Lo facciamo tra le 20 e le 25 mila volte al giorno. Senza accorgercene, o quasi. Ma non sempre lo facciamo nel modo giusto. Anzi, lo facciamo sempre peggio, come racconta James Nestor, giornalista americano collaboratore di testate come Scientific American, The New York Times, The San Francisco Chronicle e autore di L’arte di respirare. Le regole base per rieducare un gesto naturale (Aboca 2021), dal 18 marzo in libreria nell’edizione italiana. Perché in effetti respirare è la cosa più naturale del mondo, ma anche quella cui prestiamo meno attenzione, mentre meriterebbe assai più interesse. Giacché, come dice Nestor, se respiriamo male non saremo mai in salute. “Siamo tutti ossessionati da quello che mangiamo, dall’attività fisica, dalla qualità del nostro sonno. Non ci rendiamo conto che la cosa più importante, basilare, è la qualità del nostro respiro. Solo in questo modo possiamo superare o almeno ridurre condizioni altamente impattanti sulla qualità di vita, come asma, apnee notturne, russamenti, iperventilazioni, broncopneumopatie cronico-ostruttive”. Ma anche, in generale, mantenere in forma le facoltà cognitive come la memoria e l’attenzione, o tenere sotto controllo la pressione, il battito del cuore e il peso corporeo.
Il libro esce in Italia proprio nel bel mezzo di una pandemia mondiale dove, al centro dell’attenzione, c’è proprio l’apparato respiratorio e la capacità di prendere fiato. Ma, giura Nestor, è un evento del tutto casuale. “Lavoro a questo libro da almeno dieci anni – racconta dalla sua casa di San Francisco – la respirazione era un argomento che mi affascinava e ho cominciato a raccogliere materiale. Quando ho visto che i faldoni si ingrossavano sempre di più qualcuno mi ha suggerito di sistematizzare il materiale e pubblicarlo. Mi sentivo ridicolo: chi vorrebbe leggere un libro sul respiro? Eppure ho continuato a intervistare esperti e ascoltare i racconti di persone che avevano cambiato la loro vita solo cambiando modo di respirare. Perché dietro una cosa così semplice c’è una storia molto approfondita”. Un libro che, in tempo di Covid, può essere ancora più utile: la pandemia – aggiunge Nestor – ha fatto capire alle persone che respirare è una attività che non dobbiamo mai dare per scontata.
Il punto è, continua Nestor, che respiriamo peggio dei cavernicoli, come raccontano i teschi. Tra le persone che hanno aiutato il giornalista nelle sue ricerche c’è infatti anche Marianna Evans, una ortodontista e ricercatrice che ha passato gli ultimi anni a studiare il cavo orale dei teschi umani, antichi e moderni. In un seminterrato del Museo di archeologia e antropologia dell’università della Pennsylvania, Evans ha analizzato centinaia di teschi di persone vissute qualche centinaio di anni fa fino a diverse migliaia, misurando gli angoli dalla punta superiore dell’orecchio al naso e dalla fronte al mento. Queste misurazioni, che tracciano il cosiddetto piano di Francoforte e il piano Na-A, illustrano la simmetria di ogni esemplare: se la bocca sia proporzionata alla faccia, il naso al palato e, in senso lato, quanto possano aver respirato bene i proprietari di questi crani. Osservando la mandibola e la conformazione del volto, così come le aperture nasali, Evans ha notato quanto tutte le cavità fossero due volte più grandi di oggi, più ampie e pronunciate. “Tutti i teschi antichi avevano enormi mascelle protruse. Avevano ampie cavità sinusali e bocche spaziose. E, strano a dirsi, anche se nessuno di questi personaggi antichi doveva aver mai usato il filo interdentale, o lo spazzolino, o incontrato un dentista, tutti avevano i denti dritti”, sottolinea Nestor. Lo sviluppo facciale proiettato in avanti e il cavo orale spazioso creavano anche vie respiratorie più ampie. È molto probabile che queste persone non abbiano mai russato o sofferto di apnea ostruttiva o di sinusite o dei tanti altri disturbi respiratori cronici che colpiscono le popolazioni moderne. Non ne soffrivano perché non potevano soffrirne. I loro crani erano davvero troppo larghi, e le loro vie aeree troppo spaziose perché qualcosa le bloccasse. Per loro respirare era facile. E questa facilità nella respirazione è stata vera dall’epoca in cui fece la sua prima apparizione l’Homo Sapiens, circa 300.000 anni orsono, fino a poche centinaia di anni fa.
