Il diffondersi della pandemia ha modificato le abitudini notturne delle persone e ha cambiato il tempo e la qualità del dormire. Le ricadute sulla salute.
Il nostro sonno è rigenerante oppure è come una sospensione, un distaccarsi dalla realtà per cercare rifugio altrove? Partiamo dal fatto che dobbiamo renderci conto come questa emergenza sanitaria, oltre a essere economica è anche psicologica. Molti di noi in questi ultimi tempi hanno conosciuto ansia e stress. Sono stati che si ripercuotono sulla qualità del nostro sonno e quindi sulla nostra vita. Facciamo un passo indietro e partiamo da un dato che tutti conoscono.
Una conoscenza certa e diffusa è che dormire fa bene alla nostra salute. Il sonno insufficiente è associato all’incapacità di rimanere concentrati, alla confusione e maggiore irritabilità oltre alla diminuzione dei tempi di reazione. Ma non basta. Il sonno breve aumenta il rischio di infarti, ictus, ipertensione, obesità, diabete e depressione. Se ne deduce che la perdita del benessere dato dal buon dormire ha anche dei costi finanziari associati per esempio all’assistenza sanitaria piuttosto che ai costi degli incidenti automobilistici o degli incidenti sul lavoro come conferma uno studio Oxford University Press dal titolo Dormire inadeguato potrebbe costare miliardi ai paesi apparso d ScienceDaily.
Insonnia pandemica
La scienza conferma che la quantità ideale di sonno per notte, per mantenere inalterate le abilità cognitive è di 7-8 ore. Ma se poco sonno rende meno capaci e produttivi, anche il dormire troppo e fuori orario, non fa bene. Oggi l’estrema virulenza e la velocità di propagazione della pandemia Covid 19 porta a nuove restrizioni e a confinamenti. Interrompere le relazioni tradizionali, costringerci a parlarci attraverso la tecnologia sono solo alcuni dei cambiamenti che stiamo subendo da circa un anno. Sono proprio questi nuovi comportamenti che ci espongono più facilmente a sentimenti di incertezza, inquietudine, paura, rabbia e stress. E oltre a un drastico cambiamento nello stile di vita diurno di tutti noi, non dobbiamo trascurare anche i cambiamenti che la pandemia incide nel modificare il nostro stile di vita notturno. Se in parole povere il Covid-19 ci ha tolto il sonno, è confermato che l’ansia è in testa ai disturbi mentali comparsi con la quarantena, seguita dall’insonnia.
Ansia e depressione possono provocare la perdita di sonno oppure, a loro volta, esserne provocate. Questo rapporto bidirezionale si complica in presenza di altri disturbi psichiatrici e cognitivi. Con la finalità di studiare la qualità del sonno e la sua connessione ai livelli di disagio e quindi valutare come è cambiato lo stile di vita nella popolazione italiana durante il lockdown, sono stati condotti a livello nazionale approfondimenti e studi dedicati. A portare il tema del sonno in tempo di Coronavirus al recente Congresso della Società italiana di Neurologia svoltosi a novembre 2020, è stato Giuseppe Plazzi, direttore del Centro per lo Studio e la Cura dei Disturbi del Sonno all’Ospedale Bellaria di Bologna e presidente della Associazione Italiana di Medicina del Sonno (Aims). Ne è emerso che l’isolamento forzato ha modificato i ritmi di vita, del sonno e dell’alimentazione. L’insonnia si manifesta con ritardo nell’addormentarsi, molti risvegli durante la notte, l’esperienza di sogni terrifici, quelli che spesso sono chiamati incubi. E più l’ansia aumenta, più accentuati sono questi fenomeni.
A consolidare queste informazioni ci sono anche i dati relativi alle vendite di alcuni sonniferi che in questo periodo particolare sono cresciute fino al 40%. Un ampio e molto interessante studio italiano coordinato dal professor Christian Franceschini, docente di Teorie e Tecniche di Psicologia Clinica dell’Università di Parma e pubblicato sulla rivista Frontiers of Psychology ha coinvolto oltre 6mila persone tra i 18 e gli 82 anni che vivono in Italia e che sono stati coinvolti tramite avvisi in diverse università italiane (le università di Parma e Messina, l’Università Cattolica di Milano e l’Università degli Studi di Milano La Statale e l’Università degli Studi di Napoli, Federico II). I dati di questo studio sono stati raccolti in un preciso arco temporale che va dall’emissione del decreto legge del governo italiano “Resto a casa” (“1a fase” –blocco totale del 10 marzo) al 4 maggio 2020 (“2a fase” –fine del lockdown). La fotografia che ne esce è chiara. Il «Questo è il primo studio progettato per comprendere la qualità del sonno e le abitudini di sonno durante l’intero periodo di lockdown nella popolazione italiana» ha detto Franceschini. «Abbiamo scoperto che più della metà della popolazione italiana aveva compromesso la qualità e le abitudini del sonno a causa delle misure di contenimento del blocco COVID 19 e che questi cattivi dormitori presentavano un forte di stress psicologico».
Disagio psicologico
Le restrizioni di viaggio, il blocco di scuole e luoghi di lavoro sono le misure chiave per contrastare la pandemia insieme all’uso di dispositivi di protezione. È inconfutabile che queste decisioni contribuiscano a prevenire l’ulteriore diffusione del COVID 19 e che sono imposizioni necessarie per limitare il numero di pazienti ricoverati in ospedale. Tuttavia, questa nuova situazione in cui le persone sono state costrette a gestire il lavoro o lo studio a casa, unite al peso delle preoccupazioni derivanti da rischi quasi inevitabili per la salute e dal distanziamento sociale, ha determinato un forte impatto sul funzionamento quotidiano e sul sonno notturno. Pensieri, uso eccessivo di Internet per cercare informazioni o mantenere relazioni sociali, preoccupazioni per essere infettati, decisioni impulsive e aspettative rigide sono solo alcuni dei fattori che incidono a diminuire la qualità del sonno.
Franceschini sottolinea che il disagio psicologico concausato dalla pandemia, richiede una adeguata attenzione. «Il sonno è sempre stato pensato come un’abitudine e non come un momento importante di approfondimento di ciò che ci capita durante il giorno» ha detto Franceschini. «Il rischio di dormire poco e male con alterazioni significative del ritmo sonno sveglia, o con altri disturbi può essere contrastato anche osservando una corretta igiene del sonno. Mantenere una buona qualità del sonno aiuta anche a rafforzare la nostra risposta immunitaria. Vanno inoltre attenzionate le condizioni di funzionalità respiratoria e le loro implicazioni per il sonno, soprattutto in previsione della stagione influenzale».
Attenersi a regole apparentemente semplici può però non essere facile per le persone che trascorrono in isolamento le giornate in casa. Per quanto concerne le alterazioni dirette e indirette del sonno, queste regole devono essere condivise con esperti riconosciuti in Medicina del Sonno. Per venire incontro alle esigenze di tanti cittadini, Franceschini ci rimanda all’Associazione Italiana di Medicina del Sonno (AIMS)– la società scientifica italiana degli esperti di medicina del sonno. L’associazione ha attivato un Servizio telematico di supporto dove gli esperti di Medicina del Sonno dell’AIMS rispondono via Skype e per email alle richieste di tutti coloro che hanno problemi di sonno legati alle condizioni di auto-isolamento o che, più semplicemente, chiederanno consigli su come gestire il proprio sonno in questo periodo.