Gli esiti di un intervento chirurgico non dovrebbero conoscere identità di genere, tantomeno essere oggetto di disparità di trattamento. Ma purtroppo non è così!
A smentirlo è infatti una recentissima ricerca, intitolata Associazione di concordanza sessuale chirurgo-paziente con esiti postoperatori pubblicata sulla rivista JAMA Surgery l’otto dicembre scorso e condotta in Canada tra il 2007 e il 2019 su un campione di 1,3 milioni di persone trattate da circa 3000 chirurghə, secondo cui le donne hanno il 15% in più di probabilità di subire esiti chirurgici peggiori e il 32% di probabilità in più di morire e di avere gravi complicanze. E questo accade quando a eseguire l’intervento è un uomo piuttosto che una donna. Mentre sugli uomini non sono state riscontrate differenze se operati da un chirurgo maschio o femmina.
“Il risultato di questa ricerca ha conseguenze mediche reali per le pazienti di sesso femminile e si manifesta in più complicanze, riammissioni in ospedale, più casi di morte per le donne rispetto agli uomini – ha affermato la dott.ssa Angela Jerath, professoressa associata ed epidemiologa clinica presso l’Università di Toronto e coautrice della ricerca – con il nostro studio abbiamo dimostrato che stiamo fallendo con alcune pazienti di sesso femminile e che alcune stanno inutilmente riportando conseguenze avverse e talvolta fatali”.
La dottoressa Jerath e colleghə hanno preso in esame diverse tipologie di interventi chirurgici: dalla sostituzione dell’anca e del ginocchio, dalla chirurgia bariatrica per la perdita di peso alla rimozione di un’appendice o della cistifellea. E anche operazioni più complesse come il bypass cardiaco, la riparazione di un aneurisma e o anche di chirurgia del cervello. Inoltre, per ciascuno delle 1,3 milioni di operazioni hanno analizzato: il sesso di ogni paziente e i dettagli di come era andata la loro procedura nonché il sesso del chirurgo che l’ha eseguita.
E hanno scoperto che, a parità di tipologia d’intervento, gli uomini hanno avuto gli stessi risultati indipendentemente dal fatto che il chirurgo fosse maschio o femmina. Mentre le donne hanno avuto risultati migliori se l’intervento era stato effettuato da una chirurga rispetto a un chirurgo. E che non c’erano neanche differenze di genere nel modo in cui l’intervento chirurgico è andato per uomini o donne se a operarlo era stata una donna.
E’ il primo studio ad associare sesso del paziente, sesso del chirurgo ed esito
Sempre secondo la dr.ssa Jerath: “Quando è un chirurgo donna a operare, i risultati sul paziente sono generalmente migliori, in particolare per le donne. Senza dubbio ci sono molti eccellenti chirurghi maschi che ottengono costantemente buoni risultati, ma ciò che preoccupa è che questa analisi segnala in generale una reale differenza nel lavoro tra i chirurghi maschi e femmine, e dove la pratica può influire sui risultati generali dei pazienti”. Questo studio è stato in assoluto il primo nel suo genere e ha esaminato l’associazione tra sesso del paziente, sesso del chirurgo e gli esiti dell’intervento chirurgico. Ed ha esaminato tre tipi di esito negativo postoperatorio: morte, riammissione in ospedale e complicanze entro 30 giorni.
Facciamo però degli esempi e con operazioni ad alto rischio: l’1,4% delle donne sottoposte a un intervento cardiochirurgico con un chirurgo maschio sono morte, mentre se ha operato una donna questo è avvenuto nell’1% dei casi. Se si prende in esame la neurochirurgia e la chirurgia vascolare, se a operare era un chirurgo maschio a morire sono state l’1,2% delle donne mentre se era una chirurga la percentuale si abbassava allo 0,9%. Inoltre, il 16% delle pazienti di sesso femminile hanno riportato un rischio di complicanze maggiore del 16%, un 20% in più di probabilità di una degenza più lunga e un rischio di rientro in ospedale del 11% in più rispetto agli uomini.
Altro dato da valutare è che il 20,2% delle donne che hanno subito un intervento cardiotoracico da un chirurgo maschio ha subito una qualche forma di reazione avversa, mentre se eseguito da una donna questo è accaduto nel 18% dei casi.
Questi numeri sono un parametro che non può essere casuale visto che lo stesso è stato visto in chirurgia generale, chirurgia cerebrale e chirurgia ortopedica quando a eseguire l’intervento chirurgico è stato un uomo. Tuttavia, secondo chi ha condotto la ricerca: “È improbabile che le differenze tecniche tra chirurghi maschi e femmine possano spiegare questi risultati, poiché entrambi i sessi seguono la stessa formazione medica tecnica”.
C’è da chiedersi perché si riscontrano questi dati in chirurgia?
Per la dr.ssa Jerath una spiegazione possibile sta nel fatto che nei chirurghi uomini ci sono dei “pregiudizi impliciti, stereotipi e atteggiamenti inconsci profondamente radicati”. Inoltre, “anche le differenze nella comunicazione tra uomini e donne, nelle capacità interpersonali nei colloqui dei chirurghi con i pazientə prima dell’intervento possono essere dei fattori. Così come le differenze tra lo stile di lavoro, il processo decisionale e il giudizio del medicə”. A questo bisognerebbe aggiungere che cuore, testa e l’intero organismo sono dissimili nei due sessi. Per questo è necessario che si possano calibrare tecniche e terapie diverse secondo il sesso.
L’importanza della medicina di genere
E’ necessario che si lavori con la medicina di genere, che è medicina delle differenze e tiene conto di molte variabili, comprese l’età e lo stile di vita. Eppure pochissimi se ne occupano. E i risultati di questo studio, in qualche modo ce lo confermano, raccontandoci qualcosa di molto allarmante: che c’è un enorme lavoro da fare, partendo dalla ricerca fino alla somministrazione della cura, perché la medicina di genere riesca ad affermarsi. A oggi nel mondo, nei corsi di laurea di Medicina e Chirurgia, non c’è alcuno studio specifico in tal senso, cosa che invece dovrebbe essere parte integrante di tutti gli esami dell’intero ciclo di studi universitario.
Ma questo studio conferma anche un’altra cosa seppur nota: la chirurgia è nel mondo ancora un’area della medicina fortemente dominata dagli uomini e ancora lontana dall’avere un equilibrio di genere nella sua forza lavoro. Seppure le donne nella medicina siano in numero maggiore rispetto agli uomini questo non accade per la chirurgia. Branca che ancora risente fortemente di episodi di maschilismo: nella scelta di chi tiene il bisturi o a chi destinare un contratto di lavoro. La gravidanza, la genitorialità di cui spesso il carico maggiore ricade sulla donna , la mancanza di flessibilità nei programmi e nei turni di formazione chirurgica, forse spiegano perché molte donne non diventano chirurghe e la sala operatoria preferisca gli uomini. Con i risultati che abbiamo visto.
Fonte: Rewriters