In occasione del Festival della biodiversità curato dall’associazione UniversiRà di Ravenna (Università di Bologna), Missione Scienza introduce una nuova rubrica nominata #biodiverscience (dall’unione dei motti #staybiodiversi e #missionescienza)! Troverete una serie di articoli che trattano di tematiche legate alla biodiversità e all’Ecosystem Restoration 2021-2030 istituito dall’ONU.
Il Decennio, indetto dalle Nazioni Unite sul ripristino degli ecosistemi, è un appello per la protezione e la rinascita degli ecosistemi in tutto il mondo, a beneficio dell’uomo e della natura, con lo scopo di arrestare il degrado degli ecosistemi per raggiungere gli obiettivi globali.
Le diverse discipline scientifiche (botanica, idrologia, scienza del mare etc.) sono fondamentali per far sì che gli ecosistemi possano tornare a diventare sani e che si possano, in parallelo, migliorare i mezzi di sussistenza a livello mondiale, contrastando il cambiamento climatico e diminuendo radicalmente la perdita di biodiversità.
Botanici, ecologi e altri scienziati da anni hanno trovato un grande vantaggio tra specie e ambiente grazie ad alberi molto speciali: le mangrovie!
Una pianta resiliente
I botanici suppongono che le mangrovie abbiano avuto origine nel sud-est asiatico e che le correnti oceaniche ne abbiano trasportato i semi per poi disperderli in India, Africa, Australia e nelle Americhe.
Sono, infatti, tipiche piante delle coste tropicali e subtropicali, la cui caratteristica peculiare è quella di avere delle vistose radici che emergono dalla superficie delle coste.
L’insieme di questi alberi “tentacolari” forma vere e proprie foreste tipiche delle zone umide estuarine intertidali (o mesolitorali, ovvero la zona del litorale che viene bagnata dall’avanzamento delle maree) che costituiscono il 60-75% del litorale globale!
Le mangrovie sono definite come piante resilienti in quanto resistono alle condizioni meteorologiche avverse, rendendole un riferimento importantissimo in queste aree costiere. Per sopravvivere, infatti, necessitano di condizioni sia di alto tasso di umidità (di breve periodo) che di siccità (nel lungo periodo), tipico delle zone tropicali e subtropicali. (Nel video qui sotto è riportato un progetto di ripristino delle mangrovie, come fonte di numerosi vantaggi per l’ambiente e l’uomo).
Esistono più di 100 specie di mangrovie, di cui circa 60 vivono esclusivamente sulle coste, tra le linee di alta e bassa marea e solo 12 specie risiedono nelle Americhe.
In generale, la pianta di mangrovia è nota per la sua affinità con i terreni fangosi, ma anche sabbia, torba e roccia corallina! Come fanno però a sopravvivere in condizioni così estreme?
Le foreste di mangrovie hanno una capacità di adattamento molto elevata, grazie a un insieme di adattamenti evolutivi che hanno reso resiliente il fenotipo di questa pianta tropicale.
Le minacce
Prima degli anni ’70, le mangrovie venivano considerate delle paludi infestate dalle zanzare e quindi ostili per l’uomo.
Oggigiorno, gli ecosistemi marini, caratterizzati dalla presenza delle mangrovie, si stanno depauperando (impoverendo) velocemente a causa delle attività dell’uomo come:
- erosione costiera;
- deforestazione;
- riduzione dei progetti di tutela;
- inquinamento, sia marino che terrestre;
- urbanizzazione;
- turismo;
- conversione delle foreste in agricoltura e stagni di acquacoltura;
- alterazione dei regimi di acqua dolce;
- innalzamento del livello del mare.
Gli scienziati, addirittura, stimano che almeno un terzo di tutte le foreste di mangrovie sia andato perso negli ultimi decenni, scomparsa progressiva che rappresenta una perdita sia ecologica che economica nelle aree costiere.
Secondo l’ONU, quasi 14.000 miglia quadrate (ovvero più di 36 mila chilometri quadrati) di foreste di mangrovie sono state distrutte tra il 1980 e il 2005 e le perdite continuano ancora oggi.
L’albero “tentacolare”
Dal punto di vista botanico, gli alberi di mangrovia hanno una tipica forma “a ragno” grazie alle intricate e vistose radici che emergono dall’acqua e creano un fitto reticolo che sostiene il suolo sottostante, oltre che la pianta in sé. Provengono dalle famiglie Rhizophoraceae, Acanthaceae, Lythraceae, Combretaceae, e Arecaceae e crescono in densi boschi o foreste lungo gli estuari di marea, nelle paludi salmastre, e sulle coste fangose.
La mangrovia comune cresce fino a circa 9 metri di altezza. Le foglie sono lunghe da 5 a 15 cm e sono spesse con superfici coriacee e i fiori sono di un giallo pallido. Il frutto, quando è ancora attaccato al ramo, ha una lunga radice embrionale che emerge dal seme e cresce rapidamente verso il basso. Quando questo propagulo cade, penetra nel fango, radicandosi così al suolo dove germoglierà per crescere nel suo habitat.
Le foglie
Nonostante per le mangrovie i bacini salmastri siano l’habitat ideale, l’acqua salata può uccidere queste piante. Per sopravvivere quindi devono filtrare solo l’acqua dolce dall’acqua marina che le circonda.
