Dati scientifici raccolti fino ad oggi confermano che i vaccini anti-Covid-19 riescono a proteggerci dal contrarre la malattia in forma grave, grazie alla capacità immunizzante.
La somministrazione del vaccino non rende chi lo riceve assolutamente infettivo, la persona immunizzata non è contagiosa.
I vaccini sviluppati contro il SARS-CoV-2, disponibili e utilizzati oggi in Italia, infatti, non contengono il virus intero o attenuato, ma semplicemente alcuni pezzetti della sequenza genetica della proteina Spike. Per questo motivo è impossibile che il vaccino causi la malattia in chi lo riceve, né tantomeno che in seguito al vaccino si diventi positivi al Covid-19.
Quando questo succede, la spiegazione è che probabilmente questa persona è venuta a contatto con il virus nei giorni appena prima o subito dopo la somministrazione del vaccino. Oppure che, a causa di problemi di salute pregressi, in quella persona l’immunizzazione non sia stata del tutto efficace, facendo sì che contraesse l’infezione e che questa poi evolvesse in malattia manifestandosi attraverso sintomi lievi.
E qui arriviamo al punto: i vaccini riescono a bloccare anche il contagio? Si può parlare di capacità sterilizzante?
Risultato fondamentale affinché questa pandemia venga archiviata è impedire la diffusione silenziosa del virus, ovvero quella asintomatica. La vaccinazione impedisce il manifestarsi della malattia sintomatica, ancor più se in forma grave. Evidenze conclusive sulla sua capacità di bloccare l’infezione, invece, non ci sono ancora.
Quindi, al termine di questa prima campagna vaccinale, il virus potrebbe ancora continuare a circolare trovando rifugio in persone che non sono state vaccinate, come ad esempio tutti i ragazzi e bambini sotto i 16 anni, oppure in persone nelle quali i vaccini non sono stati molto efficaci o, ancora, in quelle persone che a causa di determinati problemi di salute non hanno potuto essere immunizzate.
Ma può un vaccino impedire la circolazione di un virus? La risposta è si, ma solo se i vaccinati:
- non contraggano l’infezione;
- non trasmettono ad altri il virus, qualora venissero contagiati.
Infezione e malattia: qual è la differenza?
L’infezione è un processo caratterizzato dall’ingresso nei tessuti di un agente patogeno (batteri, miceti, protozoi o virus) che, una volta all’interno, inizierà a moltiplicarsi.
La presenza di organismi estranei all’interno di un organismo non sempre però si traduce in una malattia. L’evoluzione di un’infezione infatti dipende da numerosi e diversi fattori come, ad esempio, le caratteristiche dell’agente patogeno, lo stato di salute del sistema immunitario dell’ospite e da caratteristiche ambientali.
Un’infezione quindi può essere:
- muta, se asintomatica;
- abortiva, se presenta solo leggeri sintomi;
- manifesta, quando i sintomi sono clinicamente evidenti.
Solo in quest’ultimo caso si parla di malattia, nello specifico infettiva, risultato di una complessa interazione tra il sistema immunitario dell’ospite e l’organismo estraneo.
La trasmissione di una malattia da un individuo ad un altro si definisce contagio e può avvenire in diversi modi a seconda della malattia. Il contagio avviene sempre attraverso un mezzo che fa da tramite tra l’organismo infetto e quello sano. Nel caso del Covid-19, il vettore del SARS-CoV-2 è rappresentato dalle goccioline di saliva (droplet o aerosol).
Per contagiare non è necessario che l’organismo “di provenienza” manifesti i sintomi della malattia: può anche trattarsi di un portatore sano (vedi casi asintomatici). Sono tanti, infatti, i batteri considerati patogeni presenti all’interno di organismi sani, che non causano la relativa malattia. Ad esempio, prendiamo lo pneumococco, batterio capace di causare diverse malattie caratterizzate da quadri clinici differenti. Quando una persona sta bene, lo pneumococco si localizza nelle alte vie respiratorie senza dare alcun disturbo, determinando quindi la condizione di “portatore sano”. Se il batterio oltrepassa le barriere mucose dell’ospite, allora causa malattia.
Perché il vaccino anti-Covid-19 può anche non bloccare l’infezione?
