Tocca al produttore dimostrare che un alimento è sicuro. Ma studi scientifici terzi dovranno verificare che le prove esibite a questo scopo dall’industria alimentare o mangimistica siano coerenti. Alle imprese, invece, dev’essere garantito il segreto industriale su processi di fabbricazione, tecniche e «impurezze» del prodotto. Salvo che tali info non siano esiziali per la tutela della salute. Domani entrerà in vigore il regolamento europeo che rende più trasparente l’analisi del rischio nella catena alimentare: si tratta del n. 1381 del 29 giugno 2019, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 231 del 6 settembre 2019. Il provvedimento riforma le precedenti disposizioni Ue in materia, puntando a potenziare trasparenza e sostenibilità nelle attività di valutazione lungo la food chain dell’Unione. E tende a rafforzare affidabilità, obiettività e indipendenza degli studi scientifici presentati all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). Di più: il nuovo regolamento affida anche un maggior peso agli stati membri nella governance della stessa Efsa. Per punti:
Rischio e pericolo. Da domani, ogni comunicazione del rischio dovrà spiegare in modo «preciso, chiaro, completo, coerente, adeguato e tempestivo» sia i risultati della valutazione del rischio, sia come i target raggiunti vengano declinati in decisioni. Non solo. La comunicazione dovrà anche distinguere bene cosa s’intenda per «pericolo» e cosa per «rischio». Gli stati Ue e le parti coinvolte nel cda Efsa avranno, inoltre, un ruolo potenziato, mentre gli organi amministrativi dell’agenzia dovranno «assicurare» che gli esperti nominati nei gruppi scientifici siano «scienziati impegnati in attività di ricerca» e che le conclusioni dei loro studi vengano pubblicati «in riviste scientifiche sottoposte a revisione tra pari, a condizione che soddisfino criteri rigorosi di eccellenza e indipendenza».
Inversione dell’onere della prova. Un’altra novità riguarda le procedure di autorizzazione di alimenti e mangimi: chi le richiede, in base alle conoscenze scientifiche di cui dispone, dovrà dimostrare il rispetto delle prescrizioni dell’Unione. Questo principio parte dalla premessa che si difendono meglio salute umana, salute animale e ambiente addossando al richiedente o al notificante l’onere della prova; cioè chiedendo a questi di dimostrare che l’oggetto della sua domanda o della sua notifica è sicuro prima dell’immissione sul mercato. Un meccanismo, questo, che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe funzionare meglio che obbligare le autorità pubbliche a dimostrare la pericolosità di un alimento per poi vietarne la commercializzazione.
Terzietà. Le valutazioni dell’Autorità in rapporto alle procedure di autorizzazione sono e saranno basate in primis su studi condotti dall’industria alimentare. Ma questo preoccupa l’opinione pubblica. Di conseguenza, fermo restando il suddetto principio dell’inversione dell’onere della prova che impone all’industria di dimostrare il rispetto delle prescrizioni Ue, il regolamento dispone che si possano commissionare ricerche supplementari, affidate a soggetti terzi subito dopo la pubblicazione degli studi presentati dall’industria, al fine di verificare gli elementi di prova usati nella valutazione del rischio.
Segreto industriale. Infine, il regolamento contiene un lungo elenco di informazioni la cui divulgazione può danneggiare gli interessi commerciali dei soggetti industriali in modo significativo; dati che non dovrebbero, quindi, essere divulgati al pubblico e che riguardano: fabbricazione e produzione, incluso il metodo e gli aspetti innovativi di questi processi; specifiche tecniche e industriali; impurezze (salvo le informazioni pertinenti alla valutazione della sicurezza). Tutte queste informazioni potranno essere divulgate solo in casi circoscritti ed eccezionali, cioè relativi a possibili effetti sulla salute, oppure all’urgente necessità insorta presso la pubblica autorità di tutelare la salute umana o animale o l’ambiente.
Fonte: Italia Oggi