Rappresenta una frontiera sempre più promettente della medicina su cui si riversa la fiducia di poter curare, un giorno non lontano, malattie attualmente incurabili: fibrosi cistica, atrofia muscolare, talassemia… Una medicina di nuova generazione che, attraverso il “taglia e cuci” del Dna, punta a riparare con assoluta precisione il patrimonio genetico correggendo i geni “difettosi”.
Alla nuova frontiera della terapia genica e alle potenzialità terapeutiche dell’editing genomico grazie alla tecnologia Crispr-Cas9 è dedicato l’incontro di sabato 24 settembre a TriesteNext: il festival della ricerca scientifica che per tre giorni trasforma Piazza Unità nel “Villaggio della conoscenza”.
La biologa Anna Cereseto, responsabile del Laboratorio di virologia molecolare CIBIO dell’Università di Trento, si confronterà con Andrés Muro, responsabile del Laboratorio di genetica molecolare dell’Icgeb di Trieste. “Curarsi nel futuro con la terapia genica” sarà l’occasione per fare il punto sulla rivoluzione Crispr, riflettere sulla nuova era dell’editing genetico e illustrare gli scenari terapeutici che si aprono grazie all’uso di questo “bisturi” altamente di precisione. “Sarà stimolante riflettere insieme sulle sfide e i limiti di una tecnologia rivoluzionaria, mutuata dai batteri e premiata con il Nobel”, commenta Cereseto, ricordando che Crispr replica un meccanismo con cui i batteri si difendono dai virus e il contributo pionieristico della microbiologa francese Emmanuelle Charpentier e della biochimia statunitense Jennifer Doudna a cui nel 2020 è stato assegnato il Nobel per la Chimica.
Parliamo di una tecnologia quanto versatile?
“Dal punto di vista terapeutico Crispr permette, potenzialmente, di cancellare le malattie, eliminando le mutazioni genetiche che le causano. Ma, considerato che il Dna si trova nelle cellule di tutti gli esseri viventi, con questa tecnologia possiamo modificare il genoma di qualsiasi organismo: piante, animali… Per esempio si sta cercando di contrastare la diffusione della malaria, modificando geneticamente le zanzare che veicolano l’infezione. E c’è addirittura chi, come il genetista di Harvard George Church, ipotizza di riportare in vita animali estinti”.
Al di là degli scenari alla Jurassic Park, in meno di un decennio Crispr sta dando risultati già molto promettenti. Quali in particolare?
“In effetti Charpentier e Doudna hanno annunciato la scoperta di Crispr nel 2012, via via è stata perfezionata la forbice molecolare che viene programmata per correggere specifiche sequenze del Dna e in un solo decennio l’editing genomico ha portato risultati incoraggianti, per esempio nella cura di alcune malattie del sangue, come la talassemia. La terapia è in fase di sperimentazione clinica: in pratica le cellule staminali emopoietiche prelevate dai pazienti vengono modificate, reinfuse in modo che ripopolino il sangue e, così, i pazienti non hanno più bisogno di trasfusioni. Ma si sta lavorando anche a terapie per alcune forme di tumori: l’intento è riuscire a modificare le cellule del sistema immunitario e armarle contro il tumore”.
Lei ha giocato un ruolo chiave nell’ottimizzare le prestazioni, mettendo a punto una nuova variante di Cas9 (evoCas9), l’enzima taglia-Dna su cui si basa la tecnica Crispr. Ora a cosa sta lavorando?
“Stiamo studiando altre applicazioni terapeutiche, in particolare sulla fibrosi cistica, una malattia autosomica recessiva molto diffusa, causata da mutazioni nel gene CFTR. Molti studi hanno dimostrato con successo che il difetto genetico può essere corretto con strumenti di genome editing, riportando CFTR a funzionare normalmente. Ma c’è ancora del lavoro da fare: dobbiamo mettere a punto un sistema efficiente che riesca a trasportare la forbice molecolare di Crispr nelle cellule dei pazienti per riparare il difetto genetico”.
La cura, quindi, non è ancora dietro l’angolo?
“La cura non è dietro l’angolo, ma questa tecnologia è in rapida evoluzione: basti pensare che nell’arco di 10 anni già ci sono pazienti talassemici coinvolti in sperimentazioni cliniche che manifestano segni di cura… Dobbiamo avere pazienza e investire con fiducia nella scienza. Tra l’altro la storia di questa tecnologia ci ricorda quanto sia importante investire sulla ricerca di base, perché Crispr deriva, in fondo, da decenni di ricerca di base: una ricerca nata negli Anni 70, sui batteri e la loro resistenza ai virus”.
E così, proprio sfruttando un meccanismo immunitario dei batteri, oggi è possibile riscrivere chirurgicamente il codice genetico laddove c’è un difetto?
“Esattamente. Ma non solo. L’editing genomico grazie a Crispr è anche un potente strumento in laboratorio: ci consente di studiare geni di cui non conosciamo ancora la funzione. Tutto questo è molto affascinante. Sono sempre stata affascinata dalla molecola che genera la vita e lavorare in questo ambito, in anni rivoluzionari in cui si sta mettendo a punto una tecnologia che ci consente di modificarla per scopi terapeutici, è straordinario. Per questo è importante ricordare l’importanza della ricerca di base: non sappiamo dove e cosa ci porterà. Così come è importante confrontarsi su ciò che è possibile e lecito fare con questa tecnologia e contribuire alla diffusione della conoscenza di questa rivoluzione in corso”.
Fonte: La Stampa