Poi è successo qualcosa
“Se osserviamo gli umani contemporanei, vediamo che le bocche sono più piccole e i denti non hanno più molto spazio dove crescere, tanto che quasi tutti noi abbiamo delle sovrapposizioni, e dobbiamo togliere i denti del giudizio per fare spazio, cosa di cui i nostri antenati non avevano bisogno. Quando hai una bocca piccola non solo ti cambia il profilo ma anche la dimensione delle vie respiratorie, e questo è il motivo per cui molti di noi hanno problemi respiratori come il russamento, le apnee notturne, la tosse cronica. Colpa delle modifiche anatomiche che sono avvenute nelle nostre facce”, continua Nestor. Si tratta di cambiamenti avvenuti molto di recente: tra i centomila e i diecimila anni fa. A quell’epoca, nonostante le modifiche nei volti, le vie respiratorie erano ancora in grado di garantire la giusta funzionalità dell’intero apparato. Ma negli ultimi 300 anni, che in termini evolutivi è poco più che un battito di ciglia, sono successe altre cose, e non siamo stati in grado di adattarci. E’ arrivato il cibo industriale. “I nostri antenati mangiavano alimenti duri e fibrosi, ed erano costretti a masticare per tre o quattro ore al giorno. Oggi mangiamo cibo molto tenero, imbottigliato o inscatolato. Per la prima volta sul pianeta una specie è stata in grado di vivere solo mangiando cibo lavorato. E questo ha influito sul nostro modo di respirare, ha cambiato la conformazione della bocca e delle vie respiratorie.
Imparare a respirare
Per questo è necessario imparare a respirare meglio. In che modo? Innanzitutto modificando la nostra capacità polmonare, con l’esercizio e l’allenamento. “Non è necessario avere dei polmoni da sub, che con l’allenamento riescono ad avere toraci ampi come tavole da surf. Ma dobbiamo sapere che quando invecchiamo diventiamo meno flessibili intorno alle costole, e quindi perdiamo capacità polmonare. Per invertire questa tendenza, il primo esercizio da fare è imparare a respirare con il naso. Così l’aria arriva ai polmoni più calda, più umida e più filtrata rispetto a quanto accade respirando con la bocca. Non solo: se respiriamo col naso portiamo ai polmoni il 20% di ossigeno in più. La gente pensa di prendere più aria con la bocca. Ma noi umani non abbiamo bisogno di più aria. Abbiamo bisogno di aria di qualità. Respiriamo 20 mila volte al giorno, e questo inevitabilmente ha conseguenze sull’organismo, sulla salute, sui livelli di energia”.
Una vita migliore
Naturalmente non c’è una ricetta unica per tutti. Sarebbe facile dire “respira così, avrai una vita migliore”. Ma siamo tutti diversi: alcuni respirano troppo spesso, altri hanno le apnee notturne, altri trattengono il fiato, l’importante, dice Nestor, è capire quale è il problema di partenza e cercare di risolverlo. “Ci sono moltissimi studi in cui le persone con asma o ostruzione bronchiale cronica, o disturbi di ansia, lavorando sul respiro sono riuscite a tenere sotto controllo o addirittura a invertire questa loro condizione”, assicura. La regola numero uno è sempre quella: che tu abbia 18 anni o 80, respira con il naso. Anche la notte. La regola numero due è: respira più lentamente, così da far arrivare più ossigeno al cervello. 4/5 secondi dentro, 4/5 secondi fuori, questo è il ritmo. Respirando dal naso, e respirando lentamente, respireremo di meno. E questa è la regola numero tre. “Respirare meno – conclude Nestor – è come mangiare meno: fa bene. Perché respirando di più non porteremo più ossigeno ai polmoni”.
Fonte: La Repubblica