Molte specie di mangrovie sopravvivono assorbendo dalle radici fino al 90% del sale marino. Alcune di queste hanno la capacità di espellere il sale dalle ghiandole delle loro foglie, che si ricoprono di cristalli di sale essiccato (provate a leccarle per crederci!).
Il rivestimento ceroso delle foglie di alcune specie, infatti, “sigilla” l’acqua e minimizza l’evaporazione. Altre ancora, invece, hanno una sottile peluria sulle foglie che le protegge dal vento e dalla luce diretta del sole, riducendo così la perdita di acqua, grazie a piccoli fori che permettono lo scambio dei gas durante la fotosintesi.
Altre specie usano la strategia di concentrare il sale nelle foglie più vecchie o nella corteccia. Quando le foglie cadono o la corteccia si stacca, il sale si disperde nuovamente nell’ambiente marino.
Le radici
Le radici aeree forniscono un supporto sia strutturale che respiratorio.
Alcune specie di mangrovie hanno le radici “a ginocchio” simili a cannucce, chiamate pneumatofori, che permettono alle mangrovie di resistere alle inondazioni delle maree, prelevando l’ossigeno dall’aria quando sono sommerse. Questo è possibile grazie alle lenticelle, ovvero migliaia di pori respiratori, presenti sulla corteccia e le radici, che si chiudono durante l’alta marea per evitare che la pianta anneghi, letteralmente, passando attraverso il tipico tessuto spugnoso.
Alcuni fitti apparati radicali sono costituiti da radici trampoliere, perché si ramificano al tronco e ai rami più bassi; altri sono più larghi e ondulati e si estendono in lontananza.
Nursery habitat: la culla della biodiversità
La biodiversità è la ricchezza che contraddistingue le foreste di mangrovie. Sono, infatti, numerose le specie terrestri e marine che vivono tra questi alberi. In particolare, si trovano pesci e crostacei elencati nella Lista Rossa delle Specie Minacciate (IUCN) essendo la loro riproduzione dipendente dalla presenza di questi alberi.
Tanto è importante la loro presenza che vengono definite come delle vere e proprie nursery (nidi), essendo il luogo di deposizione e la schiusa delle uova di numerose specie. Queste foreste marine sono, pertanto, fondamentali affinché avvenga il ripopolamento delle specie.
Questi alberi vengono anche definiti “ingegneri dell’ecosistema” perché strutturano un importantissimo habitat per diverse e numerose specie marine, tra cui anfibi, rettili, pesci, cirripedi, ostriche, granchi e altri organismi marini, ma anche uccelli e altri animali selvatici, come tigri e scimmie.
Il loro complesso sistema radicale, infatti, trattiene i sedimenti marini, tanto da riuscire a creare delle vere e proprie isole verdi, favorendo la riduzione dell’erosione costiera provocata spesso dalle maree e fornendo riparo dalle forti tempeste tropicali.
Le foreste di mangrovie sono importanti per:
- la produzione di cibo;
- il sequestro del carbonio;
- la protezione delle coste;
- filtraggio di acqua dalle sostanze inquinanti, trattenendo i sedimenti dalla terra;
- la purificazione dell’acqua;
- il turismo,
ed è per questo che è necessario un bisogno crescente non solo di prevenire ulteriori perdite, ma anche di aumentare le aree di mangrovie attraverso il loro ripristino.
Microrganismi
I microrganismi sono una risorsa fondamentale per i cicli biogeochimici e sono la fonte primaria nella catena alimentare che permette la sopravvivenza fino alle specie predatorie.
Inoltre, il rapporto simbiotico delle specie animali, vegetali e microbiche con queste piante ne permette la conservazione e la produttività, divenendo necessari per la crescita delle mangrovie stesse.
L’ambiente anaerobico e ad alta salinità delle zone umide forniscono le condizioni per far proliferare gli Archaea. Gli studiosi hanno evidenziato la presenza di comunità batteriche con abbondanza di Rhizobiales, Frankiales, Gaiellales e Rhodospirillales. L’ordine Desulfobacterales, in particolare, contribuisce alla trasformazione dello zolfo a favore delle mangrovie, non per altro è molto abbondante nei siti inquinati, dove degradano gli idrocarburi (petrolio).
Il futuro delle mangrovie
Aumentano sempre di più i progetti locali a favore del ripristino e tutela delle foreste di mangrovie (come l’alleanza globale delle mangrovie, il Global Mangrove Alliance, e il progetto MAP).
Il coinvolgimento degli attori locali è fondamentale per riuscire a mitigare i fattori di stress di questi habitat. La rigenerazione naturale ha il vantaggio sia di produrre biodiversità che di aumentare la sua resilienza al cambiamento climatico.
Inoltre, anche l’economia locale ha così modo di aumentare e mantenersi nel lungo periodo.
Tra le soluzioni, quella del monitoraggio del flusso idrico salino è quella più appropriata per mantenere queste piante nel loro habitat naturale.
Curiosità
Le mangrovie variano in dimensioni da piccoli cespugli ai giganti di 60 metri che si trovano in Ecuador.
Fonte: Missione Scienza