Dopo 2 anni di pandemia e la catastrofe umanitaria della guerra in Ucrania una terza emergenza potrebbe affacciarsi sul mondo occidentale: una nuova forma di vaiolo trasmesso attraverso uno spillover animale/uomo: un salto di specie.
Le persone invadono sempre più habitat di animali portatori di virus generando promiscuità che, unita alla rapidità di movimento da un continente all’altro, accelera il diffondersi di nuove malattie.
Il vaiolo umano fu completamente eradicato come dichiarato dall’OMS a dicembre del 1979.
Infatti l’ultima infezione di vaiolo umano si verificò in Somalia, il 26 ottobre 1977. Non avendo trovato successivamente nuovi casi, il 9 dicembre 1979, i membri della Commissione globale per la certificazione dell’eradicazione del vaiolo poterono dichiarare la malattia sradicata dal mondo. Una vittoria ufficialmente confermata alla 33/ma Assemblea mondiale della sanità, l’8 maggio 1980.
Da anni è conosciuta un’altra forma di vaiolo propria del mondo animale che ora sta però trasmettendosi all’uomo. Si tratta di una malattia più lieve rispetto a quello che fu il vaiolo umano che ha infestato l’intero pianeta per migliaia di anni.
Vaiolo delle scimmie o vaiolo degli scoiattoli?
Il nome vaiolo delle scimmie rientra nella categoria dei mezzi equivoci come fu per la spagnola, la pandemia che si diffuse sull’intero pianeta all’inizio del secolo scorso e che nulla aveva a che fare con la Spagna, a parte il fatto che solo la stampa spagnola ne parlò essendo libera e non sotto censura come in quegli anni avveniva nel resto del mondo.
Anche nel nostro caso le povere scimmie non c’entrano niente, ma i responsabili sembrerebbero essere piccoli roditori delle foreste pluviali africane occidentali e centrali, in particolare scoiattoli.
Quindi perchè il nome monkeypox (Monkey da Scimmia + pox da poxivirus la stessa tipologia di virus del vaiolo umano)?
Come ho detto siamo di fronte a due mezze verità, la prima perché quando nel 1958 gli studiosi scoprirono che quel virus attecchiva in particolare sui roditori (scoiattoli e grossi criceti africani) testarono lo stesso sugli unici animali da laboratorio che all’epoca c’erano e che presentavano affinità genetiche con l’uomo, i macachi Rhesus, la seconda è che le scimmie possono infettarsi facilmente ed è noto anche il caso di alcune scimmie del Sud Est asiatico che nel 1959 risultarono infette in maniera autonoma.
Come sappiamo la vaccinazione per il vaiolo maior, quello umano, fu interrotta negli anni ’70 del secolo scorso in quanto a fine del 1979 il vaiolo fu dichiarato eradicato dal pianeta.
Questa nuova forma di vaiolo da spillover è senza dubbio meno preoccupante di quella umana che afflisse l’umanità per migliaia di anni. Ma sta di fatto che chi fu vaccinato a suo tempo per la forma umana risulta con un rischio ridotto per il monkeypox.
Il vaiolo delle scimmie è una malattia vescicolo-pustolosa che porta un tasso di attacco secondario dell’ordine del 10% nei contatti non vaccinati contro il vaiolo. I tassi di mortalità in Africa variano dall’1 all’11% dei casi infetti, ma cicatrici e altre sequele permangono dopo la guarigione.
Negli Stati Uniti un’epidemia di monkeypox si verificò nel 2003, quando dei roditori infetti provenienti dall’Africa, importati come animali da compagnia, diffusero il virus ai cani, che in seguito contagiarono soggetti umani nel Midwest. L’epidemia coinvolse 35 casi confermati, 13 probabili e 22 sospetti in 6 stati, ma non ci furono decessi.
Nel 2013 si verificò un forte aumento dei casi di vaiolo delle scimmie nella zona sanitaria di Bokungu nella Repubblica Democratica del Congo questo aumento ha indotto un’indagine approfondita sull’epidemia, e l’importanza dell’istruzione e della formazione della comunità come elementi necessari per prevenire la trasmissione dell’infezione da MPXV.
