Una volta l’immagine di riferimento era quella diafana di Kate Moss, oggi sono i corpi tonici di atlete come Federica Pellegrini o Paola Egonu: è Elena Riva, psicoanalista e psicoterapeuta, a raccontare il volto nuovo dei disturbi del comportamento alimentare nel saggio Fragili Amazzoni I nuovi disturbi alimentari delle adolescenti (Franco Angeli), in questi giorni in libreria. Fino a qualche anno fa erano soprattutto i ragazzi a esprimere il loro disagio con la ricerca ossessiva di un corpo tonico e palestrato, “la vigoressia era considerata la forma maschile dell’anoressia mentre oggi, sempre più spesso, sono le ragazze ad angosciarsi se si sentono flaccide – un aggettivo che usano molto per esprimere il loro disagio – o se sparisce la tartaruga, i muscoli che definiscono l’addome “, spiega Riva.

Più casi con l’epidemia

Un problema che il lockdown ha contribuito ad accentuare: “Già nel 2020 i disturbi del comportamento alimentare sono aumentati del 30% – ricorda l’autrice – stiamo parlando di ragazze votate all’eccellenza in tutti i campi, dalla scuola allo sport, che hanno reagito al primo lockdown allenando il corpo e la mente, con l’approvazione degli adulti”.

E dopo un’estate di libertà si sono trovate di fronte alla Dad e al ritiro sociale, senza prospettive per il futuro: “Hanno perso opportunità essenziali per un adolescente: esprimersi attraverso il proprio corpo, allontanarsi dai genitori e confrontarsi con i coetanei “, prosegue Riva, “e hanno reagito esasperando l’allenamento e le restrizioni alimentari”.

Non rifiutano la femminilità

Ma se le anoressiche di qualche decennio fa puntavano alla magrezza scheletrica per allontanarsi dalle forme morbide di una femminilità materna o seduttiva, “oggi le ragazze non hanno bisogno di rifiutare la femminilità per affermare se stesse, accettano le curve ma nell’ambito di un corpo forte, dai muscoli scolpiti “. Come se il perfezionismo che caratterizza l’anoressia si esprimesse attraverso un sé efficiente a livello intellettuale ma anche fisicamente.

Ragazze toniche e palestrate

“L’obiettivo non è imitare le sportive, come in passato non si trattava di ‘imitare’ le top model”, avverte l’autrice. ” E’ come se in queste patologie si radicasse un ideale femminile che un tempo era espresso attraverso le modelle scheletriche e oggi da immagini di ragazze toniche e palestrate “. Un modo diverso ma altrettanto problematico per reagire alle trasformazioni che si verificano durante la pubertà, una sorta di corazza che permette di somigliare all’ideale desiderato, ma porta a negare la fragilità, la necessità di confrontarsi col limite. “La costante vera di questi disturbi”, prosegue Riva, “non è la magrezza ma il tentativo di costruire un’identità femminile libera da modelli, un sé che corrisponda alla propria realtà interiore”. Estremizzando un modello proposto dalla società, “come in passato avveniva con l’anoressia come obiettivo estetico, o ancor prima, nel medioevo, con l’idea del ‘corpo gabbia dell’anima’ proposto dalle sante anoressiche, per cui queste forme di ascetismo erano l’unico modo per esprimere il loro intelletto”.

Un disagio che si esprime attraverso il corpo, una voglia di controllo che a volte assume anche l’aspetto dell’ortoressia, l’attenzione ossessiva a una dieta sana per noi e per l’ambiente, che spesso porta a un regime vegano o comunque drasticamente restrittivo: ” Il problema”, sottolinea Riva, “non è la scelta rispettosa dell’ambiente o degli altri esseri viventi, ma la radicalizzazione di questi atteggiamenti che finisce col trasformare una scelta culturale in patologia”.

L’organismo come una macchina

E se la magrezza non è l’obiettivo primario, spesso queste ragazze interpretano l’organismo come fosse una macchina, non prestano attenzione ai processi fisiologici ,e questo può provocare dimagrimenti patologici : “Non dimentichiamo quanto è stretto il rapporto tra cibo ed emozioni: pensiamo per esempio agli alimenti consumati con funzione consolatoria, o allo stomaco che si chiude quando siamo innamorati “, ricorda Riva. ” In questi ultimi anni di cucina e di cibo si parla moltissimo ma sempre più spesso il rapporto fisiologico con l’alimentazione, regolato dalla fame, è sostituito da altri stimoli, o come in questo caso da un progetto”.

E i disturbi si manifestano in età sempre più giovanili, di pari passo con una pubertà anticipata, “che crea uno squilibrio tra un corpo precocemente femminile e una maturità affettiva che non c’è ancora”, spiega l’autrice. “Spesso le più piccole, che non sono in grado di elaborare quanto sta succedendo loro, parlano con stupore di un corpo che rifiuta il cibo, o della pancia che si gonfia”.

Dialogo fra medico e psicoterapeuta

Dal punto di vista terapeutico, l’intervento non è molto diverso da quello previsto per l’anoressia classica, basato su un’equipe che vede interagire medico e psicoterapeuta: “Quello su cui io lavoro è il profilo psichico”, spiega Riva, “la questione non è cosa si mangia, ma come attraverso la restrizione alimentare o l’attività fisica si cerchi di costruire un’immagine di sé che compensi una fragilità interiore, un deficit di identità”.  E se le figure genitoriali sono cambiate, oggi la ribellione delle ragazze lascia il posto al timore i non soddisfarne le richieste: “Oggi i figli sono investiti di molte aspettative, ipernutriti in senso simbolico, e quando con l’ingresso  nell’adolescenza entrano in contatto col mondo esterno vanno in crisi”, spiega Riva. E queste ragazze sono prigioniere di una corazza di perfezione che rende difficile esprimere e persino prefigurarsi dei desideri:

“Quando si parla della scelta di un’università, per esempio, vediamo spesso che non esprimono interesse per una specifica facoltà, fanno test a tappeto cercando semplicemente di entrare in una buona università, non importa a fare cosa”, spiega l’autrice, “così come vogliono un corpo perfetto perché non sanno chi sono, e puntano all’eccellenza per presentarsi al mondo”. Una crisi su cui è importante cominciare a lavorare: “E’ un’opportunità per fermarsi e riflettere “, conclude Riva. “Se la ricerca di perfezione va in crisi, si può cominciare a cercare quel sé che è rimasto soffocato dal tentativo di diventare quello che gli altri si aspettano da noi”.

 

Fonte: La Repubblica

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