli 11 metri? E’ questa la domanda di partenza degli autori del lavoro. “Ovviamente – spiegano – ha un ruolo determinante la fortissima pressione psicologica, ma perché questa, molto spesso, spinge a sbagliare? Abbiamo cercato di rispondere a questa domanda misurando per la prima volta l’attività cerebrale dei calciatori durante l’esecuzione dei calci di rigore”.

Gli esperti hanno quindi usato in una prima assoluta dei caschetti che registravano l’attività cerebrale dei calciatori (dilettanti e professionisti) sul campo di gioco, grazie alla spettroscopia funzionale nel vicino infrarosso, una tecnica non invasiva di neuro-imaging funzionale. Sono state prese in esame varie condizioni di gioco più o meno realistiche e si è visto che durante una partita i rigori vincenti erano solo quelli anticipati da uno specifico profilo di attività motoria del giocatore: il rigore – spiega Nattapong Thammasan – va a segno quando chi lo calcia attiva particolari aree della corteccia motoria ed aree rilevanti per portare a termine dei compiti complessi.

Viceversa, si è visto che chi sbaglia il calcio di rigore si fa sopraffare dall’attivazione di aree del cervello legate all’ansia e all’eccesso di pensieri confusi: in particolare ad attivarsi è la corteccia pre-frontale, la stessa he utilizziamo anche per prevedere le conseguenze delle nostre azioni, oltre che alcune aree neurali legate alla distrazione.

Le differenze riscontrate nell’attivazione di diverse aree neurali nei rigori vincenti e non sono molto più marcate tra i calciatori dilettanti che tra i professionisti, precisa Thammasan, e tuttavia anche per questi ultimi potrebbero esserci significativi margini di miglioramento.

L’idea proposta dagli studiosi potrebbe essere di ricorrere proprio al caschetto che registra in tempo reale l’attività neurale del calciatore per mostrargli come si sta comportando il suo cervello e, quindi, spronarlo a controllare in modo proficuo la propria attività mentale.

“Crediamo che le abilità mentali del giocatore, specie sotto pressione (come durante una finale dei campionati del mondo), potrebbero essere allenate e migliorate con una interfaccia uomo-computer – spiega Thammasan -. Allenare le abilità mentali insieme con quelle fisiche – continua – con un feedback ricevuto da questa interfaccia può migliorare le performance degli sportivi professionisti, ma anche di altre categorie di professionisti, come ad esempio i chirurghi. Speriamo di utilizzare il nostro dispositivo per la spettroscopia – anticipa – negli allenamenti sportivi reali sul campo”.

Il sistema potrebbe confermare al giocatore che l’attività cerebrale in atto in quel momento nel suo cervello è quella giusta per segnare, conclude. “Usando questo genere di feedback potremmo aiutare il giocatore a direzionare nella maniera giusta il proprio sforzo mentale”. E il gol sarebbe assicurato.

 

Fonte: La Stampa

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