Dieci punti. Con una guida per migliorare la prevenzione e la cura delle malattie cardiovascolari nelle donne, la prima causa di morte nel sesso femminile. A proporli è il primo rapporto globale sulle malattie cardiovascolari nelle donne, realizzato da una Commissione internazionale di 17 esperti di 11 Paesi, pubblicato su The Lancet e presentato al convegno dell’American College of Cardiology. Il documento (The Lancet Women and Cardiovascular Disease Commission: reduce the global burden by 2030) indica l’importanza di ridurre l’impatto globale delle malattie cardiovascolari – in particolare infarto, scompenso ed ictus – entro il 2030. Gli esperti hanno delineato 10 raccomandazioni ambiziose per affrontare le disuguaglianze nella diagnosi, nel trattamento e nella prevenzione per ridurre le malattie cardiovascolari nelle donne, come l’educazione degli operatori sanitari e dei pazienti sulla diagnosi precoce della sofferenza cardiaca al femminile, l’aumento dii programmi di salute del cuore nelle regioni altamente popolate e sottosviluppate, un richiamo alla ricerca di genere con priorità alla ricerca specifica per sesso sulle malattie cardiache nelle donne e alle strategie di intervento.
Secondo Roxana Mehran, del Mount Sinai Medical Center “le malattie cardiovascolari nelle donne rimangono sottovalutate, sottodiagnosticate e sotto-trattate a livello globale. Il raggiungimento dell’importante obiettivo fissato dalle Nazioni Unite richiede strategie audaci e distinte non solo per prendere di mira i fattori che contribuiscono alle malattie cardiovascolari, ma anche per identificare i meccanismi biologici specifici del sesso nelle donne. Apportare miglioramenti permanenti all’assistenza in tutto il mondo alle donne con queste patologie richiede sforzi coordinati e partnership che coinvolgono i responsabili delle politiche, i medici, i ricercatori e la comunità più ampia”.
I numeri preoccupano
Nel documento sono riportati i dati del Global Burden of Disease Study del 2019. Subito prima di Covid-19 nel mondo c’erano circa 275 milioni di donne con patologie cardiovascolari, circa 6.402 casi su 100.000. La principale causa di morte in tutto il mondo nel 2019 è stata la cardiopatia ischemica (47% dei decessi per causa cardiovascolari), seguita dall’ictus (36% dei decessi). La prevalenza più alta in Egitto, Iran, Iraq, Libia, Marocco ed Emirati Arabi Uniti, la più bassa in Bolivia, Perù, Colombia, Ecuador e Venezuela.
Sebbene a livello globale la prevalenza di malattie cardiovascolari nelle donne sia diminuita complessivamente del 4,3% dal 1990, alcune delle nazioni più popolose del mondo sono andate invece in controtendenza: tra questa la Cina (aumento del 10%), Indonesia (7%), e India (3%). Questi aumenti indicano la necessità di iniziative per espandere la prevenzione, la diagnosi e il trattamento di queste malattie nelle donne che vivono in regioni altamente popolate e in via di industrializzazione. I più alti tassi di mortalità si registrano in Asia centrale, Europa orientale, Nord Africa e Medio Oriente, Oceania e Africa subsahariana centrale, dove la mortalità standardizzata per età supera i 300 decessi per 100.000 donne.
Agire sui fattori di rischio
L’ipertensione è il più grande fattore di rischio che contribuisce ad anni di vita persa per patologie cardiovascolari nelle donne, seguita da un alto indice di massa corporea legato a sovrappeso e obesità e da valori elevati di colesterolo Ldl. Questi elementi impattano diversamente nel sesso femminile rispetto ai maschi. Poi, esistono fattori di rischio specifici per sesso come la menopausa prematura e i disturbi legati alla gravidanza che devono essere più ampiamente riconosciuti e prioritari come parte degli sforzi di trattamento e prevenzione in tutto il mondo.
“Il report di Lancet – spiega Daniela Trabattoni, responsabile di Monzino Women, progetto dedicato al cuore delle donne del Centro cardiologico Monzino Irccs di Milano – mette in evidenza come le patologie cardiovascolari rappresentino la prima causa di morte nella donna. Per anni si è creduto che il cuore delle donne fosse protetto dagli ormoni femminili, ma i dati ci hanno dimostrato il contrario: le malattie cardiovascolari causano oltre il 43% delle morti femminili contro il 33% di quelle maschili. Tutte vite che possono essere salvate con una prevenzione efficace, e di genere”.
Per le donne infatti è indispensabile un’attenzione speciale. Oltre ai principali fattori di rischio ormai noti a tutti (ripetiamo: ipertensione, sovrappeso/obesità ed elevati valori di colesterolo Ldl) ci sono altri elementi sesso-specifici. “Menopausa precoce, parto prematuro, aborto spontaneo, depressione, ansietà – continua – possono aumentare il rischio cardiovascolare femminile. Altri elementi inoltre, quali lo stato socio-economico e di povertà e il livello culturale, possono influire negativamente sulla prevenzione cardiovascolare. L’obiettivo proposto dalla Commissione internazionale di Lancet per le malattie cardiovascolari nella donna è poter ridurre in tutto il mondo globalmente del 30% l’incidenza di malattie cardiache di ictus entro il 2030. Per raggiungerlo serve l’impegno di tutti. Al Monzino abbiamo iniziato a studiare e identificare i fattori di rischio specifici della donna e a costruire programmi di screening mirati. Nei primi tre anni di attività di Monzino Women abbiamo seguito 585 donne senza sintomi evidenti né precedenti eventi cardiovascolari e con un’età media di 52 anni: nel 25% dei casi lo screening ha rilevato un profilo di rischio medio alto, tale da rendere necessaria una correzione di stili di vita o una terapia, ad esempio per abbassare il colesterolo, normalizzare la pressione o ridurre l’omocisteina, una proteina che indica lo sviluppo di malattia aterosclerotica. Gli esami a cui si sono sottoposte le nostre pazienti sono semplici e non invasivi, indagini di primo livello, oltre a elettrocardiogramma e prelievo di sangue. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti e dell’aumento progressivo degli accessi, e abbiamo nuovi progetti interessanti per proseguire su questa strada”.
Un occhio di riguardo per informazione e fumo
Dal rapporto di Lancet, oltre ai classici fattori di rischio fisici, si segnala come la disoccupazione, l’ansia e la depressione oltre le disparità basate sullo stato socioeconomico e culturale, l’etnia e la povertà possano impattare sul benessere cardiovascolare femminile. Per questo si raccomanda una maggiore attenzione alla salute mentale nella pratica clinica e un lavoro politico mirato per sostenere le popolazioni di basso status socioeconomico nei paesi sviluppati ed emergenti.
Fondamentale appare anche aumentare la consapevolezza del rischio cardiovascolare nelle donne tra medici, scienziati e operatori sanitari e che esiste un bisogno insoddisfatto di modelli di previsione di queste condizioni patologiche che includano fattori di rischio specifici per sesso. In questo senso risulta importante raggiungere gruppi non generalmente considerati ad alto rischio, come le giovani donne, un gruppo in cui gli attacchi di cuore e il tasso di fumo sono in aumento. Nell’ultimo decennio, 53 paesi su 195 (27%) hanno registrato riduzioni significative della prevalenza del fumo tra gli uomini, mentre solo 32 (16%) per le donne.