Il Predator del 32° Stormo della Aeronautica Militare sorvola il campo, non lontano da uno svincolo stradale trafficato. A 6mila metri di altitudine è invisibile, ma i suoi sensori riescono a zoomare fino a distinguere la marca di un copertone d’auto, pronto per essere bruciato come innesco di un rogo di rifiuti, che intossica l’essere umano e inquina il suolo del nostro Paese.
Le forze dell’ordine osservano dal cielo, ma non intervengono e il Predator si limita a monitorare gli eventi. È una azione di spionaggio dal cielo e che non serve a bloccare il singolo evento, ma ad una attività di intelligence ambientale frutto della collaborazione tra la Aeronautica Militare e la Università Parthenope di Napoli.
Il sofisticato drone, concepito per scopi militari, è ora impiegato in una missione per tutelare l’ambiente e la salute. Si tratta di un progetto sperimentale e innovativo in cui Aereonautica e Università collaborano unendo scienze ambientali, tecnologie droniche, e intelligence militare, per la difesa del territorio e la lotta contro i crimini ambientali.
Si sono conclusi così tre anni di sperimentazione per mettere a punto non solo delle tecnologie per rilevare discariche abusive e inquinanti, ma anche l’intelligence necessaria per ricostruire il processo con cui avvengono certi atti criminali.

Intelligence artificiale

L’idea è quella di applicare l’intelligence neccessaria per spiare atti terroristici, ad atti criminosi per il territorio.
Nell’ultimo evento dimostrativo avvenuto presso l’Accademia Aeronautica di Pozzuoli, il colonnello Angelo De Angelis ha spiegato: «Le forze aeree possiedono un patrimonio, capacità per la gestione del ciclo di intelligence, sorveglianza e ricognizione, caratteristiche delle operazioni militari e che possono essere traslate in altri domini, tra cui l’ambiente».
È qui che entrano in gioco droni militari come il Predator, ma perfino aerei Tornado, Eurofighter, Amx dotati di sensori concepiti appositamente per osservare ciò che l’occhio umano non può vedere. Come discariche sepolte e poi ricoperte da serre per l’agricoltura, o materiali tossici come plastiche, materiali di risulta per le costruzioni, e copertoni pronti per essere bruciati.
«È una dimostrazione delle tante possibilità che l’Aeronautica Militare ha di collaborare con istituzioni sul territorio e le università», sottolinea il generale Alberto Rosso.
Spiega Massimiliano Lega, docente presso la Università Parthenope di Napoli: «Quando osserviamo un rogo in realtà vediamo l’ultimo atto di una serie di eventi, e noi vogliamo ricostruire questi eventi. Il sistema ambiente poi non ha confini politici e l’effetto, il danno ambientale può manifestarsi in un luogo, ma il crimine può essere stato commesso lontano».

Alla ricerca del processo criminoso

Per questo il sorvolo di droni o aeroplani è stato ripetuto più volte su alcuni punti identificati negli anni. Secondo Lega essere a conoscenza di un problema non basta: bisogna comprenderlo nella sua complessità e mettere in relazione gli aspetti e le dinamiche che accomunano più luoghi: «Solo con questa consapevolezza si può capire e intervenire».
È per questo che la visione dall’alto può fare la differenza, sia essa da un drone, un elicottero, un Tornado o un Predator, equipaggiati con tecnologie sviluppate per il monitoraggio ambientale.
Grazie a sensori capaci di osservare l’ambiente sfruttando bande dello spettro solare, della luce, al di fuori del visibile, tra cui per esempio l’infrarosso, e montando questi strumenti ora su un aeromobile, è possibile compiere azioni di sorveglianza e di ricognizione su tutto il territorio italiano, spiega Lega.
Questo, unito ad una logica di intelligence che le forze militari hanno sviluppato negli anni per contrastare rischi di ben altra natura, stanno già mettendo a luce una realtà di azioni criminali ben più complessa di quanto rappresentato spesso nei media. «Agire senza una attività di intelligence significa mettere in atto processi improvvisati», dice De Angelis.
Blocchi un incendio, forse, ma non capisci l’intero meccanismo che c’è alle sue spalle, fino possibilmente a poter prevedere le mosse di chi intende compiere un crimine. Il Predator può individuare un bersaglio, per esempio un potenziale cumulo di rifiuti, e monitorarlo per ore e poi per giorni, osservando come viene alterato il sito durante ogni fase.

Terre dei fuochi nazionali

Grazie ad un percorso di ricognizione, raccolta dati e poi analisi, «abbiamo capito il processo», dice Lega e questo è l’intento di quello che lui chiama Ingegneria Ambientale Forense che ora, anche grazie alle competenze della Aeronautica Militare può diventare uno strumento efficace in mano alle istituzioni per contrastare il rogo dei rifiuti.
«Inizialmente ci siamo concentrati in Campania, ma presto l’analisi dei dati ci ha condotto ad allargarci a molte altre regioni. Tra il 2020 e il 2021 abbiamo potuto osservare ben 10.800 roghi, con punte in Campania, Sicilia e Lazio, ma anche in Puglia, Calabria e fino in Piemonte», spiega Lega.
La terra dei fuochi è dunque una piaga nazionale, anche se si concentra in alcune regioni piuttosto che in altre.Secondo De Angelis, per l’Aeronautica questo è «un primo esperimento, condotto con successo, di piena integrazione di capacità militari e civili».
Un approccio che è nato dall’impulso della Unità di Coordinamento diretta dall’ingegnere Fabrizio Curcio, capo del Dipartimento della Protezione civile, in un programma interministeriale concepito proprio per contrastare la piaga dei roghi di rifiuti che ha il suo hotspot nelle aree delle “terre dei fuochi” in Campania.
Ma che, come è emerso in questo programma sperimentale, si estende purtroppo su tutta una Penisola dove, pur di raggirare le normative per la salute pubblica e ambientale vengono generati migliaia di roghi tossici. Per Curcio «è l’inizio di un percorso complesso e ambizioso che potrà essere utile in diversi contesti operativi inter-agenzia».
Fonte: IlSole24Ore

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