Un nuovo dispositivo d’interfaccia neurale basato su un algoritmo di intelligenza artificiale ha permesso di decodificare per la prima volta i segnali neurali associati alla scrittura a mano. Un soggetto paralizzato è così riuscito a scrivere al computer, più rapidamente che con qualsiasi altro dispositivo equivalente, solo pensando alle lettere che componevano le parole.
Scrivere a mano è un’attività che ci viene insegnata fin dai primi anni di scuola, ma che tende sempre di più a perdersi, abituati come siamo a scrivere testi sullo schermo di un computer o sulla chat di uno smartphone. Ora questa abilità appresa e cablata per sempre nel cervello può essere decifrata grazie all’intelligenza artificiale, permettendo alle persone colpite da una paralisi di scrivere su un monitor semplicemente pensando alle lettere che compongono le parole.
Il risultato, descritto su “Nature” da Francis Willett della Stanford University e colleghi di altri istituti di ricerca statunitensi, è stato raggiunto con un dispositivo d’interfaccia neurale basato su un innovativo algoritmo di riconoscimento degli schemi di attivazione neurale associati alla scrittura a mano. Questo permette di superare alcune fondamentali limitazioni di analoghe tecnologie sviluppate finora, come i riconoscitori vocali e i dispositivi di tracciamento dei movimenti oculari, in cui la velocità di scrittura rimane ancora inferiore alla metà di quella raggiungibile da persone normodotate.
Il nuovo dispositivo è basato su un insieme di elettrodi impiantati nella corteccia cerebrale di un soggetto che aveva perso quasi tutti i movimenti al di sotto del collo a causa di una lesione del midollo spinale nel 2007. Mentre il soggetto immaginava di scrivere a mano le lettere dell’alfabeto, gli elettrodi misurano l’attività dei molti neuroni coinvolti nel compito. Questo enorme insieme di dati è stato poi elaborato da un sistema di apprendimento automatico chiamato rete neurale ricorrente (recurrent neural network, RNN), con lo scopo d’identificare gli schemi di attività associati a ciascuna lettera.
Dopo molte sessioni di addestramento, i dati così elaborati sono usati da un algoritmo per prevedere le lettere immaginate da un soggetto e tradurle in comandi indirizzati a un programma di scrittura su un computer. L’algoritmo ha dimostrato una capacità impressionante di riconoscimento, scrivendo correttamente il 94,1 per cento delle lettere, arrivando al 99,1 per cento se associato a un correttore automatico.
Il soggetto che ha partecipato allo studio è così riuscito a elaborate testi con una velocità di circa 90 caratteri (o 18 parole) al minuto, cioè poco meno delle circa 23 parole al minuto che le persone normodotate al soggetto dell’esperimento possono produrre su uno smartphone.
“Abbiamo appreso che il cervello conserva la sua capacità di prescrivere movimenti fini per oltre un decennio dopo che il corpo ha perso la sua capacità di eseguire quei movimenti”, ha sottolineato Willett. “E abbiamo imparato che movimenti complicati che coinvolgono velocità variabili e traiettorie curve, come la scrittura a mano, possono essere interpretati più facilmente e più rapidamente dagli algoritmi di intelligenza artificiale che stiamo usando rispetto a movimenti più semplici come muovere un cursore in un percorso rettilineo a velocità costante. Le lettere alfabetiche sono diverse l’una dall’altra, quindi sono più facili da distinguere.”
Come sottolineano Pavithra Rajeswaran e Amy Orsborn, entrambe dell’Università dello Stato di Washington, in un articolo di commento pubblicato sullo stesso numero di “Nature”, il dispositivo di Willett e colleghi si è dimostrato molto promettente, ma la velocità di scrittura non è l’unico parametro da considerare per un’interfaccia neurale. Occorreranno ulteriori studi per valutare la robustezza e l’affidabilità del sistema, considerando anche una possibile variabilità nel tempo degli schemi di attivazione neurale e i diversi possibili soggetti che lo dovrebbero usare.
Fonte: Le Scienze