Il cervello impara da solo, rielaborando la propria funzionalità. Il cervello in realtà non è un organo singolo, ma una serie di organi che si appoggiano uno sull’altro in ordine evolutivo, con l’ultimo della serie che domina gli altri.
Se venisse stesa su una superficie piana, risulterebbe larga circa 45 cm e lunga circa 60 cm. In realtà questa struttura è a sua volta suddivisa in sei strati, ognuno dei quali ha uno spessore di circa venticinque cellule.
Nel suo complesso la neocorteccia si compone di un numero di neuroni variabile tra i 10 e i 20 miliardi, meravigliosamente collegati tra loro grazie a innumerevoli interconnessioni, che stabiliscono anche le necessarie connessioni tra la stessa neocorteccia con le porzioni inferiori del cervello e con il resto del corpo.
Il cervello genera e conduce l’incredibile complessità che caratterizza una forma di vita intelligente, sulla base di processi che sono fondamentalmente computazionali, e che tuttavia non assomigliano affatto a quelli eseguiti dal nostro PC o dal nostro Mac.
Il cervello impara da solo, sulla base delle sue stesse esperienze, e radica le lezioni apprese sperimentando, riconfigurando il suo stesso hardware.
Il cervello umano: un potenziale perpetuum mobile?
Per molti decenni si è continuato a supporre che la corteccia dovesse essere dotata di una sorta di “schema elettrico”, in cui veniva descritto in modo preciso il ruolo specifico di ogni neurone, e di ogni connessione tra 23 neuroni.
Ma era già ben chiaro che in realtà il cervello non poteva operare in base a uno schema di quel tipo: c’erano davvero tanti, troppi neuroni, e le loro innumerevoli interconnessioni sfuggivano alla logica di ogni possibile schema.
In effetti dieci miliardi di cellule caratterizzate da un migliaio di interconnessioni l’una comportano l’incredibile numero di diecimila miliardi di connessioni.
Inoltre era pressoché impossibile impostare la logica di una configurazione generale tra queste connessioni, la maggior parte delle quali sembrava confusa e caotica; molte cellule neuroniche erano sistematicamente ricollegate su se stesse, generando quelli che sicuramente dovevano essere dei “circuiti chiusi infiniti”.
Il caso governa anche il nostro cervello Se anche ci fosse stato un progetto di qualche tipo, l’ammontare di informazioni necessario per codificare uno schema talmente complesso avrebbe di gran lunga superato le capacità informatiche del cervello stesso, per non parlare poi della capacità di codificazione del DNA. E comunque, come poteva essere possibile assemblare fisicamente qualcosa del genere, soprattutto a quel livello microscopico, in soli nove mesi?
La risposta, che costituisce una recente conquista scientifica, ha sorpreso un po’ tutti: in effetti le connessioni del cervello sono in gran parte casuali.
Eppure, contrariamente a quanto il comune buon senso potrebbe suggerire, questo sistema casuale è in grado di manifestare una forma d’intelligenza. In effetti riesce a manifestare un’intelligenza superiore, anzi, per essere più precisi, un genere d’intelligenza superiore, di gran lunga migliore di quello che potrebbe essere generato sulla base di un progetto più definito.
È proprio grazie a questo guazzabuglio caotico che un pilota da combattimento riesce a manovrare il suo caccia a velocità supersoniche.
In un sistema autoorganizzante l’intelligenza risiede nell’ interscambio
Un sistema come quello del nostro cervello si autoorganizza, raggiungendo livelli sempre più elevati, evolvendo continuamente la sua capacità di elaborazione dei dati. Un’intelligenza globale (e per “globale” potremmo persino intendere qualcosa che riguardi l’intero pianeta) scaturisce dal basso verso l’alto, prendendo cioè spunto da interazioni meramente locali.
È un po’ come dire che la vera intelligenza, quella che guida l’economia americana, non è nelle mani (o nelle teste) dei politicanti di Washington, ma è invece sparpagliata nelle conversazioni notturne dei camionisti che si incontrano all’autogrill, nelle domande dei clienti ai negozianti e nelle loro pronte risposte, nelle chiacchierate amichevoli dei vicini, che discutono di affitti e di mutui.
Analogamente, l’autentica intelligenza del cervello umano non risiede in qualche centrale o schema di comando fissato nel DNA, ma nelle interazioni casuali di un neurone e dei suoi vicini (oppure negli scambi a lunga distanza attraverso la rete cerebrale, che potrebbe essere equiparata al nostro Internet).
Dal caos scaturisce l’ordine
Il processo funziona anche nell’altro senso. È evidente come l’elemento fondamentale, il “mattone” del “sistema nervoso”, sia un singolo “nervo”, ovvero un neurone.
Ma i neuroscienziati hanno a lungo insistito sul fatto che nelle forme di vita complesse del pianeta questa è la più piccola unità capace di elaborare dati. Vedremo invece che nell’ambito di ogni singolo neurone si palesa un complesso insieme di eventi computazionali, che possono analogamente essere definiti relativamente “intelligenti” e che si servono dello stesso principio dell’autoaddestramento spontaneo che dirige lo sviluppo complessivo del cervello.
Dal microcosmo al macrocosmo e viceversa, ovvero dal più piccolo elemento nell’ambito della cellula cerebrale umana che sia possibile studiare al funzionamento dell’intera società umana, l’ordine scaturisce dal caos sulla base dello stesso insieme di principi.