Analizzando la situazione dei contagi nei Paesi in cui la campagna vaccinale è quasi al termine, si può notare quanto il rischio di ammalarsi o di morire sia drasticamente diminuito, grazie al vaccino.
Il virus però può comunque continuare a circolare perché la persona vaccinata si può comportare da portatore sano: se infettata dal nuovo coronavirus, può contagiare senza però manifestare sintomi.
Qual è la spiegazione?
In seguito ad immunizzazione, il sistema immunitario riceve sia lo stimolo per produrre anticorpi IgM e IgG da rilasciare nel sangue, sia anticorpi IgA che si localizzano soprattutto a livello delle mucose. La produzione di IgA nelle mucose rappresenta uno scudo protettivo più immediato, soprattutto nei confronti di virus come il SARS-CoV-2 che entra nell’organismo attraverso le vie respiratorie. Se non venissero prodotti anticorpi IgA a livello delle mucose, il batterio o il virus riuscirebbe a superare il primo ostacolo, entrando nell’organismo e replicandosi. Ma grazie alla produzione di IgG e IgM rilasciati nel sangue la sua diffusione all’interno del corpo viene ostacolata.
Purtroppo, però, occorre del tempo affinché tutto questo avvenga. È proprio in questo lasso di tempo che una persona vaccinata ma infettata può essere contagiosa.
La buona notizia è che comunque nella maggior parte dei casi la quantità di virus, o carica virale, presente nelle persone vaccinate è più bassa.
Quindi la contagiosità è ridotta, anche quando non è del tutto bloccata. Studi condotti soprattutto in Israele, infatti, mostrano come la carica virale (e quindi la positività dei tamponi) sia diminuita moltissimo dopo la vaccinazione. Dunque, se cala la quantità di virus che si replica, diminuisce molto anche la sua circolazione.
Facciamo l’esempio di un vaccino introdotto ultimamente (2017), quello contro il rotavirus. Questo agente patogeno, soprattutto nei bambini, può essere molto pericoloso perchè in grado di provocare vomito e diarrea gravi. Uno studio condotto dal Centers for Disease Control americano ha dimostrato che il vaccino riesce “solo” a evitare forme gravi di malattia senza impedire del tutto la diffusione, ma nonostante questo il numero di casi di infezioni da rotavirus negli ultimi anni è diminuito quasi del 90%.
La capacità sterilizzante del vaccino, quindi, non rappresenta un requisito fondamentale per frenare il Covid-19, perchè riducendo la carica virale di una persona infetta, si interviene diminuendo anche la trasmissione, procurando una effettiva protezione indiretta.
Alcuni ricercatori hanno stimato attraverso modelli matematici che un vaccino protegge l’80% delle persone immunizzate. Se il 75% della popolazione è vaccinata, la vaccinazione potrebbe porre fine a questa pandemia senza il bisogno di continuare a rispettare le norme anti-contagio (distanziamento, mascherina e igiene mani).
Vaccini anti-Covid-19 a mRNA e capacità sterilizzante
I vaccini anti-Covid-19 a mRNA non sono soltanto altamente efficaci nel prevenire la malattia grave, ma sembrano essere estremamente efficaci anche nel bloccare il contagio asintomatico del virus e la sua trasmissione, ovvero di capacità sterilizzante.
A conferma di ciò ritroviamo:
- i dati israeliani, secondo cui il vaccino Pfizer, somministrato nel Paese, è risultato efficace quasi al 90% nel prevenire sia la malattia Covid-19 grave che l’infezione asintomatica;
- studi condotti sul vaccino Moderna, che giungono alla stessa conclusione;
- uno studio tutto inglese, che presenta prove reali di una protezione a breve termine contro l’infezione asintomatica da SARS-CoV-2 già dopo una singola dose di vaccino Pfizer;
- uno studio dei Centers for Disease Control and Prevention statunitense, che ha pubblicato i risultati e gli effetti dei vaccini di Pfizer e Moderna, analizzati nel mondo reale su una platea di 4.000 soggetti tra personale sanitario e lavoratori essenziali.
Davvero ottime notizie da ricevere in questo momento, in attesa che la percentuale di vaccinati aumenti e con la speranza di potere tenere sotto controllo la circolazione del virus.