Il vaiolo delle scimmie è probabilmente trasmesso dagli animali attraverso fluidi corporei, tra cui goccioline salivari o respiratorie o contatto con l’essudato della ferita.
La trasmissione da persona a persona è abbastanza inefficace, e si pensa che si verifichi principalmente attraverso grandi goccioline respiratorie con un prolungato contatto faccia a faccia. Secondo uno studio della ricercatrice Brenda L. Tesini, il tasso complessivo di contagi secondari in seguito a contatto con una fonte umana nota è del 3%, e fino al 50% di essi sono stati segnalati in soggetti che vivono o sono venuti a stretto contatto con una persona infetta da monkeypox (MPXV).
Sono stati segnalati focolai in Nigeria (2017-18) e Camerun (2018) zone dove il vaiolo delle scimmie non era stato segnalato per oltre 20 anni. Ciò ha sollevato preoccupazioni sul fatto che ci siano stati cambiamenti nella biologia e nell’epidemiologia della malattia che a loro volta potrebbero avere implicazioni su come gestire al meglio i focolai e i casi.
Il riemergere di MPXV nel 2017 (nello stato di Bayelsa) dopo 39 anni di assenza di casi segnalati in Nigeria e l’esportazione di vaiolo delle scimmie viaggiatori (MPX) dalla Nigeria ad altre parti del mondo, rispettivamente nel 2018 e nel 2019, hanno destato preoccupazione che MPXV potrebbe essere emerso per occupare la nicchia ecologica e immunologica lasciata libera dal virus del vaiolo.
Da un punto di vista clinico, il vaiolo delle scimmie è simile al vaiolo umano; tuttavia, le lesioni cutanee di solito assumono configurazione a grappolo e la linfoadenopatia si verifica nel vaiolo delle scimmie ma non nel vaiolo umano. Possono svilupparsi infezioni batteriche secondarie a livello cutaneo e polmonare.
La differenziazione clinica del vaiolo delle scimmie dal vaiolo classico e dalla varicella (un herpes virus, non un poxvirus) può essere difficoltosa.
La diagnosi di vaiolo delle scimmie è basata su esami colturali, PCR (Polymerase Chain Reaction), immunoistochimica o microscopia elettronica, in relazione all’effettiva disponibilità dei test.
Non c’è nessun trattamento provato e sicuro per l’infezione da virus del vaiolo delle scimmie. Il trattamento del vaiolo delle scimmie è di supporto. I farmaci potenzialmente utili comprendono
· Il farmaco antivirale tecovirimat (approvato dall’FDA [US Food and Drug Administration] per il trattamento del vaiolo)
· I farmaci antivirali cidofovir o brincidofovir (CMX001).
Tutti questi farmaci sono attivi contro il vaiolo delle scimmie (monkeypox) in vitro e nei modelli sperimentali. Tuttavia nessuno di questi farmaci è stato studiato o utilizzato in aree endemiche per trattare il monkeypox.
Il monkeypox nel mondo
Il monkeypox è stato finora segnalato da 11 paesi nel mondo che normalmente non hanno la malattia di cui 8 in Europa.
Come confermato da un tweet ufficiale, l’OMS sta lavorando con questi paesi e altri per espandere la sorveglianza e fornire una guida. Ci sono circa 80 casi confermati e 50 indagini pendenti.
In conclusione possiamo affermare che la possibilità di trasmissione di questo tipo di vaiolo nella popolazione europea non dovrebbe essere preoccupante perché il contatto da un essere umano ad un altro è rara e per lo più inefficace ed avviene per una trasmissione aerea molto ravvicinata e lunga.
Auguriamoci che questa ennesima virosi non accentui il carattere fobico di alcuni individui e non sia un ulteriore elemento di divisione e di privazione di contatto empatico tra esseri umani. Contatto che è fondamentale per un sano sviluppo della personalità e dello schema emotivo relazionale.