Con la Circolare 35/2022 l’Agenzia ha definito alcuni dettagli sul calcolo della soglia esentasse dei fringe benefit, chiarendo ad esempio le modalità di rimborso delle utenze domestiche e il conteggio dei bonus carburanti. Queste novità ci offrono l’occasione di riflettere sulle scelte che il nuovo Governo potrebbe assumere sul welfare aziendale con la Legge di Bilancio 2023.
Per il 2022 la soglia esentasse dei cosiddetti fringe benefit, come vi abbiamo raccontato nei mesi scorsi, è stata portata a 600 euro [Aggiornamento 11 novembre: il limite è stato ulteriormente aumentato fino a 3.000 euro dal Decreto Aiuti Quater]. Attraverso il Decreto Aiuti bis (DL 115/2022), il Governo Draghi ha infatti deciso di aumentare la quota di fringe che ogni azienda può destinare ai propri collaboratori ma, come già accaduto nel 2020 nel 2021, gli effetti della norma si esauriranno il 31 dicembre 2022.
Il citato Decreto ha inoltre introdotto la possibilità di utilizzare i fringe benefit anche per il pagamento o il rimborso delle utenze domestiche di acqua, luce e gas. Si tratta di una operazione che, come riporta lo stesso Decreto, ha un costo totale di circa 94 milioni di euro.
Allo scopo di chiarire le regole fiscali a cui devono attenersi i “nuovi” fringe benefit, lo scorso 4 novembre l’Agenzia dell’Entrate ha pubblicato la Circolare 35/2022, che contiene alcune precisazioni che riguardano il regime di tassazione in caso di superamento della soglia, il trattamento della documentazione per giustificare la somma spesa dal dipendente e la possibilità di corrispondere fringe ad personam.
Il chiarimento dell’Agenzia sui fringe benefit 2022
Nella Circolare 35/2022 Ci sono poi due chiarimenti di particolare interesse. Il primo riguarda il pagamento o rimborso delle utenze domestiche. La Circolare spiega che questo può riguardare anche immobili a uso abitativo “posseduti o detenuti” dal dipendente, dal coniuge o dai suoi familiari, “a prescindere che negli stessi abbiano o meno stabilito la residenza o il domicilio”.
Vi rientrano, quindi, anche le utenze per uso domestico intestate al condominio (come ad esempio il riscaldamento condominiale centralizzato) e “quelle per le quali, pur essendo le utenze intestate al proprietario dell’immobile (locatore), nel contratto di locazione è prevista espressamente una forma di addebito analitico e non forfetario a carico del lavoratore (locatario) o dei propri coniuge e familiari”.
Il secondo aspetto riguarda il rapporto tra i fringe benefit e il “bonus carburante” previsto dal DL 21/2022. In merito, l’Agenzia specifica che “i beni e i servizi erogati nel periodo d’imposta 2022 dal datore di lavoro a favore di ciascun lavoratore dipendente possono raggiungere un valore di euro 200 per uno o più buoni benzina ed un valore di euro 600 per l’insieme degli altri beni e servizi (compresi eventuali ulteriori buoni benzina)”.
In altre parole, l’innalzamento della soglia dei fringe benefit rappresenta un’agevolazione “ulteriore, diversa e autonoma” rispetto al bonus carburante. Un’azienda può quindi prevedere – solo per l’anno 2022 – 200 euro di buoni carburante e altri 600 da spendere in altri beni e servizi previsti dalla normativa (arrivando così ad un totale di 800 euro).
Cosa potrebbe succedere con la Legge di Bilancio 2023
Come detto la soglia dei 600 euro per i fringe benefit sarà valida solo fino alla fine del 2022. Ma con ogni probabilità il Governo Meloni affronterà il tema del welfare aziendale con la prossima Legge di Bilancio. La Presidente del Consiglio ha infatti citato esplicitamente il welfare delle imprese nel suo discorso di insediamento davanti al Parlamento. È la prima volta in cui si affronta questa questione in un discorso programmatico, e ci si aspetta quindi che vengano presi provvedimenti in tal senso già nei prossimi mesi da parte del Governo.
L’investimento potrebbe peraltro essere particolarmente sostanzioso. In una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera dal sottosegretario al Ministero dell’Economia Federico Freni ha dichiarato che il Governo darà “la possibilità alle imprese di erogare un premio ai dipendenti esente da tassazione fino a 3.000 euro. Le imprese potranno così aiutare i dipendenti a fronteggiare il rincaro del costo della vita senza l’interposizione di un cuneo fiscale e senza cristallizzare aumenti salariali che potrebbero risultare insostenibili”.
La Manovra 2023 sarà perciò il primo banco di prova in cui vedremo se e quanto il Governo intende investire sul fronte del welfare aziendale e, più in generale, delle premialità che le imprese possono riconoscere ai propri collaboratori.
Non perdiamo il valore sociale del welfare aziendale
In questa direzione, ci sembra importante fare una riflessione in merito al valore sociale del welfare aziendale.
Negli ultimi anni infatti il dibattito istituzionale e parlamentare sembra essersi limitato ai soli fringe benefit e alla loro “soglia” di deducibilità. Ovviamente i fringe sono uno strumento cruciale per sostenere gli investimenti delle imprese nel welfare e, al contempo, promuovere i consumi delle famiglie. Ma può essere rischioso “ridurre” il welfare aziendale a questo tipo di interventi che, se non in rari casi, poco hanno a che fare con prestazioni di natura più prettamente sociale.
Per questo, nel periodo precedente alle elezioni, Secondo Welfare ha voluto avanzare alcune proposte a chi si occuperà della normativa sul welfare aziendale. La prima è quella di facilitare la fruizione di prestazioni e misure sociali e sanitarie, magari ricorrendo proprio ai fringe benefit. Inserendo queste voci tra quelle che possono usufruire del vantaggio fiscale, si potrebbe ad esempio promuovere la nascita di veri e propri “voucher welfare” o “welfare card” per l’acquisto diretto ed esclusivo di servizi sanitari, dedicati alla famiglia o per il sostegno a familiari anziani e non autosufficienti. Ma anche, uscendo leggermente dal solco del welfare “puro”, per la mobilità sostenibile.
Sarebbe poi interessante valorizzare le professionalità del welfare e le pratiche legate all’ascolto dei bisogni. Si potrebbe infatti favorire, anche attraverso previsioni normative ad hoc, l’introduzione nelle aziende (o a livello territoriale) di figure professionali – come il Welfare Manager o l’Assistente sociale di fabbrica – che possano “facilitare” l’attivazione di misure di welfare attente ai bisogni dei lavoratori. Incoraggiando appunto la dimensione sociale.
Infine, per consentire alle pratiche di welfare aziendale di “fare il salto di qualità” e ancorarsi al territorio e al welfare locale, sarebbe necessario sostenere gli investimenti nel welfare aziendale territoriale. In questo senso, si potrebbero garantire sgravi fiscali e incentivi per quelle imprese che fanno welfare “in rete”, co-progettando con gli stakeholder territorio: dalle parti sociali al Terzo Settore, dai fornitori di servizi alle piccole attività commerciali, dall’attore pubblico alle piccole associazioni locali. Su questo tema il nostro Laboratorio ha scritto molto, ad esempio attraverso la serie sul welfare aziendale “a filiera corta”.
Fonte: Second welfare