Il sistema nervoso e in particolare il cervello in via di sviluppo sono gli organi che maggiormente risentono dei suoi effetti tossici. Si tratta del mercurio, un composto particolarmente nocivo per l’uomo che, in modo più o meno consapevole, portiamo sulle nostre tavole. Questo metallo, infatti, è presente in molti dei pesci pescati nei nostri mari sottoforma di metilmercurio.
Il pescato italiano al microscopio
I pesci di grossa taglia sono tra i più contaminati e con una sola porzione possono far superare la soglia di mercurio settimanale accettabile per i bambini. Fra i pesci più piccoli, invece, la situazione migliora. È emerso da un’analisi condotta da Altroconsumo su circa 100 pesci freschi, surgelati, conservati, in scatola, affumicati.
«Grazie a questo studio – spiega Emanuela Bianchi, coordinatrice del settore Alimentazione di Altroconsumo – abbiamo verificato la presenza di questa sostanza tra le tipologie di pesci maggiormente acquistati dagli italiani, così da aiutare i consumatori a non superare la soglia di assunzione indicata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), fissata in 1,3 microgrammi per chilogrammo di peso corporeo».
Ecco i risultati
«Il mercurio tende ad accumularsi nei pesci predatori, che si nutrono di altri pesci, quindi di carni che a loro volta già contegono questo metallo. Inoltre – aggiunge l’esperta – i pesci di grossa taglia hanno una vita più lunga e, di conseguenza, sono esposti alla sostanza tossica per un tempo maggiore. Con il pesce spada e la verdesca (un tipo di squalo), entrambi appartenenti alla categoria dei predatori, è sufficiente una sola porzione per superare il limite settimanale di mercurio consentito. Se prendiamo in considerazione una porzione di pesce (60 grammi per i bambini di 5 anni, 150 grammi per le altre fasce di età, 50 grammi per il pesce in scatola o affumicato ), mangiando verdesca la dose settimanale tollerabile viene superata di una volta e mezzo circa negli adulti e di due volte e oltre nei bambini. Nel caso del pesce spada – sottolinea Bianchi – il superamento della dose tollerabile è pari a 1,3 volte circa nell’uomo e quasi a due volte nell’adolescente».
I conti tornano invece prediligendo i pesci di piccola taglia. Con una porzione di trota salmonata si arriva al 2% della dose di mercurio tollerata dagli adulti e al 3% nel caso delle altre fasce della popolazione. Altrettanto sicuri – dice l’esperta – anche sgombro, sardine e salmone che siano freschi, surgelati, in scatola o conservati in altro modo».
Mercurio, da dove viene e perche fa male
Il metallo tossico è un inquinante che può derivare sia da fonti naturali, come le eruzioni dei vulcani e gli incendi delle foreste, sia dalle attività dell’uomo. Per questo, non tutti i mari sono contaminati allo stesso modo. «Il mar Mediterraneo è tra i più inquinati da mercurio – aggiunge Bianchi-. Lo confermano anche le nostre analisi che hanno rilevato una maggiore quantità di mercurio nel tonno rosso, tipico dei nostri mari, rispetto al tonno pinne gialle, pescato in luoghi decisamente meno inquinati (nelle Filippine, Papua Nuova Guinea, Indonesia e Australia del nord, ndr)».
Va chiarito che solo dosi molto elevate di mercurio possono essere fatali. Ma quantità così elevate non sono normalmente associate al consumo di pesce. «Il metallo tossico che entra nel nostro organismo attraverso il cibo risulta nocivo per il sistema nervoso dei più piccoli – spiega Bianchi – Ne è sconsigliata l’assunzione anche alle donne in gravidanza o in allattamento, in quanto è stato accertata la sua capacità di oltrepassare la placenta e raggiungere il feto, così come quella di contaminare il latte materno».
Consigli utili
La presenza di mercurio, però, non deve scoraggiare al consumo del pesce, alimento essenziale per la salute umana. «È fondamentale portare almeno tre porzioni di pesce alla settimana sulle nostre tavole. Per evitare effetti dannosi sarà sufficiente attenersi ad una semplice regola: bandire dalla dieta di bambini e donne incinte o in allattamento i pesci predatori e limitarne il consumo ad una sola porzione ogni sette giorni per il resto della popolazione. Via libera, invece, – conclude l’esperta – al consumo di tutto il resto del pescato».
Fonte: Sanità Informazione